
Darkling – Quando la Storia è oscura | BFF5
La guerra etnica consumatasi in Kosovo fra il 1998 e il 1999 rappresenta una delle pagine più sanguinose della Storia recente dell’Europa dell’Est, nonché uno dei conflitti più complessi da inquadrare in un semplicistico rapporto di cause ed effetti. Anche in seguito alla forzata conclusione del conflitto, imposta dalla NATO attraverso una campagna di bombardamenti aerei, il territorio kosovaro è stato oggetto di una dialettica di penetrazioni e tensioni etniche che hanno influito pesantemente sulle vite della sua popolazione serba e albanese. È a questo contesto storico e umano che fa riferimento Darkling, terzo lungometraggio di Dušan Milić dopo Jagoda: fragole al supermarket (2003) e Gucha (2007): presentato nella scorsa edizione del Trieste Film Festival, dove si era aggiudicato il Premio del pubblico, il terzo film del regista serbo affronta gli strascichi post-bellici della guerra kosovara seguendo una partitura che vira dal thriller psicologico all’horror, raccontando la guerriglia etnica che nel 2004 aveva costretto un’intera comunità ad abbandonare le proprie case. Ne parliamo dal quinto Balkan Film Festival di Roma, organizzato dalla Casa del Cinema.

Miliča è una bambina di undici anni che vive con la madre e il nonno in una casa fatiscente posta nel mezzo di una foresta. Il padre e lo zio sono scomparsi un anno prima, all’improvviso, uscendo di casa per andare a lavorare i campi e non facendo più ritorno. Nonostante una progressione di eventi che agli occhi dei bambini del villaggio appaiono misteriosi e violenti, il nonno di Miliča impone alla propria famiglia un’attesa ossessiva per il ritorno del figlio e del genero – sfidando l’oscurità che circonda la casa e i nemici invisibili che la controllano. Nel frattempo Miliča scrive, su indicazione della maestra del villaggio, una lettera indirizzata alle Nazioni Unite, che diventa lo specchio della condizione diasporica e mutilata del Kosovo intero; una lettera che si configura come unico ponte mediale per un mondo altro, un mondo più libero, dove il patrocinio militare e burocratico della NATO (prima sotto bandiera italiana, e poi sotto bandiera americana) non sia più necessario, e i bambini non vengano più portati a scuola a bordo dei cingolati da guerra.
Nonostante la visceralità degli argomenti trattati, Darkling si avvale degli strumenti archetipici della narrazione orrorifica d’oltreoceano. La casa-fortezza (la casa nel bosco!) protetta da palizzate e fil di ferro, cui è stata legata l’argenteria della cucina per riconoscere in anticipo gli intrusi; i jump-scare realizzati con degli ottimi giochi di luce; la trappola nascosta in apertura di film e presto dimenticata; il Male invisibile ed estraneo; la cura della dimensione aurale, la cura del suono – sono tutti elementi che concorrono nell’impostazione di una narrazione tradizionale, rigidamente divisa in atti e, da un punto di vista evenemenziale, dilatata fino all’inevitabile epilogo.
Il contesto storico in cui Milić ha ambientato il film assume in questo frangente un valore imprescindibile, arricchendone l’altrimenti regolare struttura narrativa, e spinge lo spettatore a relazionarsi con un paratesto di grande interesse. La mancanza di elettricità nell’abitazione, dovuta appunto alle condizioni di vita degradate del villaggio kosovaro, diventa poi un ottimo pretesto per la realizzazione di sequenze chiaroscurali molto suggestive, e per un utilizzo della luce fortemente tematizzato – la traduzione del film, d’altronde, è letteralmente “oscurità”; ed è attraverso quell’oscurità che un occhio nascosto osserva i movimenti di Miliča e della sua famiglia, in attesa di violare lo spazio domestico.

La sensazione complessiva, però, è che il film di Milić, giunto alla metà del suo arco narrativo, si perda nelle ombre che esso stesso ha creato – rimanendo sospeso fra l’intenzione di girare un film storico o di denuncia, un thriller o un film autoriale, con il risultato di riuscire solo parzialmente in ciascuno dei suoi intenti. La regia di Darkling d’altra parte rispecchia quest’indecisione di fondo, alternando momenti di ottimo cinema (pensiamo soprattutto alle sequenze dedicate al tema dello sguardo, impostate dall’interno del carroarmato o dall’esterno della casa di Miliča) a un didascalismo prosaico, che a tratti si macchia di stravaganze poco comprensibili. L’ossessione priva di sfogo del nonno di Miliča finisce per diventare così la nostra, e il finale incendiario – che suggerisce una circolarità della condizione di esule della famiglia della protagonista, fuggita in passato da una casa in fiamme – non riesce a rendere del tutto giustizia alla rilevanza storica della vicenda trattata.
Nel complesso si potrebbe dire che il film risulti abbastanza godibile, soprattutto in virtù delle “strategie della tensione” che Milić dissemina lungo il testo filmico, ma che non riesca a nostro avviso a costituire una pietra di paragone da rapportare alle narrazioni post-belliche di film più blasonati. La Storia è fitta e oscura – e così Darkling finisce per nascondersi fra le ombre.
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