
Pleasure – Luci e ombre del porno a stelle e strisce
Sul controverso mondo della pornografia la regista Ninja Thyberg aveva già girato tempo fa un altro Pleasure: si tratta del corto omonimo presentato (e premiato) a Cannes e al Sundance nel lontano 2013. Il responso della critica fu ottimo ma Thyberg prese ben presto le distanze da questo suo primo lavoro sentendolo come «troppo inautentico», in quanto basato – su sua stessa ammissione davanti ai microfoni del Biografilm Festival – su semplici deduzioni e conoscenze stereotipiche circa l’industria del porno e dei suoi protagonisti.
Da qui il bisogno di riprovarci: il nuovo Pleasure, «che col corto in comune ha solo il titolo», è infatti frutto di un lungo percorso di ricerca durato cinque anni all’interno dell’industria pornografica statunitense. Anni di studio in cui Thyberg ha avuto modo di girare sui diversi tipi di set a luci rosse e di conoscere le vite e le impressioni di chi su quei set ci lavora, il tutto per restituirci un film che riuscisse a riflettere in modo diretto e veritiero questa realtà così singolare.

La storia raccontata è quella della ventenne Linnèa – alias ‘Bella Cherry’ – appena arrivata a Los Angeles dalla natia Svezia con l’obiettivo di diventare una star del porno. Nel film seguiamo la sua scalata nel settore a partire dai dietro le quinte del suo primo video a luci rosse, da quando l’ambiente le è ancora nuovo e non sa bene come muoversi al suo interno.
Il mestiere della pornoattrice
Il focus posto sul cammino di Bella e sulle esitazioni che la colgono soprattutto durante le prime esperienze sui set ci portano a prendere atto di come l’intento di Thyberg vada ben oltre quello di volerci restituire uno sguardo generale sulle dinamiche di produzione pornografica. Più sottilmente, quello che con Pleasure vuole fare è condurre per mano lo spettatore all’interno di questo mondo, in modo graduale, portandolo in primo luogo ad immedesimarsi e ad assumere il punto di vista di una ragazza ancora ignara di quello che l’aspetta.

Pleasure ci restituisce così un inedito sguardo femminile all’interno di un’industria concepita per uno sguardo maschile, e lo fa soffermandosi soprattutto sul volto e sulle reazioni off screen di Bella all’interno dei vari set pornografici o attraverso le angolazioni della macchina da presa che ci portano ad assumere il suo personale punto di vista durante le scene di sesso.
Femminista è lo sguardo della stessa regista, ben attenta a non oggettificare mai per lo spettatore il corpo di Bella nonostante lei stessa voglia (e debba) continuamente rendersi oggetto per soddisfare le fantasie del suo pubblico maschile. Le grazie di Bella non sono per chi è seduto in sala: viceversa si sottolinea come l’enfasi che la ragazza pone sul suo stesso corpo sia dovuta al ruolo che è chiamata a recitare sui set o davanti al cellulare, ma da cui esce per ritornare una ragazza comune non appena le telecamere si spengono.

«Nel porno ci sono solo ruoli, funzioni da assumere» ha precisato a tal proposito Ninja Thyberg, sottolineando come abbia voluto contrastare l’imperante sguardo maschile sul sesso mostrando «non solo un corpo sexy ma anche un corpo che fa altre cose, che può ad esempio rilassarsi», chiacchierare con gli amici, giocare col cellulare e vivere insomma una propria intimità come quella di qualsiasi altra persona.
Ma di quale piacere stiamo parlando?
In più occasioni Thyberg è stata elogiata per il tono naturalistico – quasi sulla soglia del documentario osservativo – che ha saputo imprimere al film. Per mantenere un approccio quanto più diretto possibile con l’industria pornografica ha d’altronde arruolato un cast composto quasi interamente da professionisti del settore: citiamo nomi come quelli di Chanel Preston, Kendra Spade, Casey Calvert, Evelyn Claire o del produttore Mark Spiegler che recita nei panni di sé stesso, ma la lista è lunghissima e non termina qui.
Quest’indagine immersiva offre però un ritratto del mondo del porno piuttosto problematico. Tra le varie criticità dell’industria pornografica portate in luce, Thyberg si sofferma soprattutto sui rapporti di potere interni a questo ambiente dominato dagli uomini e pensato per gli uomini. Il ‘piacere’ del titolo infatti non è certamente quello femminile, ma quello di chi fruisce i porno e le cui fantasie sessuali le ragazze, se vogliono lavorare, sono costrette ad assecondare.

Significativa a tal proposito è la scena in cui Bella, ormai al vertice della carriera e perfettamente integrata all’interno dell’industria, indossa uno strap-on e violenta sotto le telecamere una sua collega. Se la violenza genera altra violenza, è solo indossando un fallo (chiaro simbolo della mascolinità tossica) che la ragazza può finalmente prendere potere all’interno di questo ambiente e permettersi di essere aggressiva, entrando in uno spazio mentale altrimenti riservato ai soli uomini. Al culmine del suo percorso la giovane Bella riesce così ad incarnare, vedere e riconoscere la misoginia che impregna il settore.

Fine della corsa
Con questo suo secondo Pleasure Ninja Thyberg vuole lanciare un attacco al patriarcato, allo sguardo sessista e razzista dominante nel cinema porno ma anche e soprattutto al mito del sogno americano. Nel finale del film, Bella comprende a sue spese come non valga la pena di intraprendere la strada della scalata del successo all’interno di un ambiente così tossico, la cui cima è limitata a pochissime persone e la strada disseminata da troppi cadaveri da calpestare. In molte scene la vediamo infatti combattuta tra moralità e voglia di successo, eppure, nonostante i rigurgiti (vedi scena in cui “tradisce” l’amica) continua imperterrita la sua scalata. Ma, ritrovandosi infine nella posizione a cui ambiva arrivare, non la trova poi così perfetta.
Pleasure rende evidente come il problema in sé non sia quello di girare dei porno o vendere il proprio corpo, ma riguardi invece le strutture di potere interne all’industria stessa e chi le perpetua. Uscire improvvisamente dalla limousine, in quel finale aperto, vuol dire per Bella rifiutare questa forma di sistema. Se dare una risposta precisa su dov’è che decida di andare una volta scesa dall’auto è impossibile, possiamo comunque azzardare che si stia dirigendo verso un percorso differente, un altro lavoro o magari un altro genere pornografico, forse dalle sue vecchie amiche da cui si era allontanata. Ma quello che è certo è che finalmente rifiuta le regole del sistema e smette di prendere parte al gioco degli altri.
Il film, presentato a Biografilm 2022, è visibile su Mubi a questo link
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