
Lei mi parla ancora – L’immortalità di un sentimento puro
In quell’alternanza di generi che è diventata la cifra stilistica della filmografia di Pupi Avati, dopo il grande ritorno al gotico e all’horror de Il Signor diavolo, doveva esserci – e così è stato – una nuova apertura al sentimentale. E di sentimento, di amore, vero, autentico e indissolubile è intriso Lei mi parla ancora, film distribuito da Sky Cinema a partire dall’8 febbraio, basato sull’omonimo romanzo di Giuseppe Sgarbi.

Dopo 65 anni di vita trascorsa insieme, Nino (Renato Pozzetto/Lino Musella) non sa lasciar andare la sua Rina (Stefania Sandrelli/Isabella Ragonese): lei gli parla ancora e lui parla a lei di notte, quando gli altri abitanti della loro casa non possono sentirlo. Poiché metabolizzare la perdita della moglie amata risulta difficile, è la figlia (Chiara Caselli) a prendere in mano la situazione proponendo ad un ghostwriter (Fabrizio Gifuni), che al contrario di Nino i sentimenti non li sa esternare, di dare forma sulla pagina ai racconti e ai ricordi di un’intera esistenza.
L’amore, il cangiante protagonista assoluto, straripa e distrugge gli argini di una narrazione che si snoda su più piani: il legame indissolubile che ha legato Nino e la Rina (rigorosamente con l’articolo) è una linfa che fa germogliare e gemmare la vita in tutte le sue imprevedibili variabili, è la luce che illumina un percorso che in principio sembra essere ostacolato dalla differenza sociale, dall’inadeguatezza di un uomo che non si sente all’altezza della ragazza più bella di Ferrara, e che con il tempo diventa cammino sicuro per la costruzione di una solida e stabile famiglia. Irrorato dalla potente luce della felicità genitoriale e alimentato l’incondizionato, purissimo e a tratti disperato amore di una figlia che non si abbatte, che tenta di risanare la ferita incurabile della perdita e che solamente in contesti estremamente protetti si permette di essere fragile. Ed infine c’è chi nella vita si è calato nei panni di chiunque, ma con estrema difficoltà riesce ad avvicinarsi ai sentimenti, perché troppo complessi da maneggiare, da gestire, da controllare: il ghostwriter rifugge la possibilità di essere fallibile – forse perché inconsciamente troppo consapevole – e con essa di potersi mettere a nudo abbracciando i propri errori ed il bisogno di affezionarsi, di chiedere scusa, di rimettersi in gioco da una nuova inedita prospettiva. Il grande cuore di Nino, distrutto dalla realtà e sanato dal sogno e dal ricordo, alimentato e guidato dalla promessa d’amore stretta con la Rina di essere immortali, riesce, suo malgrado, tra silenzi e parsimonioso umorismo pungente, ad accogliere, ascoltare e indirizzare anime perdute di uomini che di fantasmi mai affrontati portano appresso l’invisibile peso.

Tra favola e realtà, tra narratori onniscienti e narratori in erba, tra vita “antica” che profuma di semplicità e campagne e quella contemporanea che odora di perdita di valori portanti, viene data voce ai più puri ed autentici sentimenti, senza retorica, con una lucidità che infrange ogni barriera, trasformando l’intimità del vissuto personale in un dilagante inno universale che punta rieducare all’amore. Avati, acuto studioso dell’antropologia dei sentimenti, delle radici umane che legano gli uomini alla terra, lascia che l’elegante e semplice poesia delle parole di Giuseppe Sgarbi sia colore, anima e profondità ad ambienti, luoghi, e abitudini oggi dimenticati o stipati in piccoli angoli bui di vissuti lontani. Nino e Rina, immersi nella campagna ferrarese che esalta, impreziosisce e scandisce gli atti di crescita di una relazione, vibrano e candidamente si attraggono in un gioco di sguardi, gesti e dichiarazioni che immortalano una passione giovanile che lentamente scivola e muta in tenerezza senile.

Città e campagna, Bergman e Radio Boys, medicina, poesia, balere, tutto si mescola, tra alto e basso, colto e popolare arricchendo e attenuando qualunque genere di differenza culturale e sociale. Conciliare l’inconciliabile è da anni la scommessa – sempre aperta e sempre vinta – di Pupi Avati che in Lei mi parla ancora, come aveva già fatto in Regalo di Natale e Il figlio più piccolo affida il ruolo drammatico da protagonista ad un attore notoriamente comico, e raggiunge vette inaspettate. Pozzetto giganteggia in un ruolo costruito per sottrazione, dando spessore, peso e poesia e sconfinata umanità ad un uomo lacerato dal dolore e perso nell’estrema e assoluta felicità di una vita volata via troppo in fretta.
Lei mi parla ancora è l’ennesimo regalo senza tempo che Pupi Avati, con gentilezza, sapienza e genuinità, offre ad un pubblico che dalla bellezza semplice e immediata del suo cinema d’autore, trae giovamento.
Dal 2015 Birdmen Magazine raccoglie le voci di cento giovani da tutta Italia: una rivista indipendente no profit – testata giornalistica registrata – votata al cinema, alle serie e al teatro (e a tutte le declinazioni dell’audiovisivo). Oltre alle edizioni cartacee annuali, cura progetti e collaborazioni con festival e istituzioni. Birdmen Magazine ha una redazione diffusa: le sedi principali sono a Pavia e Bologna
Aiutaci a sostenere il progetto e ottieni i contenuti Birdmen Premium. Associati a Birdmen Magazine – APS, l‘associazione della rivista
[…] d’amore, vorrebbe lasciarla per coronare il suo sogno d’amore con la cugina sedicenne Angela (Stefania Sandrelli). Solleticato dai fatti di cronaca e dal processo alla concittadina Mariannina Terranova che aveva […]