
Com’è cresciuto Jack Skeletron – 30 anni di Nightmare Before Christmas
Se iniziassi una conversazione con chi come me è nato negli anni Novanta ed è abbastanza fortunato da ricordarsene almeno la seconda metà, troveremmo sicuramente dieci e più bandiere di nostalgia da sventolare insieme. Una di queste sarebbe il drappo di Nightmare Before Christmas, e sopra ci sarebbe disegnato il familiarissimo volto di Jack Skeletron (Skellington, in lingua originale). E se noi, entrando nei 2020s, abbiamo scavalcato il confine dei nostri primi 30 anni di vita, lo stesso ha fatto il caro Jack: The Nightmare Before Christmas usciva per la prima volta in sala nell’ottobre del 1993, e noi bambini e bambine conoscevamo così la stop motion animation. Quello che ancora non potevamo sapere è che stavamo incontrando un grande, grandissimo simbolo della cultura pop.
Ce ne saremmo accorti man mano che il film cresceva con noi, riguardandolo e scoprendo sempre più dettagli che in giovane età non avremmo potuto apprezzare. Eccone almeno uno per decennio.
The Nightmare Before Christmas non è un film di Tim Burton
Nasce sì da un’idea di Tim Burton, precisamente da una poesia da lui composta alla fine degli anni 80, ma la regia di Nightmare Before Christmas venne affidata a Henry Selick, che già conosceva bene il mondo dell’animazione e che oggi associamo più facilmente ad altri film in stop motion, uno tra tutti Coraline.

A Burton vanno certamente i meriti della costruzione dell’immagine dei personaggi e della scrittura del soggetto, ma la realizzazione del film – la creazione delle sculture e delle scenografie, la composizione dei fotogrammi – fu opera di Selick e del suo team. Con il senno di poi potremmo dire che lo stile di Selick è inconfondibile e che ce ne accorgevamo già guardando Nightmare Before Christmas: nei suoi film ci troviamo sempre davanti all’esistenza di due mondi paralleli, di cui uno proietta i desideri o le aspirazioni del protagonista. Nel caso di Jack Skeletron, la scoperta del mondo del Natale lo aiuta a interrompere la monotonia di cui si sentiva vittima all’inizio della storia. Per non parlare poi della tecnica di animazione a passo uno (appunto, la stop motion), che contraddistingue il regista e di cui è diventato uno dei maggiori esponenti. Eppure, tutti ricordiamo il VHS, e poi il DVD, con in cima scritto «Tim Burton’s The Nightmare Before Christmas».
The Nightmare Before Christmas è un film Disney
D’altra parte, sempre con riferimento alla copertina del VHS, chiunque avrà presente il simbolo, in alto al centro, della Touchstone Pictures. La Touchstone è stato un marchio Walt Disney Studios in uso fino al 2018, sotto il quale rientravano film non indirizzati ad un pubblico di bambini, come Chi ha incastrato Roger Rabbit, Good Morning, Vietnam o Pretty Woman.
La storia di The Nightmare Before Christmas e i suoi personaggi dall’aspetto cupo, con due grandi buchi neri al posto degli occhi e con corpi che si trasformano in sacchi pieni di insetti, spinsero la Disney a pensare che il film potesse non essere adatto a quello che è erroneamente considerato il classico pubblico dell’animazione: i bambini. Così solo crescendo abbiamo scoperto che dietro al nostro cartone di Natale preferito c’era la Disney.
Chi è appassionato di videogiochi se ne sarà accorto già intorno ai primi anni Duemila: in Kingdom Hearts, nato da una collaborazione tra Square Enix e la Walt Disney Company, il protagonista Sora viaggia insieme a Paperino e Pippo nei vari mondi ispirati ai classici Disney e tra questi mondi c’è – sorpresa! – quello di Jack Skeletron. Chi invece non si dedicava troppo alla PlayStation, avrà plausibilmente scoperto che Jack era un prodotto Disney nel pieno dell’epoca emo preadolescenziale, quando la Disney stessa era ormai forte del successo di Nightmare Before Christmas e aveva deciso di sfruttare il suo potenziale gotico con gadget e magliette a tema per teenagers presenti in tutti i DisneyStore.

Oggi sembra un dettaglio scontato, considerata l’eredità culturale e commerciale che Nightmare Before Christmas ci ha lasciato e che abbiamo imparato ad attribuire alla Disney, ma i bambini e le bambine degli anni Novanta come me, non ne sapevano nulla. Noi siamo cresciuti e invecchiati insieme a Jack Skeletron, prima amando il personaggio e custodendo le sue canzoni iconiche tra i ricordi d’infanzia, poi apprezzandone gli aspetti più cupi che ci hanno accompagnato nella nostra adolescenza. Si tratta, se vogliamo, di un caso particolare in cui un personaggio pop si trasforma effettivamente insieme alla generazione che per prima si è accorta di lui. E non stiamo parlando di un attore o di un’attrice, parliamo di un pupazzo senza età e senza tempo.
L’animazione merita un pubblico più esigente
Parlando dei primi trent’anni di Nightmare Before Christmas, ci rendiamo conto più che in altri casi (forse perché è proprio la Disney ad essere implicata?) che l’animazione è un modo di esprimersi adatto a tutti i tipi di pubblico. Già Marino Guarnieri, regista di Gatta Cenerentola, aveva parlato a Birdmen del fatto che a molti oggi sfugga quanto si tratti di una tecnica molto presente nelle produzioni che guardiamo e di cui ci appassioniamo. E del fatto che nonostante ciò in Italia, ma non solo, si tende a considerare l’animazione un genere piuttosto che un linguaggio, destinandolo quasi esclusivamente al mondo dell’infanzia, talvolta semplificando o riducendo il numero di storie che si adattano ad essere animate. La stop motion in particolare è una tecnica antichissima, usata sin dai primi del ‘900, ed è una soluzione perfetta per alcuni tipi di racconti, indipendentemente dal pubblico a cui sono destinati.
Se ci venisse chiesto, ciascuno di noi – adulto o bambino che sia – potrebbe citare almeno un film in stop motion a cui è incondizionatamente affezionato. La risposta di molti sarebbe proprio The Nightmare Before Christmas.
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