
Brevi appunti sul Teatro Sociale – Sovvertire per curare
Il teatro è l’arte della relazione, del gioco e della ritualità, un’arte che permette da sempre agli esseri umani di elaborare i grandi temi esistenziali tramite riti comuni ed esplorare le sfumature della propria interiorità. Non serve dunque ricercare un settore specifico per individuare l’anima sociale di quest’arte, esiste tuttavia un modo di fare teatro che sceglie di porre l’accento in particolar modo sull’aspetto relazionale e curativo. Per questo e altri motivi definire il teatro sociale è sicuramente complesso e probabilmente riduttivo. Rifacendoci alla concezione odierna, quando si parla di teatro sociale ci si riferisce a un teatro che opera in contesti di emarginazione con fini di integrazione e rivalutazione sociale, in un’ottica terapeutica che mira a curare (con l’accezione etimologica del “prendersi cura”) il gruppo coinvolto e la società stessa. Anche in questi termini però non si può parlare di un metodo preciso riproponibile uguale in ogni contesto, ma di una modalità aperta. Resta come costante il protagonismo del gruppo coinvolto che determina la direzione degli interventi teatrali, e che può, al termine di un progetto, lasciare un segno nella società in cui vive.
Per quanto riguarda il contesto storico il teatro sociale vede le sue origini in Italia negli anni ’50 e ’60 come teatro d’animazione, in una modalità differente rispetto a come lo conosciamo noi oggi. Inizialmente, infatti, la necessità di creare un teatro partecipato che coinvolga le masse nasce come diretta espressione dei moti rivoluzionari studenteschi e di quella frattura generazionale che porterà alle rivolte del ‘68. Se il rapporto con le istituzioni è in un primo momento inesistente, o meglio, esiste in quanto moto oppositivo, con il tempo questo cambierà radicalmente.

Negli anni ’80 e ’90 il teatro d’animazione si lega sempre di più ai contesti di disagio e alle scuole fino ad arrivare a quello che conosciamo noi oggi: un teatro sociale visto come attività di sostegno e crescita del singolo, oltre che di ricerca. Oggi questo modo di fare teatro è sempre più diffuso ed esistono compagnie di teatro sociale note a livello europeo come la compagnia francese Oiseau Mouche o I Barboni guidati da Pippo del Bono. Per chi opera in questo settore, come anche per la società stessa, si fa via via strada la consapevolezza che tutti possano trarre giovamento da un’arte che opera nelle scuole, nelle comunità, nei carceri, in collaborazione con cooperative ed enti sociali. Per quanto riguarda il rapporto tra operatori teatrali, gruppi di lavoro e istituzioni, esso spera sempre di essere di collaborazione per un fine comune: lavorare tramite le arti performative per il benessere psicofisico degli attori coinvolti riconoscendone il valore artistico e creativo, promuovendo un cambiamento concreto nelle relazioni e nella comunità.

Quando si parla di teatro sociale è comune menzionare anche lo Psicodramma e la Drammaterapia, nate rispettivamente nel primo e nell’ultimo ventennio del ‘900. Questi ultimi due metodi pur muovendosi su una scia comune rispetto al teatro sociale hanno comunque importanti differenze che fan sì che si possa parlare di universi distinti. Sia psicodramma che drammaterapia, per esempio, scelgono di sacrificare il momento finale della performance, rivolta a una comunità esterna al gruppo, in virtù di un lavoro prettamente laboratoriale scandito da momenti precisi e da una condivisione interna.
Trattando un tema così ampio e variegato vale la pena scegliere di accennare in particolare ad alcuni elementi chiave che possano mettere in luce l’aspetto terapeutico di quest’arte. Tra questi essenziale è il gioco. L’arte del gioco è innata in tutti noi e istintiva, i bambini tramite il gioco rivivono e rielaborano, nella dimensione protetta della finzione, le loro frustrazioni, paure e desideri. Sono fondamentali, all’interno della crescita di ciascuno, i momenti di gioco in compagnia come quelli in solitaria. Forti sono gli aspetti in comune tra gioco e laboratorio teatrale nel quale si indagano le proprie possibilità corporee, vocali ed espressive, si colmano lacune che possono essersi formate durante l’infanzia e si restituisce dignità a un corpo che spesso è avvilito all’interno di una cultura che sempre di più celebra la rapidità e la produttività.

Un altro elemento cardine è certamente la questione della performance, momento topico in quanto condivisione con il mondo esterno del lavoro svolto, rottura e capovolgimento dell’ordine costituito. Questo aspetto rischia spesso di essere sacrificato in virtù del processo laboratoriale, di grande importanza sicuramente, ma che non è completo se non termina con una restituzione artistica nei confronti della comunità esterna al gruppo di lavoro. Quando si parla di atto performativo non si parla necessariamente di uno spettacolo classico in un edificio teatrale, la restituzione infatti si può svolgere nella forma della festa, del flash mob e molto altro. Nel momento in cui il teatro opera con persone facenti parte di una categoria considerata ai margini della società, per condizioni psicofisiche o sociali, l’effetto performativo è dirompente e destabilizzante. Qualunque attore nel momento della performance fa un dono alla comunità in ascolto, dona la sua arte, il suo allenamento, il suo corpo e il suo spirito in azione. Nel momento in cui questo dono è elargito da parte di una delle suddette categorie esse rifuggono ogni tipo di pietismo in favore di una lotta per la propria legittimazione artistica. Questo comporta un rovesciamento dell’ordine costituito e così facendo provoca una frattura nell’animo negli spettatori, un tassello che si aggiunge nel cammino di cura collettiva e di cambiamento della società.
Dal 2015 Birdmen Magazine raccoglie le voci di cento giovani da tutta Italia: una rivista indipendente no profit – testata giornalistica registrata – votata al cinema, alle serie e al teatro (e a tutte le declinazioni dell’audiovisivo). Oltre alle edizioni cartacee annuali, cura progetti e collaborazioni con festival e istituzioni. Birdmen Magazine ha una redazione diffusa: le sedi principali sono a Pavia e Bologna
Aiutaci a sostenere il progetto e ottieni i contenuti Birdmen Premium. Associati a Birdmen Magazine – APS, l‘associazione della rivista