
La tragica storia del dottor Faust – Ortoleva ci avvicina a Marlowe
Dal 3 al 14 novembre 2021, a Genova, sul palco della Claque, è andato in scena La tragica storia del dottor Faust, riadattamento realizzato dal giovane autore e regista Giovanni Ortoleva del capolavoro di Cristopher Marlowe. La scelta compiuta da Fondazione Luzzati Teatro della Tosse di ospitare questa coraggiosa rilettura in chiave contemporanea del Faust non è stata affatto casuale.
Al di là della collaborazione artistica che lega Ortoleva e la Tosse già da diversi anni, questo progetto ha offerto l’occasione di celebrare, nel centenario della nascita, una delle figure più importanti e affascinanti del teatro italiano del Novecento, nonché cofondatore dello stesso Teatro della Tosse: Aldo Trionfo. Infatti, il grande regista e attore genovese aveva curato, in collaborazione con Lorenzo Salveti, una graffiante riscrittura drammaturgica e la regia del classico, dal titolo Faust-Marlowe-Burlesque, che vedeva come protagonisti due nomi di spicco quali Carmelo Bene e Franco Branciaroli.

Ortoleva si è dunque trovato di fronte alla duplice impresa di dare vita a un testo immortale, habitat di un personaggio caposaldo della cultura occidentale moderna, che vanta quasi seicento anni di storia, dovendosi inoltre confrontare con una rappresentazione che ha segnato la storia recente del teatro italiano. La sfida si presentava quantomeno ardua. Tuttavia l’artista fiorentino ha superato egregiamente questa prova tanto complicata, mettendo in mostra la capacità propria del “dramaturg”, rara da trovare in Italia, di riadattare la drammaturgia classica al mondo che ci circonda, con l’obiettivo di donare allo spettatore più punti di contatto possibili fra la grandezza della storia e il proprio mondo personale. In sintesi: rendere fruibile il classico al pubblico contemporaneo.

La trama de La tragica storia del dottor Faust, se considerata nella sua macrostruttura, rimane pressoché invariata rispetto all’opera di Marlowe. Il Dottor Johann Faust, giunto alle soglie dell’anzianità, ormai dotto e deluso dalle quattro principali discipline intellettuali (filosofia, medicina, giurisprudenza e teologia), decide di spostare altrove il proprio interesse e di dedicarsi allo studio dell’alchimia e della magia nera, fino ad arrivare all’eccesso di votarsi al diavolo. Una volta riuscito a evocare Mefistofele, vicario di Lucifero, Faust cederà la propria anima in cambio di 24 anni di libertà e potere assoluto nel mondo materiale. Vissuto, poi, il suddetto periodo di tempo nella ricchezza e nel vizio, Faust verrà chiamato a rispettare il patto e, nonostante diversi tentativi disperati di pentimento finale, non riuscirà mai a distaccarsi completamente dalla scelta fatta e a redimersi. L’accordo si esaurisce, dunque, con la morte del corpo del Dottor Faust e la caduta negli Inferi della sua anima.
Eppure alcuni sostanziali cambiamenti testuali — apportati soprattutto nella parte centrale della narrazione, dove Faust e Mefistofele prima osservano e poi si rendono “attori” in prima persona di tutte le peggiori oscenità del nostro mondo — accompagnati da accattivanti scelte registiche, rendono lo spettacolo d’impatto e incredibilmente vicino a chi sta seduto in platea.

Per fare alcuni esempi di come l’incommensurabile dilemma morale dell’eroe di Marlowe venga accompagnato accanto allo spettatore, si può menzionare il fatto che il Faust dell’edizione di Ortoleva non è esperto solo delle quattro principali dottrine intellettuali sopracitate, ma ha anche tentato di risvegliare la propria curiosità attraverso lo studio di tutte quelle scienze “adolescenti” e pseudoscienze che si sono moltiplicate nell’ultimo secolo. Dopo aver preso atto delle enormi contraddizioni generate dalla diseguaglianza socioeconomica che spacca il nostro mondo, questo Faust apre conti offshore in paradisi fiscali, si candida ripetutamente a elezione politiche, parteggiando di volta in volta per fazioni rappresentanti ideologie diametralmente opposte e senza presentare alcun tipo di programma, si dedica allo sfruttamento della forza lavoro e della prostituzione minorile, e arriva addirittura a fingersi Papa per diverse settimane. Tutto ciò lo porta a ottenere successi e ricchezze solo in apparenza altalenanti, ma in realtà solidi e costanti nel tempo, anche quando nascosti all’opinione pubblica.
Insomma, la vanità e l’avidità che animano questo Faust e le atrocità che egli commette per sentirsi appagato, potente e invincibile sono molto distanti da quelle descritte da Marlowe. Ma non si tratta di una semplice trovata del “dramaturg”, volta esclusivamente ad attirarsi le simpatie del pubblico di oggi, bensì di un’ampia operazione di rivalidazione del testo. Se, come sostiene Peter Brook, un testo ha una validità di circa tre anni, l’intento di Ortoleva è quello di modificare struttura e forma per renderla più comprensibile e affine allo spettatore contemporaneo.

Ma per dare validità e vita a uno spettacolo come La tragica storia del dottor Faust, la riscrittura testuale rappresenta solamente la prima fase, il primo livello. Ci sono poi molti altri elementi che entrano in campo, su tutti la regia e la recitazione. A proposito della prima si è già brevemente detto del forte impatto dovuto a intuizioni attraenti e oculate, fra le quali colpisce particolarmente la scelta di raffigurare Faust come un burattino fino all’atto liberatorio della firma dell’accordo con Mefistofele. Questa decisione è probabilmente legata al fatto che il dramma di Marlowe fu tramandato per molti secoli nelle regioni mitteleuropee proprio sotto forma di spettacolo di marionette, tanto che lo stesso Goethe venne a contatto con l’opera attraverso questa modalità.
Riguardo la recitazione, vanno sottolineate le grandi prestazioni di cui si sono resi protagonisti i due interpreti, Francesca Mazza ed Edoardo Sorgente, nonostante le gigantesche difficoltà presentate dai loro ruoli. L’esperta attrice cremonese, vincitrice di due premi Ubu, oltre a doversi misurare con un personaggio di dimensioni macroscopiche, ha anche affrontato gli scogli dell’immedesimazione nell’altro sesso e del costante cambio di registri, superandoli entrambi con estrema credibilità. Il suo monologo finale è vissuto e riportato al pubblico con una sensibilità semplicemente struggente. Il talentuoso interprete campano si è letteralmente moltiplicato, dando vita a sei personaggi diversi (di cui due coesistono in scena nello stesso momento), e attraversando il ruolo principale di Mefistofele, in questo caso raffigurato come un uomo d’affari navigato e divertente, a tratti addirittura empatico con Faust, con una naturalezza disarmante.

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