
Perché nessuno ricorda il primo film su Buzz Lightyear?
Attenzione: il seguente articolo contiene spoiler sul film Lightyear – La vera storia di Buzz | È il 2000 e nelle televisioni spopola ancora la Summer Card di Megan Gale. L’anno precedente nei cinema di tutto il mondo è uscito Toy Story 2 sbancando ovviamente tutti i botteghini possibili. Per mantenere attiva questa scia di profitto, la Disney e la Pixar con l’aiuto della Disney Television Animation rilasciano nell’agosto del 2000 (da noi sarebbe arrivato l’anno successivo) Buzz Lightyear da Comando Stellare – Si parte!, film d’animazione direct-to-video con protagonista il giocattolo spaziale di Andy Davis. Si tratta a tutti gli effetti di un episodio pilota dell’omonima serie animata durata ben 65 episodi. Ad oggi, grazie ai ciclici revival ventennali tipici dei nostalgici (vedi “Sapore di Male”), le generazioni odierne sanno cosa fosse la Summer Card mentre Toy Story 2 non ha certo bisogno di essere ricordato. Invece quasi nessuno ricorda il primo film su Buzz Lightyear, il quale pur non essendo un film cinematografico, merita di essere visto e ricordato. Ma allora perché nessuno se lo ricorda?

Diretto da Tad Stones, amatissimo e mai dimenticato padre di Darkwing Duck, e della durata di un’ora circa, Buzz Lightyear da Comando Stellare – Si parte! è un film d’animazione in due dimensioni avventuroso e divertente quanto basta, con personaggi iper-caratterizzati (diretti discendenti di molte serie animate anni ‘80) e un umorismo a metà tra il demenziale e la parodia. Nonostante l’alta dose di leggerezza, il film ruota attorno a una vicenda drammatica: dopo una missione finita in un parziale insuccesso, il nostro eroe sceglie di continuare il suo lavoro di Space Ranger da solo e senza aiuti, come invece prevederebbe il regolamento. La sua tristezza e il suo senso di colpa lo condurranno contro un nemico troppo grande da affrontare da solo e soltanto alla fine Buzz si vedrà costretto a superare i propri sensi di colpa e ad accettare l’aiuto di tre improbabili sidekicks, il tutto mentre un volto amico dal passato, creduto morto, tornerà sotto nuove e improbabili spoglie. Vi suona familiare tutto questo? Dovrebbe se avete visto il nuovo film su Buzz Lightyear perché è praticamente la stessa storia dell’ultimo film Pixar.

Lightyear – La vera storia di Buzz è stato recensito mediamente bene dalla critica, nonostante quasi nessuno si sia giustamente spinto a parlare di classico capolavoro Pixar. Una storia d’origine standard con elementi di azione e avventura e il ben rodato divertimento preconfezionato per tutta la famiglia. Nessuno però sembra aver puntato il dito contro l’evidente lavoro di riciclaggio interno alla Pixar, volto in questo modo a farci dimenticare candidamente che a inizio millennio esisteva già un canone sull’eroe spaziale. Ma qualche sospetto già poteva venire a chi ha visto lo speciale Oltre l’Infinito, disponibile su Disney+, nel quale si ripercorre la storia dello Space Ranger dal ‘95 a oggi.
Ebbene la parte riguardante il film e la serie animata è del tutto ignorata ed è un vuoto fastidiosamente ingombrante, in primis perché si trattava di qualcosa di perfettamente inserito nel canone di Toy Story. Il film di Tad Stones si apriva infatti mostrandoci (in grafica Pixar) i giocattoli di Andy che trafugavano la VHS e si godevano il film tutti assieme. Ciò pone il film animato in diretta continuità coi film, in particolare tra il secondo e il terzo Toy Story. Ma il problema più grosso è la frase d’apertura del nuovo film di Angus MacLane e cioè che il film che stiamo per vedere è lo stesso film che Andy vide a suo tempo – prima del 1995 quindi – e che lo fece innamorare dell’eroe spaziale. A questo punto viene da chiedersi cosa sia quel film animato che Andy e i suoi giocattoli ricevono e vedono dopo Toy Story 2 e che per ovvie ragione rappresenterebbe un calo qualitativo sotto ogni punto di vista.

Sì, perché il film di Buzz del 2022 è un film d’avventura più che buono, con ovvi rimandi a classici della fantascienza come Interstellar e ai primi due Toy Story. Sorvoliamo sul fatto che la Pixar vorrebbe farci credere che già prima del 1995 fosse possibile in un film di fantascienza mainstream trattare esplicitamente tematiche LGBTQ+ e concentriamoci sull’evidente paradosso del canone di Toy Story. Quale film Andy avrebbe visto con protagonista il suo eroe spaziale preferito? Una cosa è certa: avrà visto un film dove Buzz impara il lavoro di squadra mentre combatte Zurg. Ma ancora, che senso ha retconnare un canone ben stabilito quando sarebbe molto più semplice ammettere fin dall’inizio ciò che Lightyear nei fatti è, e cioè il più classico dei reboot?

A giudicare da un’intervista al sopracitato Tad Stones, sembra che il primo film animato e la serie non fossero nelle grazie dell’allora boss della Pixar John Lasseter e ciò ancora oggi potrebbe essere alla base della loro assenza su Disney+. In particolare Lasseter non avrebbe apprezzato il tono da commedia sopra le righe del cartone animato al quale avrebbe preferito un’atmosfera più seria e classica, propria ad esempio del film di quest’anno. A ben guardare, è proprio questa la principale e più importante differenza tra il film del 2000 e quello attuale: il tono. Lightyear è forse il film Pixar che si prende più sul serio (e teniamo conto anche di film come Up, Wall-e e Inside Out) e cerca di raccontare una storia epica rispettando tutti i sacri crismi del Viaggio dell’Eroe. Il film e la serie del 2000 erano invece più che altro una celebrazione autoironica di un genere (come Darkwing Duck, del resto) e ci può stare che il padre di Buzz non vedesse bene ciò che ai suoi occhi deve essere parso un Buzz fuori contesto.
Rimane tuttavia una domanda. Se i prodotti del 2000 non piacevano a Lassetter (e magari per estensione verosimilmente alla Pixar tutta), perché fare un film che in molti punti ricalca proprio il primo film di Tad Stones? La risposta probabilmente è che era inevitabile. Già come giocattolo, Buzz era una parodia di una certa cinematografia americana sull’eroe tutto d’un pezzo. Approcciarsi a quel personaggio senza dargli una storia che metta in crisi la sua granitica integrità di eroe era probabilmente troppo pesante. Perciò ben venga un reboot che metta in crisi l’identità di Buzz in una cornice più sostenuta ed epica ma fatevi anche un favore e recuperate almeno il film di Stones per conoscere un Buzz ancora più autenticamente proiettato verso il divertimento e oltre.
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