
Daisy Jones & The Six – Quando finisce la musica
Il 4 ottobre 1977, Daisy Jones & The Six si esibirono allo stadio Soldier Field di Chicago in un concerto completamente sold-out. Erano all’apice del loro successo, anche grazie al loro multipremiato album Aurora. Occupavano le copertine di ogni rivista, i fan li inseguivano per il mondo intero e sembrava che nulla al mondo potesse fermare la loro ascesa nell’Olimpo del Rock and Roll. Quella di Chicago tuttavia fu la loro ultima esibizione. Negli anni successivi tutti i membri della band hanno rifiutato categoricamente qualsiasi tipo di dichiarazione in merito alla loro esperienza, fino a quando un reporter, a decenni di distanza, è riuscito nel difficile compito di raccogliere tutte le loro testimonianze e di cercare in qualche modo di trovare la verità tra le loro menzogne.
Daisy Jones & The Six, la nuova serie di Amazon Prime Video firmata da Scott Neudstadter e Michael H. Weber, ha una sfida apparentemente invalicabile nell’adattare l’omonimo bestseller di Taylor Jenkins Reid: il libro difatti costruiva un tentativo di cronistoria della band fittizia protagonista, unendo le interviste alle persone coinvolte senza però mai intervenire direttamente. Ogni lettore aveva la possibilità di scegliere a chi credere, mantenendo comunque una visione quanto più d’insieme e per questo quasi imparziale. Una serie però non poteva funzionare con lo stesso formato. Sullo schermo l’intervista diventa eccessivamente statica e anche di difficile realizzazione. Nel libro difatti il reporter arriva a 40 anni di distanza dai fatti e senza un nuovo cast, l’invecchiamento con l’uso di trucco e protesi sarebbe risultato troppo forzato. La serie fa la scelta di anticipare l’incontro di vent’anni con dubbie scelte di abbigliamento e, per il bene della narrazione, opta per trasformare gran parte dei racconti orali in flashback. La moltitudine di punti di vista è annullata per seguire un’unica versione dei fatti, la più semplice e forse anche quella più ovvia.

La serie, come il libro dopotutto, capisce che ogni band si fonda su tensioni innate tra la direzione artistica ai problemi privati e trovare una sinergia che possa risultare fruttuosa e al contempo pacifica è pressoché impossibile. I Daisy Jones & The Six sono chiaramente ispirati ai Fleetwood Mac e in particolare al concepimento del album cult Rumors, avvenuto nel mezzo di rotture tra i componenti e gravi problemi di dipendenza dalle droghe. La serie sembra tuttavia evitare di raccontare tutti gli aspetti più controversi della band, cercando una strada estremamente e forzatamente sanitizzata e concentrandosi su triangoli amorosi didascalici.
Il nome della band, l’unione forzata di due concezioni di musica agli antipodi, indica fin dall’inizio il più grande elemento di conflitto della serie. I The Six esistevano già prima dell’arrivo di Daisy Jones (Riley Keough, nipote di Elvis), uno spirito libero con un triste passato alle spalle, ma solo quando il loro frontman, Billy Dunne (Sam Claflin), viene costretto a registrare Honeycomb, una canzone dedicata alla moglie Camila (Camila Morrone), insieme alla cantante, la band raggiunge in modo quasi istantaneo il successo che ha sempre ricercato. Se Billy è estremamente rigoroso per quello che riguarda la sua arte, Daisy si lascia guidare dal momento e dai suoi desideri, cambiando il testo delle canzoni al momento della registrazione o sparendo per giornate intere. La tensione tra loro due si trasforma presto in motore creativo e a partire dal quarto episodio, quando ormai è chiaro che il successo di The Six dipenda da Daisy Jones e viceversa, diventa anche il fulcro dell’intera serie, finendo per oscurare gli altri componenti della band.

La serie, rispetto al libro di Taylor Jenkins Reid, non desidera mettere Daisy Jones su un piedistallo per poi distruggere lentamente la sua immagine. Preferisce infatti mostrare la sua fragilità fin dal principio, mettendo a nudo il suo bagaglio di traumi dovuto alla difficile situazione famigliare e una serie di persone sbagliate che ha incontrato durante il suo percorso. Solo allora, quando il pubblico ha già conosciuto la facciata solitamente nascosta ai tabloid, la serie mostra perché Daisy Jones è diventata una delle protagoniste assolute del Rock and Roll di quegli anni. Daisy Jones & The Six, disponibile su Amazon Prime Video a partire dal 3 marzo con i suoi primi tre episodi, possiede una particolare sensibilità verso le sue protagoniste femminili, impegnandosi per non ridurle a meri accenni o parentesi nella storia di qualcun altro e rendendole i personaggi effettivamente capaci di trainare la narrazione.
Daisy Jones & The Six, a causa anche dell’originale struttura del romanzo, fatica nel trovare una voce convincente, perdendosi in quelli che sono i preconcetti più basici sulla scena musicale degli anni Settanta senza occuparsi di esplorare veramente il processo creativo della band protagonista. Mettendo in disparte la musica, la serie perde la sua specificità e la sua energia. Diventa così un racconto opaco dall’estetica troppo costruita e forzata per indagare e cogliere le ragioni del successo mondiale del romanzo di Taylor Jenkins Reid.
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