
Alessandro Sciarroni, come a dire: Don’t be frightened of turning the page
Svoltasi lo scorso 14 settembre a Pavia, Don’t be frightened of turning the page presenta tutti gli ingredienti indispensabili per una performance in pieno stile Sciarroni; a cominciare dall’ambientazione in uno spazio non convenzionale. La variazione sul tema Chroma nasce proprio da un ripensamento della stessa esperienza per luoghi non tradizionali di fruizione performativa. L’artista scende in piazza: al centro dell’esagono disegnato sul pavimento di Cupola Arnaboldi, il corpo in movimento è solo il suo.
Alessandro Sciarroni entra in silenzio, attraversa lo spazio in diagonale, prima in un verso poi nell’altro. Senza far rumore coi suoi calzini felpati e incedendo lentamente, inizia a contare tra sé passo dopo passo. La voce si affievolisce e il numero dei passi decresce, fino a trovarsi a ruotare sul proprio asse. Le note delicate delle musiche di Paolo Persia rievocano l’incanto di un carillon e catturano l’attenzione dei passanti.

Caratteristici del suo lavoro nel campo delle arti visive e della ricerca teatrale sono il rigore e la coerenza: così anche per l’occasione il performer si cimenta nella ripetizione di una pratica ai limiti della resistenza fisica. La rotazione dura poco meno di mezz’ora, ma in questo breve e intenso lasso di tempo il pluripremiato attore-danzatore non smette di mutare posa ed espressione.
Fa una smorfia, corruga la fronte, si nasconde il viso. Ogni gesto scivola nell’altro al punto da far sembrare il tutto un unico movimento ininterrotto. Impossibile richiamare alla mente la sequenza di immagini che il suo corpo evoca. Impensabile ricostruire una consequenzialità all’interno della catena emotiva degli stadi che attraversa. Sciarroni gioca con i gesti e con i loro convenzionali portati semantici in un’atmosfera in cui di convenzionale non è rimasto più nulla.

Anche il tempo è sospeso in questo pomeriggio di fine estate. L’artista trascina con sé il pubblico nel viaggio psichico spiraliforme che ha intrapreso. Da sempre attento allo scambio di emozioni tra le due parti in campo, rende la comunicazione tra performer e spettatore intensa e rigorosamente non verbale. Uno scambio in cui si perdono e si fanno sempre meno definiti i contorni tra chi agisce – lui che con una mano si accarezza il viso quasi non si riconoscesse – e chi lo guarda volteggiare spaesato – avvertendo in prima persona il cambiamento.
D’un tratto sorride complice, come a dire: “Don’t be frightened of turning the page”.
Questo l’invito dell’artista Leone d’Oro alla carriera in occasione del secondo momento a lui riservato all’interno di HAVE NO FEAR. Un invito quanto mai pertinente nell’ambito della rassegna che il Teatro Fraschini dedica ai nuovi percorsi contemporanei, una spinta a non lasciarsi intimorire dall’idea di cambiare.

«Ipnotico in una drammaturgia da derviscio», Sciarroni offre uno spettacolo fruibile a tutto tondo dai lati del quadrilatero di sedie disposte attorno lui. Un linguaggio sublime che evoca e provoca, ma non esaurisce; stimola e interroga, ma non asserisce. Interpretazioni, ricerca di significati nascosti e tentativi di prevedere la prossima mossa: impossibile non lasciarsi coinvolgere e travolgere. Impossibile non voltare la pagina.
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