
INSIDE – One-man show da capogiro su Netflix
Il 30 maggio 2021 è uscito su Netflix INSIDE, lo speciale comico scritto, diretto e performato da Robert “Bo” Burnham, assurto a fama nel 2006 grazie a brevi sketch musicali su internet. È stato girato nella sua interezza all’interno di una sola stanza nel corso dei mesi fra marzo 2020 e maggio 2021.
Lo scarsissimo clamore di critica in Italia lo ha reso uno di quei fenomeni che restano localizzati negli Stati Uniti, pur avendo riscosso un discreto successo all’uscita. Come del resto Eighth Grade (2018), la pellicola diretta dallo stesso Burnham che non ha ricevuto una distribuzione italiana nonostante l’ottenimento di premi e nomination (come la nomina al Golden Globe per la protagonista Elsie Fisher).
Forse gli unici strali di questa piccola fama giunti fino a noi sono state alcune canzoni dello show, in trending su TikTok e Youtube per pochi giorni, e qualche conversazione su Twitter. Spesso dalla nostra prospettiva un po’ periferica non è facile cogliere questo genere di fenomeni di media portata ma, e questo ne è un valido esempio, vale la pena di prestare loro un’attenzione particolare. D’altro canto c’è da dire che il mondo di Burnham è meticolosamente americano, e il suo modo di essere incisivo si gioca su sottigliezze che risulta difficile cogliere a un’audience straniera (Sandra Bullock in The Blind Side come esempio di virtù sociale, per dirne una, non l’avevo mai sentita).

Burnham è un comico da one-man show, e questo speciale è certo anche una prova di bravura, come le timide recensioni italiane hanno riconosciuto, ma sarebbe penoso ridurlo a questo.
Negli 87 minuti il comico attraversa in una panoramica da capogiro tutte le questioni che sono maturate come tematiche globali negli ultimi anni, perlomeno in occidente: l’imminente apocalisse climatica, i rivolgimenti sociali, il ruolo globale sempre più pesante delle multinazionali, la polarizzazione politica e altro ancora.
Il virus, la clausura, fungono da lenti per osservare tutto il mondo nel suo stato di apparente declino e non costituiscono il focus di INSIDE, nonostante l’evento scatenante dell’intera opera sia il primo lockdown. E l’ambientazione durante la prima fase della pandemia è resa ben esplicita dalla sequenza introduttiva che tocca chiaramente luoghi comuni a cui ci siamo abituati: i vestiti sporchi, la barba e i capelli incolti, l’atteggiamento disperso e un po’ depresso. Più che spiegare come la pandemia è diversa dalla vita normale, Bo spiega come la vita normale è sempre stata, in un certo senso, quell’impotenza, quell’incapacità di uscire che è stata per noi la pandemia.
La melodia di Stuck in a room è forse il Leitmotiv più ricorrente nello speciale, e compare esplicitamente in due segmenti, uno dei quali è il medley finale (Goodbye), l’acme emotivo dell’opera. E il testo non parla di coronavirus, bensì dell’esperienza infantile di trovarsi bloccati nella propria stanza, in qualche modo incapaci di uscire per ragioni immaginarie e inspiegabilmente desiderate. Riecheggia enigmatica e distorta alla fine dello spettacolo «[you] went out to look for a reason to hide again»; il paradosso in qualche modo comprensibile di andare fuori a cercarsi un motivo per tornare dentro.
È l’equilibrio riuscitissimo fra mondo interiore ed esteriore, moltiplicato dalla contingenza della pandemia, che rende vitale l’intera opera.

Ma la tematica più potente è quella del rapporto con internet, che si guadagna la canzone più orecchiabile dello spettacolo (Welcome to the Internet, appunto).
Tutto il sublime terrificante di ciò che è diventato internet oggi emerge da più di un monologo, da più di una canzone. Già dal suo ultimo spettacolo (Make Happy, 2016), in un momento di onestà fra una risata e l’altra aveva parlato della mostruosità dei social media, che ci trasformano in performer e audience fusi insieme, creature che non desiderano altro che riguardare la propria vita da spettatori soddisfatti. E nei cinque anni l’angoscia di questa rivelazione sembra essersi acuita, come dimostra brillantemente anche il ruolo che lo schermo del cellulare gioca in Eighth Grade.
Una problematicità senza mezze misure, senza indoramenti, che non teme di abbandonare la risata a tratti, che non si sottrae all’amarezza della sua stessa morale, che quindi ci consegna un pensiero più autentico, più vivace.
In uno spettacolo a tratti comico e sempre patetico, Burnham getta tutte le sue riflessioni tormentate sullo spettatore per poi fuggire di nuovo inside.
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[…] Scritto, diretto e performato da Bo Burnham, Inside si inserisce perfettamente nel milieu dei nostri tempi, e non solo perché l’isolamento a causa della pandemia diventa catalizzatore dello spettacolo stesso. Lo speciale comico, con cui Burnham ritorna dopo cinque anni di assenza, esplora l’impatto emotivo della performatività costante nel mondo iper-connesso, offuscando i confini tra arte e realtà. Inside riesce ad essere sia intimamente personale, dove l’essere bloccati in una stanza è più uno stato d’animo che una condizione fisica, sia una lucida analisi dei temi caldi della contemporaneità, tra il sarcasmo e l’amara consapevolezza. Maria Francesca Mortati / Leggi la recensione […]