
Élite 3 – Ognuno ha quel che si merita
Con la terza stagione di Élite, approdata a marzo su Netflix, si chiude l’arco narrativo della prima generazione dei ragazzi della scuola Las Encinas, pronti ad abbandonare il fardello di quel microcosmo illusoriamente patinato, alla volta di un futuro che sembra già scritto, nella prospettiva di un’edulcorata redenzione che non lascia troppe sorprese.

La trama
Calato come di consueto nella cornice stereotipata di un liceo all’americana, il teen drama spagnolo riparte dagli eventi della stagione precedente, con il ritorno in classe di Polo (Álvaro Rico), prima arrestato per l’uccisione di Marina (María Pedraza), poi rilasciato per l’assenza di prove a suo carico. Ancora una volta, però, attraverso l’utilizzo di reiterati flashforward ci ritroviamo di fronte ad un nuovo omicidio e, conseguentemente, ad un nuovo mosaico di accadimenti da ricostruire. Nuovi sono gli interrogatori della polizia, vecchio, e un po’ sbiadito, è il coinvolgimento emotivo dello spettatore, che ha imparato a riconoscere l’ormai ciclico schema del gioco dove tutti sembrano colpevoli.
Episodio dopo episodio è chiaro come la storyline della terza stagione di Élite sia concepita in totale simmetria rispetto ai primi due capitoli, alla ricerca di una giustizia ricorsiva e riparatrice, sempre coerente con le coordinate a tratti amorali declinate dalle azioni dei protagonisti.

Nuovo capitolo, vecchia formula
Se da un lato è lo stesso autoreferenzialismo, frutto dell’accoglienza positiva del pubblico, a fungere da motore alla continuità della vicenda, dall’altro l’approfondimento psicologico dei singoli passa nuovamente sotto la lente di drammi personali e sociali, questa volta superficialmente e forzatamente armonizzati al servizio di un’evoluzione necessaria alla linea narrativa principale.
Non a caso, l’inserimento delle tematiche della malattia, della dipendenza, dei conflitti tra classi sociali o di accettazione della propria individualità, è solo un pretesto per convincerci, facendo leva sull’empatia, che alla fine (quasi) tutti loro, a proprio modo, non solo solo belli, ma anche buoni, straziati dai terribili eventi, sì, ma proprio per questo inevitabilmente assolvibili.

Verso una quarta stagione?
Lontani dalla solidità e dall’eclettismo del nuovo capitolo di Sex education, con cui Élite condivide solo l’appartenenza al genere young adult e l’attitudine al bingewatching, in definitiva, tra una lezione, tradimenti in discoteca e una sceneggiatura più fiacca di quanto atteso, si consuma così un dramma che, seppure esagerato e paradossale, di fatto riesce a ritagliarsi, puntando all’effetto reality/soap opera, una sua identità e riconoscibilità nell’intrattenimento leggero, adatto a una fruizione disimpegnata tra le proposte seriali di Netflix.
Visto il finale aperto, al momento non è certo se e quando arriverà un’eventuale quarta stagione. Chiaro è che, essendosi saturata la sua struttura narrativa, l’ennesimo omicidio con annessa improbabile indagine sarebbe davvero difficilmente sostenibile.

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