
Il sacro ci tocca – I Teatri del Sacro OFFSHORE a Milano
Il Festival I Teatri del Sacro prende il largo e da Ascoli Piceno arriva a Milano: dall’11 novembre al 9 dicembre, sei spettacoli (Misericordia, Luce dalle ferite, Piccoli Funerali, Settanta volte sette, Cucinar Ramingo, Aspettando Giona) proposti nell’ambito della rassegna OFFSHORE a cura del Teatro degli Incamminati insieme al Teatro Oscar deSidera, dedicata ai giovani e alle compagnie emergenti, presso la Sala Gregorianum, tra Stazione Centrale e Lima.

Se il freddo, il buio e l’abbandono sono le sensazioni che comunica via Vitruvio, la Sala Gregorianum accoglie il futuro spettatore in un ambiente invece familiare, che ricorda quello di un salone oratoriano accogliente e un po’ fuori dal tempo: un angolo dove rifugiarsi dalle ombre. Sono proprio le ombre dell’animo umano quelle che il Festival indaga: paura, dolore, rabbia, se narrate, possono far posto alla speranza, all’empatia, al perdono. Le ombre nascondono la luce. Luci e ombre del nostro animo si fanno carne nei corpi: è ciò che avviene a teatro. Ed è ciò che I Teatri del Sacro, con la direzione artistica di Fabrizio Fiaschini, ricercano a partire dalla prima edizione del 2009 a Lucca, fino a quella del 2022 ad Ascoli Piceno. Il Festival raduna artisti professionisti e non, emergenti e consolidati, intorno a una comune domanda: che cosa significa sacro nel 2022?
È sacro il conflitto interiore di una giovane ragazza che è assetata di futuro e sogna di fare la giornalista. Durante il colloquio per essere assunta come redattrice comprende che il suo lavoro sarà scrivere articoli clickbait e fake news perché è ciò di cui sono assetate le persone: rabbia e indignazione per chi sta peggio, per sentirsi meglio. La giovane è indecisa ma anche lei ha sete e accetta il prezzo del bicchiere d’acqua che le viene offerto. Dare da bere agli assetati è uno dei sette episodi di Misericordia, spettacolo collettivo – a cui hanno collaborato più compagnie e artisti con il coordinamento registico di Giacomo Ferraù – che fa prendere vita alle Sette opere di Misericordia di Caravaggio. Sono circa una trentina gli artisti che mettono in scena questi tableaux vivants riattualizzandoli: i valori messi in discussione, i problemi e i cambiamenti della società del 2022 forse non sono poi così lontani da quella del 1600. Epidemie comprese. I sette episodi si susseguono uno dopo l’altro a un ritmo serrato a cui lo spettatore non sempre riesce a stare al passo.

Sacra è la semplicità con cui Maurizio Rippa cerca il contatto con il pubblico, prima presentando sé stesso e lo spettacolo, poi invitando delicatamente gli spettatori a diventarne parte attiva. Piccoli funerali è andato in scena in tanti luoghi – in chiesa, al cimitero – ma mai in teatro: non più solo teatro fuori dai teatri, ma anche il fuori che entra a teatro. Rippa, contraltista accompagnato dalla un po’ dolce e un po’ malinconica chitarra di Amedeo Monda, ricorda chi non c’è più con un rituale laico che ha alla base gli stessi elementi di quello sacro: l’azione, il canto e la condivisione del dolore. Dolore che ci rendiamo conto essere qualcosa che ci accomuna davvero profondamente dato che la platea, composta per lo più da universitari ventenni, si alza quasi tutta in piedi in un’ordinata processione per portare a Maurizio Rippa il nome di chi non si vuole dimenticare perché non c’è più. Il teatro si fa vera comunione: i fedeli spettatori, che aspettano il loro turno in fila per consegnare al performer il bigliettino, mettono in comune ricordi attraverso il rito.

Sacro è il perdono quando non significa rinunciare alla verità, ma ricordare e riscattare. Le protagoniste di Settanta volte sette, di Controcanto Collettivo, sono due Antigone indignate per la mancata sepoltura di chi non c’è più: dare adeguata sepoltura significa fare luce sulla verità affinché chi è morto possa riposare in pace. Le due Antigone spingeranno i loro Creonte, accecati dalla rabbia e dal dolore, ad ascoltarsi, toccarsi e riconoscere la dignità che c’è ancora nell’uno e nell’altro. La complessità e le molteplici sfaccettature della realtà sono rese anche dalla lingua: l’italiano macchiato dal romanesco, quasi come un’eco gaddiana, aiuta a cogliere i differenti ambienti e classi sociali da cui provengono i personaggi; le macchie dialettali però non sono solo spia di una classe inferiore, ma anche di un modo di esprimersi più diretto e familiare, simbolo di un’umanità profonda che supera ceto e provenienza.

Il sacro è la potenza che investe gesti, azioni, persone. Questa potenza innesca un comportamento umano particolare, diverso da quello quotidiano: ne sono prova le azioni di questi spettacoli, semplici ma potenti, capaci di arrivare dirette all’animo degli spettatori, prima ancora che alla loro coscienza. I Teatri del Sacro dimostra che il sacro non rimane confinato alla Bibbia o alle religioni ma appartiene anche a noi, ancora oggi. E avremo sempre bisogno di dargli un nome e renderlo carne nella nostra vita. Il sacro ci tocca, ci spetta. Come il teatro quando trova il coraggio di andare oltre le categorie ed essere davvero di tutti.
Misericordia
Con le Compagnie e gli artisti Beppe Casales, Collettivo Treppenwitz, Compagnia Caterpillar, Compagnia Lumen, Elena D’Agnolo, Adele Di Bella, Domesticalchimia, Eco di fondo, Simone Faloppa, Fartagnan Teatro, Rossella Guidotti, Usine Baug
Coordinamento registico Giacomo Ferraù
Produzione Campo Teatrale
Piccoli Funerali
Di Maurizio Rippa
Con Maurizio Rippa e Amedeo Monda
Produzione 369gradi
Settanta volte sette
Drammaturgia originale Controcanto Collettivo
Ideazione e regia Clara Sancricca
Con Federico Cianciaruso, Riccardo Finocchio, Martina Giovanetti, Andrea Mammarella, Emanuele Pilonero, Clara Sancricca
Produzione Controcanto Collettivo
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[…] Spettacolo vincitore del Festival I Teatri del Sacro 2019, Settanta volte sette della compagnia emergente Controcanto Collettivo, è una storia di perdono inteso come ricordo e riscatto. Drammaturgia e azioni raccontano in modo semplice e potente una realtà complessa e attuale, arrivando dirette all’animo degli spettatori, prima ancora che alla loro coscienza. La complessità del reale è resa anche dall’italiano macchiato dal romanesco, spia di un modo di esprimersi diretto e familiare, simbolo di un’umanità profonda. Il teatro può raccontare l’umanità quando trova il coraggio di andare oltre le categorie ed essere davvero di tutti: Settanta volte sette ne è la prova. Leggi l’articolo completo di Stella Civardi […]