
King of the Cruise – Ballata del vecchio barone | Biografilm 2020
La nostra recensione di ‘King of the Cruise’, di Sophie Dros, uno dei 41 film selezionati alla 16ª edizione di Biografilm Festival, di cui Birdmen Magazine è media partner. Clicca qui per scoprire come vedere tutti i film del Festival in streaming gratuito su MyMovies (fino al 15 giugno). Un’occasione unica, da non perdere!
A Sophie Dros, regista di King of the Cruise, non sono mai piaciute le crociere. Essendo claustrofobica, le definisce addirittura i suoi più grandi incubi, ma ha deciso nonostante tutto di dedicarvici un documentario. Riconosce tuttavia che sono dei modi per scappare dalla realtà, entrando in un mondo diverso, di fantasia, dove le regole normali non vengono applicate. Sono delle minisocietà a sé stanti che viaggiano per acque internazionali e dove a malapena arriva la linea telefonica. La crociera è una vacanza dove non è necessaria l’esplorazione o l’avventura: è come stare chiusi in un gigantesco hotel per settimane intere, cullati da camerieri troppo entusiasti e da intrattenitori di vario tipo.
Al centro del microcosmo portato sullo schermo nel documentario presentato a Biografilm da Sophie Dros c’è un personaggio particolare, degno del cinema di Ruben Östlund o Yorgos Lanthimos: Ronald Busch Reisinger di Inneryne. Il suo nome reale è molto più lungo e lui dichiara di averlo imparato a pronunciare per intero solo a 12 anni. È un barone: un titolo nobiliare di non facile comprensione per i suoi interlocutori, ma che nonostante tutto è capace di impressionare e catturare l’attenzione della nave. Sophie Dros ha scoperto di lui attraverso un libro, dove veniva descritto come “un barone scozzese in kilt che cercava di abbordare donne sulle navi da crociera”. Appena incontrato, però, la regista ha avuto subito modo di accorgersi che quella era solo una maschera.
Sotto i mantelli, la corporatura possente, le maniere eleganti e carismatiche, si nascondeva un pressante bisogno di essere visto. Il barone gira di nave in nave alla ricerca di un nuovo pubblico da cui essere conosciuto e apprezzato. Viaggia da solo, nonostante sia sposato (in una scena riconosce con sorprendente lucidità che sua moglie sta con lui solo per il suo patrimonio), e cerca disperatamente compagnia approcciando altri viaggiatori nel tentativo di incantarli con le sue storie. Che siano vere o meno non importa, il savoir-faire del barone è sufficiente a renderle credibili. Una signora russa lo ritiene “affascinante come un attore”, qualche altro interlocutore gli dice “Sei la persona più interessante che io abbia mai incontrato, e ho incontrato Hillary Clinton”.
Ronald in uno dei momenti di maggiore vulnerabilità spiega a Sophie Dros come l’invisibilità lo spaventi. Da giovane, soprattutto per la sua corporatura, tendeva a essere notato, ma adesso “gli occhi della gente passano oltre e questo mi preoccupa”. Si tratta di una paura legata principalmente all’età che avanza, a come gli anziani tendono a diventare invisibili agli occhi dei più. A salvarlo dal dimenticatoio ci sono i suoi aneddoti e il suo titolo nobiliare. L’interesse che i suoi interlocutori mostrano verso di lui è però completamente vacuo: nasce da un bisogno momentaneo di intrattenimento, non soddisfatto dai servizi proposti dalla nave. Le storie di Ronald Busch Reisinger di Inneryne servono a riempire i vuoti tra il pranzo e l’aquagym, portando anche sul ponte della nave quell’avventura di cui l’uomo necessita per vivere.
In King of the Cruise, Sophie Dros mostra una realtà esattamente per com’è, riconoscendone l’assurdità ai limiti della comprensione umana. Il barone prende il suo posto al centro della narrazione, che non vuole condannarlo o nemmeno esaltarlo. Il messaggio che ne emerge è semplice e unidirezionale: ci sono cose che il denaro non può comprare. Emergono tuttavia riflessioni secondarie che meritavano di essere più esplorate in profondità, come l’ageismo, il volersi distanziare dagli affetti reali o anche semplicemente perché il barone decida di andare proprio in crociera. Sophie Dros finisce così per inseguire in un personaggio troppo grande per essere lasciato agire senza direzione, rischiando di mostrare solo alcune delle mille sfaccettature della sua personalità. La vacuità del barone di Inneryne è come un vortice marino che attira dentro di sé tutto il resto del film per inghiottirlo e annientarlo.
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