
After Life: c’è vita dopo la vita?
Con la terza stagione (della prima e della seconda avevamo parlato qui) di questa dark comedy in cui si ride, ma con gli occhi lucidi, Ricky Gervais ci trasporta per l’ultima volta nella sgangherata cittadina inglese di Tambury; lo fa con sei puntate, uscite su Netflix il 14 gennaio, di cui lo stand-up comedian britannico è autore, regista e protagonista, e che con una dolcezza ironica e appuntita cercano di rispondere all’annosa questione: cosa ci facciamo noi tutti qui? Senza pretendere di riuscirci, ça va sans dire.
Il vedovo quarantenne Tony riparte da dove lo avevamo lasciato: ricoperto dalla sua corazza di dolore, alcool e sarcasmo continua a cercare un senso alla morte dell’amatissima moglie Lisa e fa il giornalista a tempo perso per il quotidiano locale The Tambury Gazette, per il quale racconta le storie tragicomiche che scuotono questo piccolo borgo di provincia. Circondato da una galleria di personaggi assurdi, grotteschi, mediocri, falliti, eppure in qualche maniera aggrappati a quello che di bello riescono a strappare all’esistenza (umani, insomma), Tony trasforma la sua rabbia e il suo rancore in una sorta di rassegnazione pacificata, che definisce «contentezza». Lo fa semplicemente staccando lo sguardo da sé stesso e puntandolo verso chi gli sta intorno: amici, colleghi, gente che incrocia per caso, ognuno con le proprie idiosincrasie, le proprie piccole tragedie personali, con la voglia che il mondo si accorga, almeno per un po’, della loro esistenza.

Osservandoli come in uno specchio, con una tenerezza man mano sempre meno velata di cinismo, Tony alla fine lo realizza: in fondo siamo tutti sulla stessa barca, malandata e in balìa delle onde, e quindi tanto vale tendersi la mano e cercare di stare a galla insieme, perché come diceva il compianto e impareggiabile papà Ray, «la vita è come un giro di giostra: eccitante, spaventosa, veloce. E il giro è soltanto uno. Ti diverti finché poi non ce la fai più».
A farla da padrona assoluta, in questa stagione come nelle altre, è la scrittura, che oscilla abilmente fra un cinismo totalmente politically uncorrect (ed è interessante che Gervais sia uno dei pochi a potersi permettere certe incursioni senza temere levate di scudi) e punte di lirismo intimista: un ping-pong attentamente congegnato per disorientare lo spettatore, disarmarlo in vista della stoccata finale. L’attenzione assoluta ai dialoghi è testimoniata dalla relativa povertà delle componenti visive: le ambientazioni semplici, quasi archetipiche (casa di Tony, il suo ufficio e poco altro, ora che il nostro frequenta sempre meno il cimitero e la casa di cura dove alloggiava il padre Ray); la fotografia naturale e senza grandi velleità, se si esclude il guizzo conclusivo, che per un attimo ci trasporta in quella dimensione di sospensione onirica abilmente anticipata dal crescendo inedito e sinestetico di colori, suoni e azioni nel dipanarsi delle ultime scene.
Questo capitolo finale è la conclusione naturale della parabola umana e sociale di Tony; riprende i fili più o meno evidenti in cui avevamo lasciato a dibattersi gli altri personaggi e li scioglie in maniera dolce e brutale insieme, nell’unico modo possibile per Gervais: rendendo commovente la banalità del quotidiano e ridicola la grande tragedia che potrebbe colpirci da un momento all’altro.

E noi che guardiamo ci sorprendiamo a riconoscerci nel postino invadente fidanzato con una prostituta; nel fotografo Lenny per cui l’amore è guardare insieme Great British Bake Off e sapere che «se vedo una torta che mi piace, la mangerò il giorno dopo»; nella medium che si autopubblica romanzi d’appendice; nel vicino di casa abbandonato dalla moglie che va in giro a raccontare battute inquietanti agli sconosciuti. Cosa abbiamo in comune con questa umanità improbabile e variegata? Per quanto incasinati, confusi, disorientati, with a little help from our friends, resistiamo. Perché dopo la vita, che lo vogliamo o no, c’è sempre altra vita.

Dal 2015 Birdmen Magazine raccoglie le voci di cento giovani da tutta Italia: una rivista indipendente no profit – testata giornalistica registrata – votata al cinema, alle serie e al teatro (e a tutte le declinazioni dell’audiovisivo). Oltre alle edizioni cartacee annuali, cura progetti e collaborazioni con festival e istituzioni. Birdmen Magazine ha una redazione diffusa: le sedi principali sono a Pavia e Bologna
Aiutaci a sostenere il progetto e ottieni i contenuti Birdmen Premium. Associati a Birdmen Magazine – APS, l‘associazione della rivista