
Nomad, di Werner Herzog. Sentieri poetici nel film-ricordo su Bruce Chatwin
Il Filmmaker Festival di Milano ha aperto i battenti e non c’era modo migliore di cominciare se non con Nomad: In the Footsteps of Bruce Chatwin, l’ultima opera di Werner Herzog prodotta da Lucki Stipetić, Steve O’Hagan, Richard Bright, per la BBC studios, e presentata in anteprima mondiale al Tribeca Film Festival lo scorso aprile. La nuova fatica dell’autore tedesco non delude le attese, trattando temi portanti della sua poetica: il legame tra l’uomo e la natura, tra la musica e la terra, la fascinazione per creature quasi estranee alla società umana, sotto il segno dell’esperienza esistenziale dello scrittore, nonché grande amico, Bruce Chatwin.

Il film, diviso in otto capitoli, tocca tutti i punti di contatto tra il lavoro di Chatwin e quello di Herzog. Partendo dalla fine, è interessante scoprire come il loro rapporto facesse da contraltare alle vicissitudini della realizzazione di Cobra verde, tratto da Il viceré di Ouidah, scritto da Chatwin. Le riprese del film, realizzate in condizioni estreme, in linea con la poetica del regista bavarese, hanno visto per brevi periodi la partecipazione dello scrittore stesso, nonostante l’Aids in stato già avanzato.
Dal quadro emerge un rapporto di grande fiducia reciproca, atipica nel cinema (sono molti, infatti, i casi di grandi scrittori che abbiano detestato l’adattamento dei propri film da parte di grandi registi). Lo stesso Herzog ne è sorpreso: infatti solo trent’anni dopo le riprese, proprio durante la realizzazione di Nomad, scopre che Chatwin aveva apportato su una delle ultime sceneggiature di Cobra Verde appunti e riflessioni senza averli mai condivisi con lui, probabilmente per non alterarne la visione.

Ritornando al principio, l’autore individua nella pelle del brontosauro un cimelio tramandato da un avo, la madre delle fascinazioni del Chatwin bambino, il riferimento per le prime domande esistenziali, vera spinta all’intraprendere viaggi ai confini del mondo, per riscoprire culture quasi del tutto sconosciute all’Occidente industrializzato. Nella cueva del milodón, in Patagonia cilena, Herzog ci conduce alla ricerca del mistero della pelle del brontosauro, la quale in realtà si rivela essere della pelle mummificata di Mylodon, un mammifero estinto.
Ogni capitolo si basa su un simbolo, su elementi decisivi della vita nomade e letteraria di Chatwin, raccontati proprio nei luoghi dove sono stati scoperti o ideati. Tappa fondamentale della narrazione è l’affermazione del talento nel far evolvere, grazie alla grande immaginazione, la semplice registrazione scientifica in qualcosa di ancora più sorprendente, attraverso conversazioni intrattenute con personaggi appartenenti a comunità entrate in contatto con lo scrittore. Le discussioni assumono a tratti toni inaspettatamente divertenti, grazie alla verve spiritosa del regista teutonico, il quale racconta, a seconda del grado di vicinanza tra Chatwin e l’intervistato, aneddoti e ricordi topici della particolare intesa che li univa.

In questo tentativo di ricostruire una biografia letteraria estremamente complessa e sfaccettata, è proprio la leggerezza a definire la cifra del film, opera in grado di elogiare la vita dello scrittore nomade con spirito, poesia e dramma, le tre variazioni di tono possibili nelle arti drammatiche. Molto intimo anche il quadro dell’ultimo capitolo, intitolato The Book Is Closed. La bisessualità dello scrittore britannico viene trattata come una conseguenza inevitabile del fascino magnetico della sua personalità: «uomini e donne ne erano attratti», confida la vedova Elizabeth, senza che ciò abbia comportato complicazioni nel loro rapporto.
In conclusione, la pellicola rende omaggio con grande affetto a una figura singolare del panorama letterario europeo del Novecento, laddove lo sguardo dell’autore cinematografico tenta di restituire quello dello scrittore nel racconto delle meraviglie di Panama, del Galles e dell’Australia, resi più che semplici viaggi in avanscoperta, ma estensione dell’anima. Una pellicola di finezza e maestria, in grado di coinvolgere anche chi non conosce a fondo Bruce Chatwin.
Qui il trailer di Nomad, con le parole di Werner Herzog sull’amico Chatwin:
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