
Stardust – The (Mad) Man Who Sold the World | Biografilm 2021
La nostra recensione di “Stardust” (2020) di Gabriel Range, uno dei film selezionati per la 17ª edizione di Biografilm Festival, di cui Birdmen Magazine è media partner.
“Cause I’d rather stay here/ With all the madmen
Than perish with the sadmen roaming free
And I’d rather play here/ With all the madmen
For I’m quite content/ They’re all as sane as me
Zane, Zane, Zane Ouvre le Chien“
David Bowie – All The Madmen
“Se non sai chi sei, inventati un altro” (da “Stardust”)

Confesso che all’annuncio del biopic sul Duca Bianco ho avuto più di qualche perplessità. Perplessità che si sono ben presto tramutate in presentimento di disastro, nel momento in cui si è stato comunicato che il film non avrebbe contenuto una singola nota della musica di Bowie. Come raccontare allora in toto un personaggio certo iconico e spesso extramusicale (e la nutrita filmografia dell’artista inglese ne è la riprova) ma che proprio attraverso alcune canzoni ha saputo rappresentare non solo sé stesso, ma la pluralità dell’uomo, reinventando i generi, in senso strettamente musicale e marchiando a fuoco almeno due decenni di Pop Music?
Il regista, dopo aver ricevuto il rifiuto da parte della famiglia a riproporne le musiche all’interno della pellicola, ha capito di trovarsi di fronte a un bivio. Ma anche di aver ricevuto una grande possibilità. Scavare più a fondo nella psiche di David Robert Jones alias Bowie, tentando di strappare via un lembo della maschera dell’icona e mostrare in piena luce ambiguità, dubbi e incertezze dell’uomo. Scampando così anche il rischio di creare un altro Bohemian Rhapsody o Rocketman. Film centrifuga con colonna sonora d’ordinanza. Che più che raccontare Elton e Freddy paiono giganteschi giocattoloni colorati pronti a intrattenere il pubblico con la stessa profondità di un blockbuster di seconda schiera.
Range sceglie di scavare più a fondo, nel midollo dell’anima del Duca, là dove si sono sedimentate paure e influenze pronte poi a deflagrare creando la stella Bowie. “Questo non è un film sulla musica, ma su cosa voglia dire essere un artista”, come ci informa il regista. Un film sulla lotta intestina, feroce, tutta interiore di un giovane uomo di nome Robert David Jones alla ricerca di sé stesso e dell’idea che lo trasformerà da One Hit Wonder a indiscussa Star planetaria.

Le scelte decisive e vincenti sono quelle di soffermarsi in primo luogo sul rapporto sofferto, tormentato e quasi gemellare (“The Bewley Brothers” appunto) con il fratellastro Terry. Malato di schizofrenia e internato per vari periodi nel manicomio di Cane Hill, Terry morirà purtroppo suicida nel 1985. In secondo luogo, poi, scegliere di raccontare solo un momento dell’epopea boweiana; il tour americano che precede la creazione e la consacrazione di Ziggy Stardust.
Insomma un film piccolo, quasi sottotono. Che sembrerebbe non aver nulla da spartire con la grandeur teatrale del Duca Bianco. Che riesce però a conquistare, proprio in virtù della sua disarmante semplicità. E ci consegna un ritratto per quanto parziale, intimo e toccante, di quello che possiamo ormai definire come una figura fondamentale della Cultura (non solo) Pop del secondo Novecento.
Ora mio Fratello giace sulle Rocce
Potrebbe essere morto/ Potrebbe non esserlo
Potrebbe essere Te.
I Fratelli Bewlay/ Nella debolezza e nel Male.
I Fratelli Bewlay/ Nella Beatitudine e nel Freddo.
David Bowie – The Bewlay Brothers
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