
Omero, Erodoto e Bellocchio – Esterno Notte e Un funerale Senza Salma.
In una delle ultime scene di Buongiorno, Notte (2003) di Marco Bellocchio, un sogno della brigatista Chiara ritrae l’Aldo Moro di Roberto Herlitzka mentre passeggia per Roma. Nell’esordio di Esterno Notte (2021) invece, troviamo Moro stremato, scampato all’esecuzione, mentre rivolge ai vertici del potere in visita uno sguardo giudicante, offeso, martire. Due ucronie allucinatorie e tarantiniane, due riscritture, seppur momentanee, della Storia.

Non è quindi un caso se Esterno Notte si trova proprio a discorrere del modo che ha l’essere umano di scrivere e riscrivere la Storia finché la verità non diviene un’enigma nebbioso. Come nel film del 2003, l’infedeltà storica, l’immaginazione come dato di realtà, sono atti di ribellione alla “fatalità religiosa” della cronaca e agli esiti tragici della vicenda. Non a caso, Marco Bellocchio ha più volte fatto riferimento a un paragone tra Omero ed Erodoto, mentre presentava il film al suo Bobbio Film Festival. Da una parte l’epica, dall’altro il racconto del reale, la Storia. Due tipologie di narrazione antipodiche che in Esterno Notte coesistono e instaurano una riflessione sull’atto stesso del raccontare.

Il rapporto tra Bellocchio e il racconto degli anni del terrorismo brigatista inizia nel 1995, quando Rai3 gli commissiona il documentario Sogni Infranti. Ragionamenti e Deliri, in cui l’autore si trova a fare i conti con il fanatismo, le dimenticanze ideologiche e le rimozioni di un’intera generazione, che nel toccante Marx Può Aspettare (2021) assumono i tratti di un rimorso individuale, genealogico e privato, prima che collettivo. E anche quando non si riferisce schiettamente alla nostra Storia, come ad esempio in Enrico IV (1984) o ne La Visione del Sabba (1988), Bellocchio non può esimersi dal fare dell’essere umano il terreno di scontro tra psiche e idea, tra tormento interiore e proiezione collettiva.

In Buongiorno, Notte, il Caso Moro diventa trauma emblematico di una riflessione sulla Storia e sull’individuo che in Esterno Notte sembra arrivare a compiersi. Ma questa ultima monografia non è da intendersi come un mero controcampo del suo film predecessore, una riproposizione in chiave pubblica, per l’appunto esterna della stessa storia. Anzi, condivide con lui una vena monologante, claustrofobica, oltre che la solitudine e l’isolamento dei vari personaggi che si succedono episodio dopo episodio. È da intendersi, piuttosto, come una messa in abisso, una divaricazione certamente temporale ma soprattutto psicologica, narrativa, che da una parte estende lo sguardo sui fatti alludendo a bivi, sotterfugi e colpevolezze taciute, dall’altra attesta la vittoria della rappresentazione sul reale, la fiducia nel cinema come ri-articolazione del passato, nel momento stesso in cui lo enuncia.
In Esterno Notte, le fitte reti della Storia si smagliano nelle molteplici interiorità dalle quali è colta. È soprattutto nella resa individuale di una vicenda collettiva, nella restituzione simbolica dei fantasmi, dei tic, delle ossessioni e delle allucinazioni dei personaggi a confronto con la Storia che Bellocchio riesce ancora a esprimere l’onirismo che ha connotato il suo cinema più complesso. In quest’ultima virtuosa operazione, non si lascia ammansire dal formato seriale, anzi lo sfrutta per muovere i personaggi a piacimento, farli narratori, strumenti, vittime, carnefici, testimoni e complici, lasciando il potere silente, condannato a rappresentare una domanda tragica e irrisolta.

In fondo, anche questa è responsabilità di un autore: produrre una domanda. E la natura interrogativa e incalzante di Esterno Notte nei confronti della Storia non scade mai nella dietrologia, piuttosto psicanalizza un Paese smarrito, orfano, istericamente metamorfico e vacillante in termini di istituzioni. E lo fa anche attraverso le sue interpretazioni granitiche e soliloquianti. Su tutti, spiccano Il Moro di Gifuni, in una prova più convincente rispetto a quella di Romanzo di Una Strage di Marco Tullio Giordana, Eleonora Chiavarelli, la vedova Moro interpretata da Margherita Buy, ma soprattutto il Cossiga Shakespeariano di Fausto Russo Alesi, vero simbolo della vulnerabilità istituzionale, umana, psicologica di un intero Paese. Sono i dettagli di un affresco che mette in scena il suo stesso affrescarsi, reiterando il confronto tra i caratteri e la mediatizzazione di una vicenda che vivono in prima persona: il Paolo VI di Toni Servillo costretto spettatore della sua stessa assenza alla Via Crucis, Roma imbalsamata in un set di Cinecittà, il reenactment didattico del rapimento di alcuni studenti di Cinema, l’affastellamento di giornali, foto segnaletiche, immagini di archivio, icone della Storia, nella storia.

Insomma, la domanda che Esterno Notte riesce a porre è biunivoca: interroga sia il nostro passato sia il modo che abbiamo di immortalarlo. Oltre che la messa a nudo di un potere bambino, imbarazzato e immobilizzato dal lungo sonno istituzionale, rivela il delitto delle immagini sul reale, la certezza con cui il racconto surclassa gli eventi che narra, con cui Omero sopravvive ad Erodoto, l’immagine a quello che mostra. La specularità tra il Moro appena sequestrato che guarda in camera e il suo sguardo bendato, occluso, definitivo, sembra significare proprio questo: l’incapacità dell’umano di guardare al presente senza mediazioni.
Quello che molti iperbolizzeranno come “Il Funerale della Repubblica”, restituito non a caso da immagini del reale, appare come una funzione senza salma, un lamento senza offesa, un simulacro di cordoglio istituzionale privato del suo referente, insomma una finzione. Esterno Notte è un’opera che attesta che quello di Marco Bellocchio – La Conversione, atteso per il 2023, sarà il suo ultimo film – rimane uno sguardo profondo e complesso, minuziosamente attento ai processi sociali e psicologici del presente, anche nel suo indagare la Storia, il suo scriversi e riscriversi. Esterno Notte, dal 14 Novembre su Rai1 e Rai Play, parla dei modi che ha il potere di auto-ritrarsi, della segreta ammirazione dei nevrotici per il gesto estremo, del senso di colpa clericale in termini masochistici, della cronaca come fantasma delle nevrosi e delle psicosi di un popolo.
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[…] disputato e rapito dalle interpretazioni, dai credo e dalle ideologie (come in Buongiorno ed Esterno Notte, Bella addormentata, Marx può aspettare, aspettando il prossimo lavoro sul caso Tortora), […]