
Tale as Old as Time – 30 anni de “La Bella e la Bestia”
«Chi avrebbe mai potuto amare una bestia?». Certo, sin dagli esordi Disney ha posto sotto i riflettori i freaks, personaggi emarginati, invitando lo spettatore ad empatizzare con i loro difetti, a riscoprirli risorsa per la comunità. Nel 1991 però, la Casa di Topolino avverte l’esigenza di celebrare il diverso proponendo al pubblico di familiarizzare con chi, in un primo momento, appare un nemico. Americanizzando l’archetipo dello sposo-animale, la major propone dunque un insegnamento universale capace di garantire un impatto culturale e sociale immediato: la vera bellezza si trova nel cuore.

Cult disneyano degli anni Novanta, a 30 anni dal suo debutto, La Bella e la Bestia rappresenta indubbiamente la pellicola più romantica e sofisticata del Rinascimento Disney. Partendo dal testo di Madame Beaumont, Disney ingentilisce il racconto di fate al fine di rimodernizzare la più classica apologia di buoni sentimenti. Oggi analizzare questa pellicola senza tempo aiuta a comprendere la sua influenza sul mondo dell’animazione.

Complice del successo è indubbiamente la scelta di utilizzare una sceneggiatura forte. Come accaduto per La Carica dei 101 (1956) e La spada nella roccia (1963), anche La bella e la bestia viene sviluppato partendo dallo script anziché dallo storyboard. Il lavoro che consacra il talento di Linda Woolverton conferisce una profondità psicologica ai protagonisti del film. In primis a Belle, figura femminile coraggiosa ed intelligente, la quale accentua il percorso intrapreso con Ariel di donna forte che prende in mano il proprio destino, al punto tale da sovvertire la convenzionalità del principe che libera la sua amata.

Non da meno è la caratterizzazione della controparte maschile, che apre interessanti scorci a un ventaglio di sentimenti fino ad ora inediti per un protagonista. Aggressivo e arrabbiato, il principe tramutato in bestia vive isolato, inorridito dal suo mostruoso aspetto al punto tale da assimilarne la bruttezza nei suoi comportamenti. Anticipate dalla funzione della marchiatura, le trasformazioni prima caratteriale poi fisica del personaggio sono volte alla riscoperta dell’umanità nascosta dietro quella maschera di rabbia.

Allo spessore psicologico viene abbinata l’esperienza di un character design sapientemente consolidato negli anni. Se la leggiadria della protagonista risente dell’influenza di Audrey Hepburn e di Vivien Leigh, la Bestia si divide tra la pesantezza della commistione di animali e l’eleganza del non finito michelangiolesco durante la trasformazione. Punto di forza del film è la corte di oggetti animati stile Silly Symphony: in linea con un gusto più infantile, questi caratteri alleggeriscono le cupe atmosfere del castello. Divisi tra la funzione di intrattenitori e quella di Grillo Parlante, essi hanno il compito di favorire l’avvicinamento tra i protagonisti.

Altro elemento che ha contribuito a rendere questo film un capolavoro del genere è indubbiamente la colonna sonora. Sulla scia della precedente pellicola La Sirenetta (1989), la Casa di Topolino opta nuovamente per un film d’animazione musicale stile Broadway. Alternando lo stile performativo-corale tipico del musical (Belle, Gaston, Stia con Noi) a uno più intimo e patemico (l’omonima La Bella e la Bestia), i compositori Howard Ashman e Alan Menken riflettono nelle canzoni i sentimenti dei personaggi, affidando a queste composizioni un proseguimento narrativo della trama.

In particolare, risalta tra tutte la sequenza musicale del ballo tra i protagonisti. Tra le vetrate di una sala costruita mediante computer animation, le dolci note cantate da Angela Lansbury (Mrs. Brick) sposano movimenti di camera che ruotano attorno ai protagonisti. Dall’inquadratura plongèe alla rotazione intorno alla gonna di Belle, il pubblico viene trascinato visivamente e uditivamente in un valzer romantico, culmine della relazione tra i personaggi. L’iconica ballad entra di diritto nella storia del cinema vincendo nel 1992 l’Academy Award for Best Song.
Eppure, il riconoscimento più speciale de La Bella e la Bestia è una nomination. Il trentesimo Classico Disney è infatti il primo film d’animazione ad aver ricevuto la nomination agli Oscar 1992 come miglior film. Indubbiamente un momento di grande valore non solo per la major di Topolino, ma anche per il genere d’animazione, che fino ad allora era rimasto ancorato a premi speciali per produzioni eccezionali.

Nel corso degli anni, questa pellicola ha continuato ad affascinare le nuove generazioni, vantando numerosi rifacimenti e adattamenti. Dalla trasposizione teatrale a Broadway con l’iconica Susan Egan (Beauty and the Beast, 1994) al live action del 2017, passando per la serie Once Upon a Time (2011-2018) e l’attrazione nel parco tematico Disneyland Tokyo, la versione disney de La Bella e la Bestia è ancora oggi, dopo 30 anni, una pellicola d’amore senza tempo, capace di celare tra i petali di una rosa incantata l’amore vero, quello che ci salva e ci trasforma.

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