
“Moon Knight” Episodio 4 – Contesto e prospettiva
Moon Knight è una serie dove un tizio indica la luna e lo stolto la guarda mentre il saggio si sofferma sul dito. Lo si capisce in questo quarto episodio nel quale si conferma il riconoscibilissimo metodo di scrittura orizzontale Marvel Studios: il protagonista è la pietra, l’ambientazione lo stagno e le vicende i cerchi concentrici causati dalla caduta della pietra in acqua. I primi tre episodi sono il primo cerchio, quello più esterno, che man mano si espande perde la propria forza. Proprio quando ogni spinta propulsiva sembrava perduta, ecco che viene scagliata in acqua una seconda pietra, proveniente però stavolta da sott’acqua, come se d’un tratto la gravità fosse invertita, la nostra realtà messa sottosopra e il manto d’acqua l’unico confine distinguibile. Non è facile da spiegare a parole ma è una questione di contesto e prospettiva, come afferma Arthur Harrow.

Ovviamente non è affatto difficile intuire cosa sia reale e cosa no. La serie neanche in questo episodio ottimamente realizzato ci fa mai mancare veramente il terreno sotto i piedi, ma riesce comunque a farci provare empatia per il protagonista, al quale viene rovesciato davvero il terreno sotto i piedi. Ma andiamo con ordine: dopo aver mosso cielo (letteralmente) e terra, Khonshu è totalmente assente in questo episodio, lasciando un vuoto tangibile nei primi minuti fatti di silenzi imbarazzanti, baci rubati e siparietti comici che con ogni probabilità saranno presto memati da Will Smith e Chris Rock. L’esplorazione delle vicende è delegata a vicende di esplorazione e la prima metà dell’episodio è un omaggio (anche questo largamente anticipato) alla filmografia di Indiana Jones con veri e propri tributi anche musicali.
Si ripetono poi i topoi ricorrenti degli episodi precedenti, vale a dire la sovra-presenza di specchi in ogni angolo possibile (ben gestita ma a tratti ridicola) e l’onniscienza di Harrow su praticamente ogni cosa. Niente di troppo fastidioso, ma appunto ricorrente e al quale ci siamo abituati. Arriva (o torna) anche l’horror, qui quasi splatter o comunque molto macabro. È sempre un po’ un “vedo non vedo”, ma la regia riesce a farci almeno un poco distogliere lo sguardo. Poi arriva la pietra, scagliata in maniera credibile dalla profondità dello stagno e il quadro si ribalta. Lo spettatore ha sempre il posto privilegiato, pertanto si è sempre al di fuori della testa dei protagonisti, ma comunque abbastanza vicino da provare un legittimo senso di vertigine.

Il quarto episodio di Moon Knight riporta prepotentemente la malattia mentale al centro del discorso, offrendo una visione semplificata ma chiara del caos che alberga nel corpo condiviso da Marc e Steven. Si fa largo uso di figure ora storiche, ora mitiche (ma tutte metaforiche) per illustrare la complessità della malattia mentale, l’emersione di nuove personalità e il ruolo delle divinità egizie in quella che appare sempre di più come un regolamento di conti tra i vari membri dell’Enneade. Nel complesso poi questi primi quattro episodi sono a tutti gli effetti un vero e proprio “Grand Tour” della storia editoriale del personaggio.
È come se Kevin Feige – il tizio sopracitato che indica la luna – avesse voluto in ogni episodio mostrare un aspetto della storia del personaggio in ordine cronologico. Dagli esordi degli anni ‘70 in cui Moon Knight combatteva canidi antropomorfi e controparti ladresche come Midnight Man, passando per tombe segrete che tanto ricordano le Notti di Luna Piena di Moench e Sienkiewicz degli anni ‘80, fino a quest’ultimo episodio che pesca a piene mani dal Lunatico di Lemire e Smallwood del 2016. Il tutto condito da riferimenti dichiarati ai già citati Ellis e Shalvey, ma anche a versioni alternative “mummiesche” come ad esempio quella di Terra-X (non a caso è il fumetto gratis di questa settimana su Marvel Unlimited) che ha ispirato il costume della serie.

Probabilmente il problema più grosso di Moon Knight e al tempo stesso la sua fortuna è l’essere una serie Disney Plus a rilascio settimanale. Ad analizzare il singolo episodio ogni settimana si ha l’impressione di trovarsi di fronte a un prodotto disomogeneo e quasi improvvisato di volta in volta. Al di là di come finisca e dell’effettiva qualità del prodotto completo, Moon Knight è una serie pensata nei minimi dettagli per far familiarizzare in una finestra relativamente esigua di tempo il pubblico (quello sì disomogeneo e improvvisato) con un personaggio totalmente nuovo e inaspettato. Per questo motivo la serie sembra altalenare tra trovate geniali e trash, tra atmosfere cupe e soffocanti a rifiatate di leggerezza con un insopportabile (almeno al momento) Mr.Knight. Moon Knight, manco a dirlo, è una serie schizofrenica, ma non lo si nota subito, né ci si fa caso sempre. Ancora una volta è una questione di contesto e prospettiva.

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[…] episodio 5 di Moon Knight è utile riformulare la metafora emersa nella (acuta quanto raffinata) recensione del’episodio precedente: il protagonista è la pietra che, cadendo nell’acqua, scopre che […]