
Vatican Girl – Il caso di Emanuela Orlandi senza filtri
Sull’onda del successo del true crime, che è costato ultimamente non poche critiche a Netflix per Dahmer – Mostro, la piattaforma ha rilasciato lo scorso 20 ottobre la miniserie Vatican Girl: La scomparsa di Emanuela Orlandi. Con la regia di Mark Lewis, già famoso per Giù le mani dai gatti: caccia a un killer online, e la produzione a cura di RAW, la serie si sviluppa in quattro episodi che cercano di sciogliere nel modo più esaustivo possibile i nodi di uno dei casi di cronaca più famosi in Italia e – senza troppi dubbi – nel mondo.

Il caso è quello di Emanuela Orlandi, la cittadina quindicenne di Città del Vaticano scomparsa nel nulla il 22 giugno 1983. Da allora e per i successivi 37 anni si sono susseguiti una serie di indizi che hanno portato all’apertura di diverse piste. La famiglia Orlandi non ha mai trovato pace.
Emanuela non era una semplice ragazza, ma una ragazza del Vaticano
Andrea Purgatori, giornalista che al tempo dei fatti lavorava per Il Corriere della Sera, è il principale narratore della serie. È lui che inizia a raccontare la storia e lo sforzo investigativo dietro la scomparsa di Emanuela, così spiega subito le difficoltà della vicenda: «Emanuela non era una semplice ragazza, ma una ragazza del Vaticano». Ed è proprio per il coinvolgimento della Chiesa, dalla stessa sempre negato, che al caso è stato riservato sin dall’inizio un altissimo livello di attenzione mediatica. Chiunque si ricorderà di averne sentito parlare almeno una volta nella sua vita, basti pensare al moto altalenante con cui sono comparsi nuovi indizi e testimonianze anche in anni più recenti.

Eppure, con la miniserie di Lewis si ha la sensazione che un velo di sabbia sia stato soffiato via dagli archivi, come se finalmente si parlasse di Emanuela Orlandi senza filtri. Il documentario racconta i fatti in modo lineare, seppur attraverso testimonianze di ieri e di oggi: non solo interviste ai familiari, a giornalisti, avvocati e a quelli che si presentano come testimoni diretti, ma anche registrazioni e vecchi articoli di giornale, comunicati stampa, telefonate. Il quadro è chiaro, non si fa fatica a seguire la linea narrativa.
Mano a mano che le scene si susseguono si ha la sensazione di rivivere momento per momento quello che deve aver vissuto la famiglia di Emanuela dal giorno della scomparsa ad oggi. Ad ogni nuovo indizio apriamo con loro un foro in una parete per poi avere di nuovo la sensazione claustrofobica di trovarci in un vicolo cieco. La frustrazione che si percepisce è angosciante, ma allo stesso tempo è difficile staccarsi dallo schermo. Per chi non ha mai seguito il caso da vicino, Emanuela diventa più di una foto in bianco e nero e di un flauto impolverato – il simbolo, l’oggetto che portava con sé il giorno della scomparsa. Emanuela diventa una ragazza con una voce e con dei ricordi condivisi con persone a lei vicine e che ancora la stanno cercando. Alla fine dell’ultimo episodio, lo spettatore aspetta insieme ai familiari agli avvocati, ai giornalisti, una risposta.
Il Vaticano non ha preso parte al documentario
Le ipotesi intorno alla scomparsa di Emanuela Orlandi hanno seguito varie direzioni: il terrorismo internazionale, la malavita di Roma e poi la Mafia, la possibilità di un falso sequestro. Il punto in comune di tutte le piste che iniziano il 22 giugno 1983, è la possibilità che il rapimento di Emanuela fosse il mezzo per ricattare lo Stato del Vaticano. Il motivo del ricatto è anche questo oggetto di più ipotesi. Il Vaticano però non si è mai pronunciato sul caso, con la scusa che al momento della scomparsa Emanuela si trovava sul suolo italiano; né ha mai fornito risorse o aiuti per la risoluzione del caso, nonostante la ragazza fosse figlia di un dipendente dello Stato.

Il Vaticano ha scelto il silenzio e lo ha fatto anche in questo caso, non rilasciando nessuna intervista per il documentario di Lewis. La miniserie manca quindi di una testimonianza diretta di quello che sarebbe un attore importante nella vicenda, almeno in base a quanto raccolto finora, ma a livello narrativo non se ne sente la mancanza. Certo, sarebbe stato interessante sentir parlare la Chiesa a riguardo, ma il giorno in cui questa si esporrà sarà probabilmente il giorno in cui scopriremo la verità sul caso di Emanuela. O meglio questo è quello che racconta Vatican Girl.
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