
“Ecologia della rete” di Mauro Barberis – Tracce e sentieri per l’umanità digitale
Si sta affacciando all’orizzonte del dibattito sulla rete una certezza: il “nuovo” Secolo, il XXI, è ufficialmente iniziato nel 2016, precisamente il 9 novembre, con l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca in una delle più discusse e analizzate campagne elettorali della Storia degli Stati Uniti. Già David Bolter, nel suo recente Plenitudine Digitale (Minimum Fax, 2020) si propone di tracciare il campo che ha permesso a Donald Trump di sorpassare previsioni elettorali che erano, evidentemente, ancorate a un paradigma “del Secolo scorso” e di comprendere cosa voglia dire accettare il contesto digitale come nuovo ambiente vitale dell’essere umano. Lo stesso proposito, con un’articolazione dal respiro più aperto e convintamente orientato, lo porta avanti Mauro Barberis, giurista e filosofo del diritto, che con il suo Ecologia della rete, edito da Mimesis nella nuovissima collana «Filosofia del digitale», si propone di tracciare delle mappe efficaci per districarsi negli orizzonti aperti dalla pervasiva digitalizzazione in corso, per diventare consapevolmente esseri umani “nuovi”, biologicamente integrati con l’ecosistema artificiale che li sta plasmando.

Il libro di Barberis, strutturato attraverso cinque capitoli dal respiro monografico e comunque agilmente interconnessi, porta il sottotitolo Come usare internet e vivere felici. La risonanza con il sottotitolo del Dottor Stranamore di Kubrick – già presente più letterale nell’edizione italiana di Plenitudine Digitale di Bolter, fortemente in armonia con questo testo – fa immediatamente pensare a internet come al nuovo simulacro della “bomba” che ha contraddistinto l’immanenza del discorso epistemico del ‘900 dopo il secondo Conflitto Mondiale: una bomba di cui non ha senso preoccuparsi perché è fuori dal controllo di chi ne è sovrastato, che traccia i margini della convivenza globale e che si può solo amabilmente cavalcare, per farsi integrare dal paradigma virtuale che non è possibile né evitare né fingere di poter ignorare. Questo però impone una consapevolezza ineluttabile, che Barberis disegna passando per una disamina dell’aspetto più strettamente novecentesco che si scontra con l’epoca del digitale (e che non a caso è figlio della bomba): la politica degli Stati costituzionali.

È infatti la politica “quotidiana” il tema centrale di Ecologia della rete, una politica che mette in campo problemi di etica del digitale diversi e intrecciati ai tradizionali problemi di net neutrality e di “dittatura degli algoritmi” che troppo spesso diventano bandiere facili da sventolare per demonizzare una rete che semplicemente non si conosce. L’ecologia della rete proposta da Barberis nella crescente corrente filosofica intercettata dalla collana Mimesis è una comprensione della natura strettamente umana di ciò che Internet è, quindi necessariamente incidente il Potere come esercizio quotidiano delle istituzioni nello strutturare la discorsività sociale. Nei tre capitoli centrali del libro Barberis, in un crescendo di argomentazioni attente e misurate, mette sul tavolo i pericoli già in atto – dopotutto dall'”anno zero” del Secolo digitale sono già passati cinque anni – per le democrazie costituzionali, ipotizzandone tre alternative come conseguenze estreme dell’incontrollata deriva dettata dai rischi intrinseci alla pervasività della rete.

Quanto è sostenibile una politica che non si appoggi sull’intermediazione? Che conseguenze può avere lo scoppio della bolla mediatica populista? Si può davvero pensare di superare in ottica digitale lo Stato Costituzionale, magari per uno Stato totalmente liberista? Domande che tracciano scenari e mettono in luce fenomeni fortemente attuali, più da comprendere che da governare, per essere consapevoli cittadini di un mondo i cui confini tra “off-line” e “on-line” si fanno sempre più indistinguibili. Questa consapevolezza passa anche per la caratteristica più preziosa del libro di Barberis, terzo step di un percorso iniziato con Non c’è sicurezza senza libertà (Il Mulino, 2017) e Come internet sta uccidendo la democrazia (Chiarelettere, 2020): un ricchissimo apparato critico e bibliografico, aggiornato e stratificato, con riferimenti puntuali e messi in dialogo tra loro che restituiscono al lettore la misura di un dibattito ben più grande (e antico) di quanto ci si potrebbe aspettare.

Ecologia della rete è uno strumento indispensabile per chi si occupa di media: di fronte a un’evoluzione imprevedibile del panorama audiovisivo, sempre più diviso tra la pervasività delle intelligenze artificiali e la lotta alla logica della “piattaforma“, sapere quali sono i risvolti etici dell’infrastruttura sottesa alle pratiche che ogni giorno osserviamo, analizziamo e critichiamo rende lo sguardo del critico e dell’analista (oltre che del “semplice” fuitore) uno sguardo orientato, dotato di consapevolezza e di legittima cittadinanza nel XXI Secolo, quello della Plenitudine digitale, della post-medialità, della rete e di tutti i dubbi – non ultimo quella della sostenibilità – che porta con sé. Il libro di Barberis diventa quindi la proposta di un manifesto ecologico a 360°, che ha l’enorme pregio di riconoscere l’esistenza di una generazione, quella nata tra l’inizio del 2000 e l’arrivo del fatidico 2016, che fatica a sentirsi parte del discorso sociale perché esodata dalla fine di un Secolo – il XX, per chi scrive finito non con la caduta del Muro e dell’URSS, bensì col crollo delle Torri Gemelle e l’apoteosi del mito della “bomba” – e l’inizio del successivo; questa generazione è suo malgrado erede e artefice del mondo in divenire, è già immagine di un essere umano “nuovo”, interconnesso per natura e per abitudine (quasi sinonimi, arrivati in fondo al libro), che merita lo spazio (anche cyber, chiaramente) nel mondo che verrà.
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