
Rudolf Nureyev attraverso l’occhio di Ralph Fiennes: The White Crow
È Ralph Fiennes il regista della pellicola su Rudolf Nureyev, uno dei ballerini più virtuosi e famosi della scena novecentesca. Già conosciuto per alcuni ruoli cinematografici e teatrali non di poco rilievo, dalla candidatura all’Oscar per migliore attore non protagonista in Schindler’s List alla vittoria del premio Tony Award per il ruolo del principe Amleto a Brodway, Fiennes sorprende con un occhio registico che in Nureyev – The White Crow si affina rispetto alle sue produzioni precedenti.
Ciò che viene messo in scena questo film approfondisce la vicenda biografica cui si ispira, (Rudolf Nureyev: the Life di Julie Kavanagh), e mostra lo spaccato dei primi e decisivi ventidue anni che hanno reso un bambino nato su un vagone merci attraverso la Siberia, il ballerino che oggi chiunque, anche per caso, conosce.
Sono un contadino dell’Unione Sovietica, un ragazzo nato su un treno: ho il dovere di mostrare al mondo che sono il migliore! Io sono… Rudolf Nureyev.
Due ore in cui vengono inframezzati al flusso narrativo principale flashback in bianco e nero, utili a comprendere le origini, la sofferenza, l’eccezionalità del ragazzo sovietico che già nella sua infanzia si distingueva per essere un outsider. Un termine, quest’ultimo, che il ballerino meritò insieme a white crow, il quale esplica esattamente il suo carattere atipico o the flying tatar, (il tataro volante), per descrivere la sua rapidità nel danzare.
È Oleg Ivenko, ballerino russo e volto di Nureyev in questa pellicola, che riesce a trasmettere perfettamente il carattere ambizioso e irrequieto del suo personaggio. Intorno a lui ruotano attori altrettanto capaci, tra cui lo stesso Fiennes nei panni del maestro di danza Alexander Pushkin, Adéle Exarchopoulos, fedele alle sue origini francesi, che interpreta Clara Saint, un’amica del ballerino non indifferente al suo fascino, e Xenia, (interpretata da Chulpan Khamatova), moglie di Pushkin, amica e amante del giovane Nurayev. L’attenzione per la caratterizzazione dei personaggi si accompagna alla particolare cura per i dettagli, indispensabili alla messa in scena del film. Spesso il regista riprende i piedi dei ballerini della compagnia sovietica, non solamente nell’atto di danzare, bensì semplicemente ripresi mentre camminano per le strade di Parigi, in un movimento che dà corpo allo spazio che abita, rendendo ogni via della città palcoscenico e spettacolo. La guerra fredda fa da sfondo a tutta la vicenda, creando una storia che conosce la propria importanza storica; questo elemento fa di Nureyev – The White Crow un film non solamente sulla danza o semplicemente biografico. Esattamente come Billy Elliot, Flashdance, Dirty Dancing o altre pellicole che hanno una base improntata sul ballo, non si limita semplicemente a descriverne gli aspetti formali: la danza, in quanto disciplina, ha il compito di portare con sé valori sociali, etici e morali che si rispecchiano completamente nell’atto che crea.
Così accade anche in questo film, dove il desiderio di rivalsa viene trasmesso perfettamente accompagnandosi a ciò che effettivamente Rudolf Nureyev farà col ballo, soprattutto per gli uomini. Il suo carattere egocentrico e conscio delle proprie capacità, sono stati capaci di cambiare completamente il ruolo del ballerino uomo su un palco. Ben oltre alle rivoluzioni già attuate dal suo predecessore, Vaclav Nijinski, il primo grande danzatore a modificare la scena, Nureyev arriva ad essere ballerino e performer allo stesso tempo. L’impatto con il suo pubblico era decisivo per la sua forza espressiva ed estremamente distante dai ruoli statici che gli uomini avevano sempre assunto nella danza, novità che sono ben riprese dalla pellicola, laddove il giovane danzatore viene seguito mentre studia i corpi delle statue e dei dipinti dei grandi, tentando di plasmare il suo fisico sull’eccezionalità e la perfezione dell’arte. Il film intero è un processo grandioso di creazione e di crescita, marcato dalla consapevolezza e dall’asprezza che David Hare ha espresso nei dialoghi che animano la pellicola.
La vicenda intera è raccontata con un equilibrio magistrale, sino al 16 giugno 1961, il giorno in cui Nureyev chiede l’asilo politico allo stato francese. Il momento in cui da essere un ballerino, è divenuto Il ballerino. Rudolf Nureyev, metonimia per definire un danzatore prodigioso.
Così come la danza non si compone di movimenti singoli, bensì sia un movimento fluido continuo, allo stesso modo il The White Crow di Ralph Fiennes è una serie di scene in successione armoniosa che nascono, crescono e arrivano alla loro massima potenza con energia e delicatezza. Un omaggio ad un ballerino straordinario che fa sentire lo spettatore completamente partecipe, attento: un omaggio alla danza in senso più ampio che è “ovunque ed ogni cosa”.
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