
Tra Letteratura e Cinema – Scoprire “Al Cinematografo” di Alfredo Della Pura
Nella narrativa contemporanea sembra essersi ritagliato un posto particolarmente fortunato il romanzo che in qualche modo incrocia il mondo cinematografico, raccontandone avventure, leggende, dietro le quinte, fatiche e persino i lati più controversi, senza far differenza per quanto riguarda l’epoca rappresentata e con una particolare predilezione per quel magico periodo che è stato il Cinema delle origini, forte del fatto che le pellicole dei primissimi anni del mezzo tecnico sono quasi tutte andate distrutte, lasciando piena libertà di invenzione agli scrittori. Proprio in questa cornice è particolarmente interessante andare a riscoprire chi raccontava – e come – i primi anni del cinematografo proprio mentre questi erano in corso: è questa la proposta del volumetto Tra Letteratura e Cinema a cura di Massimo Bonura ed edito da Morrone Editore che, nel riproporre in versione annotata il breve romanzo Al Cinematografo di Alfredo Della Pura, diventa occasione di riflessione sui ruoli stessi che, tra fine ‘800 e inizio ‘900, il nuovo strumento tecnico si stava ritagliando.

La lettura di questo breve romanzo apre infatti una finestra di possibili interpretazioni di come il cinematografo – mezzo tecnico prima che forma artistica, spettacolo di varietà prima che linguaggio – apparisse a chi ne aveva fatto ancora poca esperienza: i protagonisti sono un gruppo di bambini (Della Pura era docente e pedagogo) che sono capaci di meravigliarsi di fronte alla sola possibilità che un’immagine sia in grado di muoversi; il tutto è circondato da una funzione curiosa, quasi magica e rituale, del mezzo tecnico: nel romanzo di Della Pura il cinematografo non è di per sé in grado di raccontare storie, ma è punto di partenza per racconti fantastici e avventurosi, di cui si confondo i confini della verosimiglianza. L’immagine cinematografica, nel romanzo, si confonde con quella puramente letteraria, diventando uno dei tanti spunti per far cominciare una continua, caleidoscopica ed immaginifica danza della rappresentazione.

In questo, il volume di Bonura presenta il pregio di un apparato di note mai invadente, ma necessario per sciogliere i possibili ostacoli di una lingua di inizio ‘900 non limpida e spesso inquinata da infantilismi, forme gergali e miscugli linguistici, tutti giustificati dal contenuto del racconto, ma decisamente difficili da affrontare senza una collocazione filologica del tutto. Allo stesso tempo sarebbe molto difficile orientarsi all’interno dei riferimenti puntuali a personaggi, testi e fatti dell’epoca, tutti riportati attraverso l’apparato delle note, nonché contestualizzati dai paratesti introduttivi e conclusivi (con la postfazione di Luca Mazzei) capaci di ricostruire il quadro storico in cui si inserisce questo romanzo, parte di un fitto mosaico di testi che circondavano il cinematografo fin dai suoi esordi e che si rivolgevano ad una letteratura per l’infanzia in cui Della Pura sperava di collocare il mezzo tecnico come strumento della didattica.

E se è vero che Al Cinematografo si presenta più come un testo di fantasia che come un documento etnografico – specialmente per come vengono descritte certe “capacità” del mezzo che all’epoca non erano minimamente possibili, dal fermo immagine fino al colore -, allo stesso tempo è fondamentale per capire un certo “sentire” che circondava l’evoluzione del cinema come strumento definitivo di conoscenza, capace di portare paesaggi, animali, personaggi e situazioni a pubblici che vi erano distantissimi, elevando al massimo del potenziale di verosimiglianza quelle esperienze che erano proprie di mezzi narrativi decisamente limitati nella loro iconicità; in questo è affascinante sottolineare ancora l’estrema commistione dei possibili immaginari che Della Pura fa scaturire a partire dalla proiezione, alle volte nemmeno in atto mentre i racconti prendono forma, rendendo il suo romanzo un campionario della rappresentazione possibile con una cornice storiografica che rende il testo avvicinabile al giovane pubblico per cui era pensato.

Ci si augura che Tra Letteratura e Cinema di Massimo Bonura possa segnare la strada di un percorso di riscoperta della narrativa sul cinema contemporanea alle origini del mezzo, restituendo più edizioni annotate e contestualizzate, in modo da poter ricostruire quello che è stato l’inizio del posizionamento del Cinema tra i tanti possibili linguaggi del rappresentabile, ancora distante dall’essere riconosciuto come forma d’arte, ma già capace di porsi in tesa a qualsiasi altro sistema di rappresentazione del mondo.
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