
Lo specchio straniante del nostro presente – Il Doppio sogno di Carmelo Rifici e Arthur Schnitzler
«Un’esplorazione perturbante e seducente alle radici dell’identità individuale e collettiva, che chiede a tutti noi il coraggioso atto di spogliarci delle nostre finzioni»: così Claudio Longhi, direttore del Piccolo Teatro di Milano, presentava lo scorso novembre Doppio sogno, il nuovo spettacolo di Carmelo Rifici nato come saggio finale dell’ultimo percorso formativo della Scuola di Teatro “Luca Ronconi”, in scena al Teatro Studio Melato fino al 23 dicembre.
Riccardo Favaro, recente vincitore del Premio Scenario con Una vera tragedia, riscrive per i giovani attori e attrici guidati da Rifici le pagine dell’omonimo romanzo di Arthur Schnitzler: le stesse pagine – ricche di suggestioni oscure e contemporanee – che ispirarono il genio di Stanley Kubrick per la trasposizione cinematografica Eyes Wide Shut (1999), il suo ultimo, travagliato film con protagonisti Nicole Kidman e Tom Cruise.

Doppio sogno, scritto nei primi anni Venti del Novecento e pubblicato nel 1925, è un romanzo a cavallo tra due epoche, sospeso tra decadentismo tardo-ottocentesco e rivoluzione dei costumi del nuovo secolo: intriso di psicanalisi e dramma borghese, è ambientato in una Vienna non più capitale asburgica, ma ancora centro mitteleuropeo agitato da un fervente magma culturale.
Un mondo in trasformazione che Schnitzler – scrittore, medico e drammaturgo austriaco – incarna nel rapporto disfunzionale della coppia borghese che ne è protagonista, il Dottor Fridolin e sua moglie Albertine, di cui indaga le dinamiche del desiderio e dei sentimenti in un lungo percorso di disvelamento del rapporto matrimoniale nelle sue pieghe più recondite, che sconfina nell’incubo e nel fantastico.

Dalla confessione di un fugace desiderio di Albertine per un altro uomo inizia per la coppia un viaggio alla scoperta delle proprie pulsioni fra catarsi erotiche e notti insonni, agitate dalla vertigine dell’illusione e dal baratro dell’auto-distruzione. La realtà sfuma e si fa onirica, in un moto insieme centrifugo – per Fridolin, che abbandona casa e vive una serie di incontri e tentazioni e avventure che mai prima concesse – e centripeto per Albertine, la quale, costretta tra le mura di casa, piomba in un sonno agitato da incubi e fantasmi.

Si consumano dunque due sogni distinti: quello reale, fisico, invaso dall’eros dell’essere maschile, e quello angoscioso, immaginifico e riflessivo della componente femminile della coppia. Sarà Albertine, scavando nei lati più nascosti e oscuri della propria coscienza attraverso i sogni, a riuscire a gestire compiutamente le sue pulsioni.
Perchè «nessun sogno è mai soltanto un sogno»: con questa battuta si chiude il Doppio sogno messo in scena da Carmelo Rifici, caleidoscopico gioco di riflessi intersecati: non più solo la realtà e il suo doppio, ma la sua scomposizione e moltiplicazione, realizzata in scena in una sorta di gioco di riflessi che riverbera all’infinito voci e sguardi.

La scena, al centro del Teatro Studio Melato, si scompone e raddoppia, come in una casa degli specchi: tre grandi specchi racchiudono un palco disseminato di pochi arredi anneriti da un fuoco che potrebbe rigenerare quanto distruggere, dove si muovono i diciotto attori del cast, impegnati in un lavoro estenuante e raffinato di frammentazione dei personaggi: ogni attrice è Albertine, ogni attore è Fridolin, e così ogni altro personaggio della storia a sua volta si perde, si confonde e si innesta nei due protagonisti.

Lo spettatore viene così catapultato in un vero e proprio sogno, in cui ognuno può riconoscersi. Ne scaturisce una riflessione sul confine tra amore e violenza, tra eros e sentimento nel rapporto di coppia, e soprattutto sulla costruzione del concetto di identità attraverso il continuo “specchiarsi” nell’altro: relazioni, queste, che sono sempre coniugate al presente, trascendendo epoche e trasformazioni sociali. Proprio per questo «Doppio sogno possiede un valore catartico, che può essere utile a dei giovani per individuare modelli letterari che li aiutino a decifrare le proprie inquietudini personali», come sostiene lo stesso regista.
Doppio sogno di Rifici, grazie a una potente drammaturgia metateatrale e a una regia estremamente complessa, è uno specchio straniante, capace di mette a nudo le sovrastrutture dell’essere umano attraverso la storia dei suoi protagonisti, spogliandole di ogni finzione: alla fine è il Teatro stesso a togliersi la maschera, lasciandola abbandonata sul palco ormai vuoto, mentre le luci si accendono e il pubblico torna a riprendere la sua parte nella grande messinscena della vita.

Doppio sogno
di Riccardo Favaro
da Arthur Schnitzler
regia Carmelo Rifici
scene Paolo Di Benedetto
costumi Margherita Baldoni
luci Gianni Staropoli
movimenti coreografici Alessio Maria Romano
musiche Federica Furlani
con Catherine Bertoni, Gabriele Brunelli, Leonardo Castellani, Giovanni Drago, Claudia Grassi, Giulia Heathfield Di Renzi, Jonathan Lazzini, Lucia Limonta, Sebastian Luque Herrera, Anna Manella, Alberto Marcello, Marco Mavaracchio, Francesca Osso, Antonio Perretta, Roberta Ricciardi, Paolo Rovere, Aurora Spreafico, Emilia Tiburzi e con Anna Godina e Alberto Pirazzini
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
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