
Athena – Vive la révolution! | Venezia 79
Molti sono gli incipit memorabili nella storia del cinema e pare che Romain Gavras, con
l’ouverture di Athena, in concorso a Venezia 79 e in uscita il 23 settembre su Netflix, voglia aggiudicarsi a tutti i costi un posto tra quest’ultimi. Fin dai primi minuti il regista francese pone le basi per una precisa scelta stilistica e formale, spingendo all’eccesso la volontà di immergere lo spettatore all’interno dell’azione attraverso il ricorso quasi esclusivo al piano sequenza. Così, nei primi 15 minuti di film, ci troviamo scaraventati nel mezzo del tumulto, fianco a fianco con alcuni giovani provenienti da un quartiere popolare, e li seguiamo in presa diretta mentre irrompono nel comando della polizia e, subito dopo, ripiegano, carichi di armi e di crescente euforia, verso la base. La macchina da presa pare condividere la stessa frenesia dei rivoltosi e sfreccia impazzita intorno, sopra e sotto i personaggi, in un susseguirsi incalzante di movimenti pirotecnici che mostrano tutta la maestria tecnica di Gavras e lasciano senza fiato.

Ci troviamo ad Athena, un’immaginaria banlieue francese, dove le crescenti tensioni sociali sono esplose dopo che un bambino è stato pestato a morte da presunti agenti della polizia e il video è stato diffuso su Snapchat. La Storia pare ripetersi una seconda volta e, più di duecento anni dopo la Rivoluzione francese, le strade tornano a macchiarsi di sangue, diventando il luogo dello scontro tra l’istituzione da una parte e gli emarginati dall’altra, che rivendicano quegli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità da tempo traditi. La dimensione del conflitto permea tutti i livelli del film, configurandosi non solo come lotta di classe tra la società nel suo complesso e chi vive ai suoi margini, ma anche come scontro generazionale tra i giovani rivoltosi, resi impavidi dalla rabbia generata dall’ingiustizia, e gli adulti, non più in grado di domarli. Come ne I miserabili di Ladj Ly, co-sceneggiatore di Athena, anche qui i dispositivi filmici sono la miccia di una polveriera pronta ad esplodere. Il contrasto sociale viene infatti amplificato dalla presenza pervasiva dei media, la televisione in primis, di cui sentiamo continuamente la voce in fuori campo e a cui è affidato il racconto ufficiale della rivolta, e i social media, utilizzati dai giovani ribelli per immortalare i loro successi. Ma la dimensione principale in cui viene declinato il tema del conflitto è quella più intima e familiare della lotta fratricida che coinvolge la famiglia del bambino brutalmente assassinato, lacerata da contrasti profondi che avranno esiti drammatici. E così, proprio il valore che più viene chiamato in causa nel corso del film, quello della fraternité, viene infine tradito da chi tanto lotta per rivendicarlo.

Romain Gavras non è certo estraneo alla rappresentazione della violenza e alla sua estetizzazione attraverso le immagini. Figlio del celebre regista greco Costa-Gavras, è tra i fondatori del collettivo Kourtrajmé – tra i cui membri ricordiamo Ladj Ly – con il quale ha prodotto i suoi primi lavori, facendosi notare in particolare per i videoclip, spesso ritenuti controversi. All’interno del suo lavoro, possiamo evidenziare una vera e propria “trilogia della violenza”, punto di partenza imprescindibile per un’analisi del lungometraggio in concorso a Venezia 79. Stress (qui sotto il video), realizzato nel 2008 per i Justice, è quello che più si avvicina per forma e contenuto ad Athena, mostrandoci l’escalation di violenza di una gang della banlieue parigina seguita in presa diretta mentre dà libero sfogo ai propri impulsi distruttivi per le vie della città. La violenza torna a essere esibita nel successivo Born Free (2010), video girato per M.I.A., ambientato in un mondo distopico dove le persone dai capelli rossi vengono brutalmente perseguitate, soggetto poi ripreso e ampliato nel secondo lungometraggio del regista Notre jour viendra (2010), con Vincent Cassel. Un altro scoppio di violenza urbana è al centro del più patinato No Church in the Wild (2012) per Kanye West e Jay-Z, che mostra crude scene di guerriglia nelle strade di Praga. Athena si pone dunque come il capitolo conclusivo di questa sperimentazione, portando al suo punto più alto l’esaltazione della violenza e della guerriglia attraverso l’immagine cinematografica e la sua sublimazione in pura estetica, affascinando e allo stesso tempo sconvolgendo.
Durante la conferenza stampa di presentazione a Venezia, Gavras ha negato decisamente una lettura politica del suo film, sottolineando come non spetti agli artisti la risoluzione dei problemi sociali, ma ha rivendicato l’ambizione di fare film che non veicolino messaggi, ma risveglino emozioni, provocando una reazione nello spettatore. Se qualcuno potrebbe allora obiettare che il fatto stesso di aver messo in scena il conflitto sociale delle periferie francesi abbia già di per sé qualcosa di politico, è evidente che l’opera di Gavras si discosti dalla denuncia sociale ma assurga a una dimensione universale, rappresentando una conflittualità senza tempo. Come le grandi battaglie dell’epica antica, il motore propulsivo della guerra civile è da ricercare nella dimensione privata e familiare, in cui nascono i sentimenti di odio e vendetta che da qui si irradiano nel resto della comunità. Il titolo dell’opera suggerisce dunque un parallelismo con il mondo antico, usato dal regista come modello di riferimento per ricreare una dimensione epica del conflitto, a cui rimandano sia la colonna sonora curata da Gener8ion sia le posizioni plastiche assunte dai personaggi al termine delle sequenze di azione. Emblematica da questo punto di vista è l’inquadratura che chiude il lungo piano sequenza iniziale, al termine del quale Gavras ci mostra i ribelli schierati sui tetti delle case popolari, pronti a combattere e sormontati dalla scritta “Athena, une tragédie de Romain Gavras”.

Anche la tragedia greca diventa modello di riferimento essenziale per il regista, non solo dal punto di vista tematico, ma anche e soprattutto come metodo di narrazione, nella ricerca dell’unità spazio-temporale: Athena si svolge infatti dall’alba al tramonto tra le vie labirintiche di un quartiere popolare francese e l’immersività del film è garantita dall’illusione della presa diretta.
Athena è sicuramente uno dei film più sorprendenti di questa 79° Mostra del Cinema, una gioia per i sensi, un’immersione completa all’interno dell’azione che punta dritto al cuore (e agli occhi) dello spettatore. Impossibile rimanere indifferenti.
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Siamo sicuri che non stacchi davvero mai nei primi quindici minuti il piano sequenza di Athena? O non si è sfrutatto qualche pausa di immagine, qualcuno che passi davanti la camera, per poter interrompere la scena e rimontarla poi con effetto piano sequenza, come già avvvenuto in Bordman o 1917, ad esempio.
[…] di mettere a fuoco le criticità del contemporaneoDa Crimes of the Future di David Cronenberg ad Athena di Romain Gavras, dall’utopia black in Atlanta di Donald Glover al caso The Rings of Power, […]