
Last night in Soho – Un incubo a forma di realtà
Eloise ha viaggiato dalla profonda Cornovaglia verso la scintillante Londra dei giorni nostri. È una giovane neo-diplomata, appassionata di moda e dotata di una sensibilità capace di intercettare e oltrepassare i confini tra la vita e la morte. In quella stessa città, quarant’anni prima, sua madre aveva cercato fortuna e ne era rimasta traumatizzata al punto tale da scegliere di togliersi la vita. Segnata da questo evento ma cresciuta, insieme alla nonna, col mito della Swinging London, la ragazza si butta nella sua nuova avventura universitaria nella speranza di trovare la sua vocazione. Dopo una spiacevole notte passata in studentato, Eloise prende una stanzetta in affitto: troverà riparo presso la casa di un’anziana signora nel quartiere di Soho, un luogo pregno di storie, violenza e leggende che pian piano inizieranno a riemergere, tormentando Eloise e mandando in frantumi i suoi sogni di gloria.

Di sogni e di desideri di gloria ci parla in effetti il nuovo film di Edgar Wright, che nel suo Last Night in Soho mette tutto ciò di cui c’è bisogno per raccontare un’ottima storia e fare un bellissimo film, senza mai dimenticarsi di intrattenere lo spettatore con la giusta dose di ritmo e colpi di scena ben congegnati.
In Last Night in Soho c’è thriller, horror, musical, ma dentro tutti questi generi c’è anche il coraggio del regista di trascenderli e di inserirli all’interno di una più profonda e intelligente vicenda di formazione: quella di una ragazza che mitizza, come molti, la città nella quale sta per andare a vivere e che inevitabilmente si scontrerà con una realtà dei fatti molto più complicata del previsto. L’ingenua ragazza di campagna arriva dunque in città e pian piano si immerge nel suo sottosuolo, fatto di vicoli oscuri, gente con affari ambigui e ancor più ambigui interessi, luoghi che hanno da raccontare storie – giustamente – sepolte nel passato e delle quali lei, che vive di ideali e vuole mimetizzarsi con la nuova fauna, inizia ad appropriarsi.

Ma a scendere troppo in giù nella tana del coniglio, si sa, si rischia la pelle, così quando realtà e sogno iniziano a mescolarsi, i mostri della mente prendono corpo nella realtà e infestano il presente. Ne deriva un’odissea psichica che travolge la protagonista, rappresentata in un gioco di specchi capace di trasportare lo spettatore e farlo ragionare sui pericoli in cui s’incappa quando si nutre un’ambizione sfrenata. Nel suo viaggio di discesa agli inferi e ritorno, Eloise fa riecheggiare un passato di violenza in maniera fin troppo vivida, portando con sé anche una certa condanna a quel maschile malvagio e senza scrupoli dal quale molte donne hanno tentato di allontanarsi senza successo. Lo strano e ambiguo mondo di Last Night in Soho rivive secondo il ritmo e l’estetica dei musical, con i successi pop dell’epoca a fare la parte del leone e una fotografia dai colori sfavillanti. Un comparto tecnico di altissimo livello, che unito a volti perfettamente in parte (quelli delle bravissime Thomasin McKenzie e Anya Taylor-Joy) e a una scrittura precisa, leggera e intelligente dà slancio a un’opera compiuta e soddisfacente, con un’ultima mezz’ora colma di plot twist spiazzanti e una risoluzione di trama che non potrà che lasciare appagati anche gli spettatori più esigenti.
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