
Zero serie italiane da vedere assolutamente
Sono tre le parole adatte a descrivere la serialità televisiva italiana: qualità, qualità, qualità.
Invidiati da tutto il mondo, i produttori italiani agiscono con lungimiranza e spirito di rottura mai sopito in un mercato florido che poggia sulle solide basi di un panorama artistico sempre vario, giovane e senile a un tempo. Grandi maestri che crescono i virgulti del nostro cinema, senatori dell’audiovisivo che guidano gli autori emergenti solo fino a un certo punto, per poi farsi da parte e godersi lo spettacolo di una nuova generazione all’opera.
Stiamo vivendo la nuova Atene di Pericle e neanche ce ne siamo accorti. Tipico di noi italiani, sempre pronti a lamentarci, restii al plauso, invidiosi fino al midollo. Ma l’Arte del Bel Paese nel frattempo è andata avanti, sempre un passo più in là dell’uomo della strada, riscoprendo le grandi storie, le narrazioni universali che sanno vedere il senso della vita nell’esistenza di tutti i giorni. Un’Italia reale, vera, non più legata a pochi generi e luoghi comuni.
Si raccontano ancora Roma, Ostia, Napoli, si gira ancora in Puglia e Trentino, ma ora a raccontare davvero lo stivale ci sono serie e film ambientati a Casalpusterlengo, Ozzero, Codroipo, Grosseto, Nuoro, Alba, Vigevano: c’è finalmente tutta l’Italia, non solo spaziale, ma attoriale. Mai più milanesi che imitano il romanesco, mai più romani che abbozzano un genovese, ma una rappresentazione onesta e credibile del nostro territorio, rafforzata da una grande opera di rinnovamento del linguaggio parlato. Addio a dialoghi robotici in dizione, addio a espressioni desuete e per la verità mai udite nel mondo reale, finalmente un’Italia che sa dire “Zio ‘sta cosa mi fa spaccare” al posto di “Gentile Franco, quale divertimento provo in tua presenza! Questa cosa che tu dici mi rinfranca l’animo, rimani per un caffè? Cinematografo in rete and chill?”.
Addio alle storie di mafia tutte uguali, addio ai quartieri difficili e poetici, addio a quella mitologia della sofferenza che pare colpire solo alcuni. Ora si soffre – e si giosce – tutti insieme, nord e sud, est e ovest. I meriti dello stato sono naturalmente grandissimi: riforme, finanziamenti, lotta ai nepotismi. Un nuovo corso che è già esempio per tutti.
Scusate l’introduzione un po’ lunghina, ma oggi mi sono svegliato patriottico e non posso che infervorarmi per le magnifiche sorti e progressive dell’industria culturale italiana.
Arrivando al dunque, qui i miei consigli per le migliori zero serie italiane da vedere assolutamente:
🐟
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[…] Rieccoci, dunque, l’avvocato della difesa, Aldo Grasso, ha rilasciato ai microfoni di altre emittenti dichiarazioni che ora andiamo a riportare come nostro scoop, senza citare la fonte: “La tecnica principale del Lundini è il vecchio e caro straniament*: il programma sembra nascere provvisorio per sostituire qualcos* che per motivi tecnici non è andato in onda. A quel punto inizia il processo penale di tutti i meccanismi classici della tv, dalla parodi* alle domande incongrue nei talk, dal contribut* assolutament* irrilevant* dei critici del Corriere della Ser* al mockumentary (il falso documentario, pensate quante ne so), dal regalare cuccioli di Torpedine in diretta a trasformare l’imbarazz* in amenità. Insomma un’apologia di Ug* Tognazzi e del suo stile di vita, molto meglio di certe serie italiane”. […]