
“Diego Maradona”, di Asif Kapadia – Il povero, il ribelle, l’eroe | Anteprima Biografilm Festival 2019
Siamo stati all’anteprima italiana di Diego Maradona, documentario di Asif Kapadia presentato al Biografilm Festival 2019 di Bologna e già fuori concorso all’ultimo Festival de Cannes. Il film sarà distribuito in Italia da Nexo Digital e Leone Film Group solo il 23, 24 e 25 settembre 2019, poi sarà su Netflix.
«Quando scendi in campo, la vita vola via, vola via tutto»
Puntando esclusivamente su filmati di repertorio, Asif Kapadia racconta una storia densa di sentimenti, di burrasche continue, di amori talvolta fugaci, talvolta immensi e senza fine. Si parla di calcio, si parla di vita, e le due facce di questo documentario sono lo specchio di un ragazzo diviso a metà, persona, appunto, e personaggio. «Sono sempre stato interessato a personaggi che sono al limite», dice Kapadia, «penso di non essere mai interessato dai bravi ragazzi, voglio capire perché le persone hanno agito in un certo modo, persone che hanno vissuto un’esistenza drammatica, e il mio interesse è capire perché ciò sia accaduto; ho uno stile preciso nei documentari che prevede l’uso di girato originale e la mia speranza è di renderlo il più drammatico, emozionante e cinematografico possibile»
C’è Diego e c’è Maradona, i due non sono mai vicini, sembrano non conoscersi: il primo viene dalla poverissima Villa Fiorito, sobborgo di Buenos Aires, gioca a calcio e si ritrova la famiglia sulle spalle ad appena quindici anni, il secondo è il fuoriclasse, l’eletto, il dannato, l’eroe dei due mondi. Se il calcio dona a Diego un appartamento per la sua famiglia, è sempre il calcio a privarlo della serenità. È abile Kapadia – premio Oscar 2016 per il documentario Amy e autore del’acclamato Senna – a scavare nelle oltre 500 ore di girato inedito, in parte fornito dalla famiglia Maradona, per trovare i sentimenti nascosti dietro l’immagine pubblica del calciatore e sottolinearne la potenza emotiva, commovente. Il ritratto di un ragazzo il cui talento ne accelera vertiginosamente la crescita, com’è evidente dai primi minuti di montato ad alto ritmo, accompagnati da una colonna sonora degna di una serie TV anni ’80 che subito ci gettano in un tempo e in uno spazio che pare impossibile fermare. Grande è l’apporto delle due collaboratrici del regista, Lina Caicedo per il repertorio argentino e Fiammetta Luino per quello italiano, quest’ultima presente in sala e intervenuta raccontando il lungo processo di ricerca e selezione di contenuti passato da letture di libri, quotidiani, riviste e da visione di clip YouTube nelle quali, dice «molto spesso si trovano degli indizi che portano ad altre fonti d’archivio. A un certo punto diventa quasi un lavoro da investigatore privato e all’inizio del progetto non sappiamo come sarà il film. Abbiamo impiegato centinaia di ore e questo poi diventa un gioco di squadra perché è impossibile per ognuno di noi ricordarsi di tutto e vedere tutto, eravamo costantemente in contatto».
Importante il lavoro del regista londinese sul suono, con le musiche, appunto, più efficaci nel raccontare momenti felici o positivi che nella narrazione, forse troppo pesante anche nel minutaggio, dei momenti difficili vissuti da Maradona; interessante e straniante è anche il sonoro cucito su misura tra le immagini di repertorio: dico straniante perché non sono sicuro mi sia piaciuto del tutto, è forse un’esperienza perfettibile nel mondo del repertorio calcistico. Dico interessante perché in qualche modo i tonfi sordi dei calci al pallone e quelli più secchi dei colpi agli avversari paiono ora fuori luogo ora indispensabili.
A parte queste sottigliezze, il film sarà sicuramente apprezzato dagli amanti del calcio di una volta, che potranno incontrare nuovamente lo sguardo del Pibe, di Barruchaga, di Ciro Ferrara (anche voce narrante), di Ancelotti, Platini, Schillaci, di un carichissimo Giampiero Galeazzi e del presidente Corrado Ferlaino, oltre a sentire varie voci a commento, su tutte proprio quella dell’idolo del San Paolo. Non manca davvero niente a questo racconto biografico, dalla genesi sudamericana fino al salto europeo col Barcellona e successivo infortunio con crisi. Poi la scommessa, Maradona malvisto da tutti e acquistato dall’unica squadra disposta ad accoglierlo, quella SSC Napoli, squadra della “città più povera d’Italia e d’Europa”.
«Chiesi una villa e mi diedero un appartamento, chiesi una Ferrari e mi diedero una Fiat. Tutto era sottodimensionato»
Un ragazzo in crisi e una città in delirio, presto trainata al suo primo Scudetto e al riscatto. Nel mezzo un Mondiale vinto con l’Argentina e le avvisaglie di quei pericolosi rapporti con la famiglia Giuliano che incrineranno la salute e i rapporti umani in famiglia e con il popolo napoletano, senza contare il giro incontrollabile di donne e, soprattutto, un figlio riconosciuto solo nel 2007.
Proprio il popolo partenopeo è l’altro vero protagonista del film, bistrattato, insultato, preso di mira e finalmente riscattato. La città ritrova la propria voce grazie alle gambe di un argentino che si sente presto a casa e che, sei anni dopo il suo arrivo a Napoli, si ritroverà a giocare una semifinale mondiale contro l’Italia, proprio al San Paolo. Un enorme errore di programmazione per la Federazione: l’Argentina, a Napoli, dopo anni a cantare per Maradona. Il disastro è annunciato, l’Italia è sconfitta ai rigori, si sommano i problemi, Maradona comincia a perdere i napoletani e la sua dipendenza dalla cocaina è ormai dominio pubblico.
Tutto crolla con quel maledetto rigore, definito da Kapadia come «l’ultimo momento importante della sua carriera, perché dopo quello non mostriamo altro calcio. Quello è il momento in cui tutto cambia, ha una carriera e una squadra, dopo quel momento non ha più una vera carriera. E c’è un momento, proprio appena dopo, quando Diego Maradona è per conto suo, da solo, seduto a pensare… dura un paio di minuti, il sonoro se ne va e per me quel girato riassume tutto, è il momento in cui ripensa a cosa è successo e a cosa ha fatto. Quell’uomo, circondato da tutte quelle persone, appare così solo. I tre anni di lavorazione sono stati importanti per me così da avere il tempo di guadagnarmi la fiducia di tutti e parlare con tutti. Ho parlato con Cristiana (Sinagra, ndr.) e con tutti i figli, la sorella, e credo che tutte queste persone ormai conoscano Diego meglio di quanto lui conosca sé stesso».

Un ritratto che tende al malinconico e al nostalgico, un documento di grande importanza per capire non solo la storia di Diego e di Maradona (sempre divisi), ma anche la storia di un decennio, nonché quella del nostro Paese, ancora alle prese, a distanza di anni, con problemi che le apparenze hanno saputo abbellire, ma che la realtà dei fatti smentisce.
E il prossimo film di Kapadia? «Credo che farò qualcosa sulla politica. Qualcosa di molto strano sta accadendo nel mondo proprio adesso e credo sia il momento di pensare a queste cose»
Non aspettiamo altro.
Il trailer ufficiale:
Clicca e scopri di più sul Biografilm Festival 2019, dal 7 al 17 giugno a Bologna
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