
Cinque consigli di lettura da Più Libri Più Liberi – Parte II
A distanza di qualche giorno dalla chiusura della fiera del libro di Roma, torniamo su Birdmen fare un po’ di chiarezza sulla moltitudine sconfinata di librame cartaceo in cui ci siamo immersi. Passando di banchetto in banchetto – fra volti esagitati, sornioni e dormienti; fra oratori ciceroniani e filosofi afasici – abbiamo raccolto in un’istantanea sbiadita l’impressione complessiva di Più Libri Più Liberi, e della fauna zoologicamente indefinibile che l’ha animata. Con questo articolo e con quello precedente, abbiamo voluto dare vita a una rubrica di piccoli consigli la cui vita editoriale non supererà, per longevità, quella di una splendida farfalla; ma che noi speriamo, con arroganza e leggerezza giovanile, ne ricalchi la spensierata bellezza. Volendo riassumere questa supercazzola impressionista in pochi caratteri, potremmo dire: di nuovo, cinque consigli di lettura dal multiforme abisso dell’ambiente mediale romano. Per voi.

Partiamo dalle fondamenta, e quindi dall’immaginario. Introduzione alla mitodologia. Miti e società (Mimesis, 2022; 18€) raccoglie in un solo volume gli studi di Gilbert Durand successivi alla pubblicazione di Le strutture antropologiche dell’immaginario, testo che aveva destato una certa attenzione nei primi anni Sessanta e che ha influenzato fortemente la sociologia dell’immaginario degli anni a venire. A partire da una questione fondante – e cioè dalla rilevanza del “mito” e dell’immagine nelle società contemporanea –, Durand riflette sulle modalità di costituzione dell’immaginario e sul ruolo dell’immaginazione nella strutturazione delle sue radici, facendo riferimento a studiosi come Bachelard, Bastie, Jung, Lévi-Strauss, Thom, Freud e altri ancora, accostando l’analisi scientifica alla sapienza divulgativa – o, come dice scherzosamente lo stesso Durand, avvicinando le scienze esatte a quelle “inesatte”, e quindi umanistiche.

Nonluoghi (Eleuthera, 2018; 13€) è uno dei testi più conosciuti di Marc Augé, che si interroga – e, allo stesso modo, interroga il lettore contemporaneo – sullo statuto geo-sociale dell’anonimato topografico della “surmodernità”, e dunque su quei luoghi che vengono concepiti per riflettere l’a-topicità della frammentazione postmoderna. Autostrade, aeroporti, supermercati, campi profughi, pompe di benzina, hotel: Augé porta avanti quella che la quarta di copertina definisce una «etnologia della solitudine», finendo per inquadrare nel suo breve saggio la consistenza anonima e immateriale della relazione contemporanea fra l’Uomo e gli ambienti mediali che abita – cui paradossalmente risponde l’iper-specificità dei fenomeni di schedatura, intesi come dispositivi di controllo ai quali finisce per sottoporsi.

Davanti al dolore degli altri (Edizioni Nottetempo, 2021; 15€) è il risultato della riflessione fotografica, etica e filosofica di Susan Sontag, considerabile come una delle intellettuali più eclettiche e rilevanti del XX secolo. A partire dal concetto di “shock”, già concettualizzato in vesti diverse da Benjamin e dalla Scuola di Francoforte in generale, Sontag avvia un ragionamento sul potenziale valore “traumatico” dell’immagine fotografica – dalle foto dei lager nazisti a quelle degli effetti del napalm in Vietnam –, ponendo interrogativi che dall’ontologico spaziano fino al deontologico e all’etica mediale, con l’obiettivo di chiarire il limite fra realtà e riproduzione, fra compartecipazione e voyeurismo, fra visibilità e invisibilità. Da leggere in tandem con Sul guardare di John Berger.

Io sono il fotografo. Blow-Up e la fotografia (ContrastoBooks, 2018; 24,90€) costituisce uno dei testi d’approfondimento più recenti e interessanti che riguardano il film di Antonioni vincitore nel ’66 del Premio della Giuria di Cannes. Il testo miscellaneo riunisce gli interventi di intellettuali e critici internazionali, accostati da interviste e materiali spuri – fra i quali emergono, soprattutto, le 21 fotografie originariamente realizzate da McCullin per il film del regista italiano. In relazione a Blow-Up, poi, il volume introduce anche il rapporto dialogico con l’opera che ne aveva scaturito l’ispirazione, ovvero il racconto Le bave del diavolo del geniale argentino Cortázar. Nel complesso, si tratta di un interessante accostamento di interventi testuali e fotografici, che vede nella pubblicazione di alcuni materiali inediti dell’Archivio Antonioni un’ulteriore motivo d’interesse.

Cancel Cinema. I film italiani alla prova della neocensura (Aras Edizioni, 2021; 18€) rappresenta l’anticipazione provocatoria e quasi viziosa di un processo che Alessandro Chetta immagina futuramente applicabile al periodo d’oro del cinema italiano. Facendo leva su una discussione del panorama culturale contemporaneo che dagli Stati Uniti è giunto imperversando fino all’Europa e, ovviamente, all’Italia, Chetta ragiona su pregi e limiti di quella che viene comunemente chiamata cancel culture, cercando – non senza qualche rischio – di fare chiarezza su un meccanismo di rivalutazione del passato secondo i criteri estetico-morali del presente. Sul sito della casa editrice riassumono così la questione sottesa dal libro: «Totò farà la fine di Dumbo?». Un libro per i più polemici, ma anche per leggere fra le righe i cambiamenti socioculturali degli ultimi decenni.
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