
“2001 tra Kubrick e Clarke” – L’Odissea completa raccontata da Filippo Ulivieri e Simone Odino
Ha ragione Ruggero Eugeni: 2001 tra Kubrick e Clarke «si legge come un romanzo». Un romanzo che, tra le varie cose, racconta la genesi di un altro romanzo. Lontano anni luce tanto dalla pedanteria di un approccio accademico quanto dai toni di un’agiografia settaria, il nuovo e ricchissimo saggio di Filippo Ulivieri e Simone Odino ricostruisce in modo dettagliato, e finalmente sistematico, l’incredibile lavorazione del film che ha cambiato per sempre i dettami della fantascienza cinematografica. Genesi, realizzazione e paternità di un capolavoro – come recita il sottotitolo – che i due autori raccontano attingendo a materiali inediti contenuti allo Stanley Kubrick Archive di Londra e allo Smithsonian Institute di Washington, riuscendo nella non facile impresa di dare alle stampe non l’ennesimo libro su Kubrick, bensì un’opera di riferimento per i futuri studi sull’autore e soprattutto su 2001: Odissea nello Spazio. Difatti, se il regista newyorkese resta uno dei più saccheggiati dall’editoria cinematografica – ed è un’impresa aggiungere qualcosa di significativo sul suo cinema sul versante esegetico –, l’orizzonte filologico è invece un campo d’indagine ancora fertile. La mole sterminata degli archivi kubrickiani rimane oggi un terreno in parte inesplorato, un labirinto delle meraviglie in cui è facile smarrirsi e fare la fine di Jack Torrance in Shining, ma del resto importantissimo per rimettere ordine al percorso artistico di un autore su cui continuano a pesare le leggende più fantasiose. Ulivieri e Odino si districano al contrario in modo eccellente tra i moltissimi documenti a disposizione, ordinandoli in una narrazione briosa che riesce inoltre a rendere giustizia al famigerato e tagliente umorismo kubrickiano.
Diviso in tre agili capitoli, 2001 tra Kubrick e Clarke ripercorre la storia di 2001 a partire dal momento in cui, durante la post-produzione di Il Dottor Stranamore e prima dell’incontro con Arthur C. Clarke, Kubrick è già in cerca di un nuovo soggetto, qualcosa che riguardi «guerre atomiche, fantascienza, relazioni sessuali impazzite… o magari tutte e tre assieme!». L’iter della faticosa ricerca, che comprese un progetto commissionato dall’ONU, poi sfumato, e un potenziale e improbabile film tratto da uno sceneggiato radiofonico della BBC (Shadow on the Sun), corrobora l’immagine di un regista fortemente radicato nei principali dibattiti del suo tempo, attento non solo ad intercettare i mutamenti in atto ma a proiettare lo sguardo verso un futuro possibile. Soprattutto, ci permette di gettare una nuova luce sul Kubrick più politico, consapevole del ruolo morale che un film può e deve avere nei confronti del suo pubblico. Il fulcro del libro è chiaramente il racconto della lavorazione, tecnica e concettuale, di 2001, che nel secondo capitolo Ulivieri ripercorre passo per passo, prendendo in esame per la prima volta le varie stesure del romanzo scritto come base per la sceneggiatura da Clarke, con la supervisione di Kubrick. Si produce così un gioco di scatole cinesi, con la storia della travagliata lavorazione del film che contiene al suo interno quelle degli incredibili viaggi spaziali narrati dallo scrittore, mentre questi ultimi mutano, cambiano forma per adattarsi alle esigenze del regista.
2001 tra Kubrick e Clarke è soprattutto il racconto di una mutua paternità, di un capolavoro nato dal rapporto difficile (per Clarke, non certo per Kubrick) tra due visionari. Grazie all’inedito carteggio tra i due autori, l’ultimo capitolo ci consegna una testimonianza di questo rapporto da parte di chi, nonostante i pronostici, è riuscito a sopravvivere alla snervante macchina kubrickiana, preservando la sanità mentale e contribuendo alla realizzazione di una pietra miliare del cinema. Un rapporto che il libro di Ulivieri e Odino estende ben oltre i quattro anni della lavorazione di 2001, per arrivare alle soglie del nuovo millennio, quando Kubrick era intenzionato a servirsi ancora una volta di Clarke per il suo Supertoys che durano tutta l’estate (progetto incompiuto che, come sappiamo, proprio in quel fatidico 2001 Steven Spielberg trasformò nel suo A.I. – Intelligenza artificiale). Per chi pensa di conoscere la storia di 2001, come per chi non la conosce affatto; per i neofiti del cinema kubrickiano, come per gli spettatori e gli studiosi più preparati, 2001 tra Kubrick e Clarke è una lettura che arricchisce e appassiona, stupisce nel saper coniugare leggerezza e densità, riconducendo il lettore sui sentieri di un viaggio beyond the infinite.
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[…] A proposito di Shining: il direttore della fotografia Daniel Richter era una delle scimmie nella scena iniziale di 2001: Odissea nello spazio. […]