
Dove, come e perché guardare ‘Farha’
«Dovrebbe ormai risultare chiaro che il mito della fondazione di Israele, secondo il quale – in risposta all’appello fatto dai capi arabi di lasciare via libera agli eserciti di occupazione – appena iniziò la guerra ci fu un volontario esodo dei palestinesi, fa acqua da tutte le parti. È pura invenzione che gli ebrei tentarono di persuadere i palestinesi a restare, cosa sulla quale si insiste ancora oggi nei libri di scuola israeliani. Come abbiamo potuto constatare, centinaia di migliaia di palestinesi erano già stati espulsi con la forza ancor prima dell’inizio del conflitto e altre decine di migliaia lo sarebbero stati nel corso della prima settimana di guerra. Per la maggior parte di loro, la data del 15 maggio 1948 allora non aveva un particolare significato: era semplicemente un altro giorno nel tremendo calendario di pulizia etnica che era iniziato più di cinque mesi prima.»
Ilan Pappe, La pulizia etnica della Palestina, Fazi Editore 2008

C’è un motivo se Orwell invertì le ultime due cifre del 1948 per dare un titolo al suo romanzo più celebre. Il 1948 è l’anno che sancisce l’inizio della mai risolta scissione tra Est e Ovest, in cui le grandi potenze si compattano per fronteggiarsi l’una contro l’altra e in cui si gettano le basi delle future guerre per procura. Era un anno ricchissimo per gli autori di distopie e altri incubi futuribili e le prove generali di quegli incubi (a discapito delle tanto decantate crescite economiche) che si sarebbero susseguiti nei decenni a venire avvennero però dove nessuno guardava o chi guardava faceva finta di non vedere: in Palestina. È il marzo del 1948 quando in Palestina si dà inizio al “Piano Dalet” (o più semplicemente Piano D), ovvero una gigantesca opera di espulsione all’interno della guerra arabo-israeliana che colpì più di 700.000 palestinesi. “Guerra” però non è il termine esatto dal momento che in un conflitto armato generalmente le forze in campo hanno, almeno in partenza, eguali possibilità di vittoria. Il Piano D, portato avanti dall’Haganah (in ebraico “La Difesa”, forza paramilitare israeliana poi integrata nell’esercito regolare), era in realtà un vero e proprio piano di sterminio in un paese che praticamente non aveva difese; un’autentica pulizia etnica (in ebraico tihur come la chiamava Ben Gurion nei suoi diari). Un incubo silenzioso (o meglio silenziato) in un mondo che non aveva ancora iniziato a metabolizzare gli orrori del conflitto mondiale appena conclusosi. In questo contesto e periodo, la regista giordana Darin J. Sallam ambienta una storia vera (solo i nomi sono stati cambiati) per raccontare la verità, prima ancora che una storia o la Storia. Serve a poco parlare di Farha, niente può farlo meglio del film stesso: è necessario però fare alcune premesse per chi volesse guardarlo su Netflix e non sapesse come fare.

Farha è un film del 2021 della regista Darin J. Sallam. Presentato in concorso al Toronto Film Festival, il film ha vinto quest’anno il premio nella categoria “Best Youth Feature Film” agli “Asia Pacific Screen Awards” ed è attualmente in lizza per gli Oscar 2022 nella categoria “Miglior Film Straniero”. Il film è stato proiettato al Festival del Cinema di Roma lo scorso anno, ricevendo un tiepida accoglienza da parte della critica, ma niente di più. Irreperibile nelle sale, il film ha ripreso a far parlare di sé in questi giorni, da quando è stato reso disponibile a partire dal 1º dicembre su Netflix. Vederlo però, almeno in Italia e fuori dagli USA, potrebbe essere un po’ più complicato del previsto. Per fortuna sui social il passaparola sul film è molto attivo e se si chiede aiuto alla pagina ufficiale di Farha è facile riceverlo. In breve, se volete vedere il film e non siete residenti negli USA, dovete accedere a Netflix da un browser internet (non dall’app quindi), andare sulla matita sotto l’icona del vostro profilo e cambiare lingua. Impostando la lingua inglese, troverete il film e sarete in grado di riprodurlo. Purtroppo al momento il film è disponibile coi soli sottotitoli inglesi (e audio arabo) ma vi invitiamo comunque ad affrontare la visione poiché dalla metà in poi non ha più importanza capire cosa dicano i vari personaggi. Come nella realtà che il film descrive, le immagini parlano da sole.

Farha è la storia di una ragazza, Farha appunto, che sogna di andare a scuola. Non le basta l’istruzione religiosa – anche quella rara nei villaggi – e supplica il padre di iscriverla a una scuola cittadina. Ma l’anno è appunto il 1948 e la vita dei palestinesi sta per essere sconvolta. Prima gli inglesi che se ne vanno, terminato il loro mandato, sotto le pietre e le ingiurie dei legittimi abitanti che credono così di essere rientrati in possesso della loro terra, poi, poche ore dopo, la “catastrofe”, in arabo Nakba, ovvero colpi di cannone che piovono dal cielo, mitra in lontananza sempre più vicini e voci megafonate che esortano gli abitanti dei villaggi a lasciare le loro case. Farha assiste a tutto questo incredula e impotente e la sua vicenda, ispirata per non dire ricalcata sulla vera storia di una ragazza di nome Radieh, amica della madre della regista, è anche in nuce la storia della Palestina tutta dal ‘48 in poi. Una storia di orrore e impotenza mentre la violenza colonialista imperversa in tutto il Paese. Sono immagini potentissime e truci quelle che si susseguono sullo schermo superata la prima metà del film. Immagini che sono una prova di resistenza per lo spettatore, resistenza a non distogliere lo sguardo.

Perché guardare Farha? Certamente perché è bello, è forte, è fondamentale per conoscere un periodo storico mai abbastanza approfondito (per molti la storia della Palestina moderna inizia con la Guerra dei sei giorni) e che ha ricadute sull’attualità più stringente. Tuttavia c’è un motivo ancora più concreto: su molte piattaforme di recensioni, in primis IMDB ma non solo, il film sta ricevendo una pioggia di recensioni negative (una vera e propria campagna d’odio) e non tanto per il film in sé quanto per la portata politica dello stesso. Il modo migliore per contrastarla è vederlo e parlarne, parlarne, parlarne senza pregiudizi di sorta. Pochi prodotti come Farha ci ricordano che si può fare la differenza anche solo guardando un film.
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