
Piccole donne – La rivoluzione delle sfumature
Quando, all’incirca due anni fa, uscì la notizia che Greta Gerwig avrebbe diretto un nuovo adattamento di Piccole donne, il commento più diffuso sul mondo dei social fu: Ce n’è davvero bisogno? Oggi possiamo dare la risposta definitiva, ed è affermativa. Ce n’era bisogno, soprattutto per ricordare alle donne – piccole o grandi che siano – quanto sia complesso, faticoso e doloroso lottare ogni giorno per essere e rimanere fedeli a se stesse.
In una delle primissime scene, non appena si è compreso che Jo March vende i suoi racconti per mantenersi dovendo stare alle rigide regole di mercato, che snaturano la sua scrittura, la vediamo correre gioiosa tra le strade di New York, in una scena che, a chiunque conosca il cinema di Noah Baumbach, finisce con il ricordare un momento pressoché analogo di Frances Ha, di cui la protagonista è Greta Gerwig. Ciò significa che questa nuova Jo (Saoirse Ronan), per quanto fedelissima all’eroina dei romanzi di Louisa Mary Alcott, è anche un’ideale progenitrice di quelle ragazze, ribelli, svitate e caparbie che affollano l’immaginario della regista e che su di lei medesima sono modellate.
Per un’eroina anticonvenzionale serve una narrazione che lo sia altrettanto. Ed è proprio su questo fronte che la regista e sceneggiatrice dà il meglio di sé creando un racconto dinamico e spumeggiante che aborrisce il cronologico e si erge sulla sapienza di incastri che sanno dare nuova anima ad una storia nota. Non si tratta di rivisitazione, ma piuttosto di interpretazione. Gerwig dà carattere e tridimensionalità alle sorelle March, lasciando che, per quanto Jo sia l’indiscussa protagonista, anche le altre tre emergano con i loro desideri e le loro fragilità.
Meg (Emma Watson), la sorella maggiore che sposa per amore un uomo che non le permetterà mai di vivere nel lusso, fa i conti con i suoi desideri di bambina, impara dai suoi piccoli errori frivoli, ed impara a doversi giustificare solo con la propria coscienza. Beth (Eliza Scanlen), nonostante la sua malattia, è lo spirito guida della sua famiglia e non solo; la sua timidezza, il suo buon cuore e la sua estrema razionalità la portano ad essere saggia e matura. La sua debolezza fisica viene sconfitta dalla tempra del suo spirito. Ed infine Amy (Florence Pugh, recentemente vista in Midsommar), la minore, è il personaggio che più di tutti subisce una trasformazione esemplare. Dimenticate la svenevole Amy di Elizabeth Taylor e quella capricciosa di Kirsten Dunst, la Amy March interpretata da Florence Pugh è una giovane donna molto consapevole, che si rafforza e affina il suo talento nel costante confronto con Jo. Amy vuole esserle alla pari, per questo brucia il suo manoscritto, per questo tenta di diventare pittrice, scoprendo di essere in realtà un’artista mediocre, ed ancora per la medesima ragione tentenna nell’accettare la proposta di matrimonio di Laurie. Non vuole essere il rimpiazzo di sua sorella.
A modo loro, queste piccole donne sono combattive, emancipate e tutte controcorrente. Irrorate dalla luce accecante di Jo, ne assorbono la forza, aiutate e sostenute da una madre (Laura Dern) che non si è mai persa d’animo e ha saputo instillare nelle figlie la fierezza del carattere di donne che non guardano il mondo dall’esterno, ma che salgono a bordo del turbolento viaggio che è la vita con l’obiettivo di viverla appieno. Se i personaggi maschili, ad eccezione di Laurie (Timothée Chalamet), sono sempre stati tappezzeria dello sfondo, sicuri e delineati nei loro caratteri base di uomini semplici ed inquadrati, nel 2020 diventano compagni leali e combattivi che si scuotono di dosso la patina di smidollati saccenti e monocordi. La complicità emerge, stringe legami eterni, puri e duraturi, sia che si tratti di amicizia, sia di amore. C’è molto di più che innamoramento e fratellanza, c’è rispetto, supporto, fiducia, sentimenti che si tende a dare per scontati o a inglobare in maniera grossolana dentro a categorizzazioni che nel concreto significano poco.
Il grande pregio di Greta Gerwig è quello di saper dare nuova lucentezza a quei valori e a quegli aspetti del carattere umano che oggi vengono dati per scontati. E allora non importa essere formalmente classici, osare poco, o essere statici, la rivoluzione parte dall’interno, parte dalla prospettiva da cui vengono sottolineate e messe a fuoco le luci e le ombre dei personaggi, i loro picchi e i loro abissi. Basta il dorato caldo della luce che incornicia un viso, che illumina un sorriso a dare una pennellata di poesia antica e accogliente. E’ la semplicità avvolgente di cuori che battono nella crescita che li porta a dar corpo ai loro destini, a rendere tanto speciale e necessario un film che ricorda quanto la felicità si costruisce giorno dopo giorno, con fatica, tenacia e la presenza di chi ci fa sentire a casa.
Piccole donne è un racconto eterno, che con questo nuovo adattamento torna a conquistare un pubblico che sente il bisogno di emozionarsi e di ritrovarsi in quelle storie che l’hanno cresciuto. Greta Gerwig ricorda a tutte quelle bambine che hanno sognato di essere Jo March, che chiunque può esserlo ancora oggi; serve solo coraggio, ostinazione e tanto fiato nei polmoni per correre verso le donne che si è.
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