
“Obi-Wan Kenobi” Episodio 3 – Dramatis personae
Attenzione: la recensione contiene spoiler dell’episodio 3 di Obi-Wan Kenobi. | Si muove su un terreno sempre più accidentato la densa e delicata narrazione che sottende la miniserie dedicata a Ben Kenobi, intenta a ricucire i pezzi di uno iato diegetico in cui i fan di tutte le generazioni hanno amato aggirarsi. Perché la forza di Star Wars e del suo immaginario resta la sua capacità di essere fondamentalmente un enorme parco giochi dentro cui muoversi e muovere i pezzi, lasciando libero lo spettatore di far percorrere a piacimento la strada dal punto A al punto B a personaggi spesso simili alle loro action figure. Ora questi iati sono istituzionalizzati e sono lo spazio in cui l’universo narrativo si riempie, soffocando forse il potenziale immaginario dei fan, donando però in cambio un diorama canonico di ciò che era solo possibile.

L’episodio 3 di Obi-Wan Kenobi materializza forse il momento più agognato dai fan del Maestro Jedi, regalando quell’incontro tra Ben e Anakin che anticipa il loro scontro definitivo in Una Nuova Speranza: Darth Vader incombe su Obi-Wan Kenobi, ne infesta la mente e lo spazio, non lo insegue ma lo persegue, è presenza inevitabile. Lo scontro arriva occupando uno spazio dell’episodio piuttosto ristretto, diventando quasi una rottura sgarbata e brusca dell’andamento narrativo. Non è uno scontro finale, non si tratta di affrontare il cattivo dopo una preparazione attenta dell’eroe (e con lui dello spettatore); come lo stesso Kenobi, tanto lo spettatore quanto l’andamento del racconto non sono pronti a questo combattimento che proprio per questo ottiene una dimensione perfettamente coerente in sé.

La linearità blanda di un episodio apparentemente di raccordo – Obi-Wan e Leia devono tornare ad Alderaan dopo la più canonica impresa di salvataggio – viene punteggiata da momenti esteticamente totalizzanti che si fanno allestimento di una scena teatrale potenziale: la vestizione di Vader rappresentata su schermo rima perfettamente con la sua costruzione linguistica, dove l’estetica dell’armatura si unisce alla fisicità di Hayden Christensen e alla voce (da brividi) di James Earl Jones, mostrando un personaggio che è prima di tutto costrutto, maschera, ruolo drammatico. Darth Vader porta con sé la scena di cui è centro, trasformando la narrazione stessa e strappando violentemente le fila del racconto per farsi spazio narrativo, per allestire il teatro di scontro che lo spettatore agogna ma non si aspetta di trovare così presto.

Il precedente più prossimo a quanto accade in questo episodio 3 di Obi-Wan Kenobi è l’apparizione di Vader in Rogue One: spietato, brutale, eppure elegante e chirurgico nell’agire, quasi un mostro da film horror che invade lo spazio filmico come un incubo inesorabile. Lo stesso vediamo accadere nel giungere repentino del combattimento tra maestro e allievo, un combattimento che si pone a metà tra il frenetico equilibrismo digitale de La Vendetta dei Sith e l’ineffabile eleganza di Una Nuova Speranza: la brutalità di Vader si abbatte su un Kenobi stanco, impreparato, rozzo perché fuori allenamento, dimostrando ancora una volta che il fiore all’occhiello dell’estetica attuale a marchio Disney è la coreografia di combattimenti pensati movimento per movimento. Ewan McGregor in tutto questo si fa corpo attoriale nelle mani di una narrazione orientata alla sua lenta degradazione, in un racconto dell’indebolimento fisico che rincorre l’impossibilità di uno spazio interiore.

Questa parentesi dirompente, fatta anche e soprattutto di un’estremizzazione dell’estetica della spada laser, unica fonte luminosa di un combattimento calato in un buio acromatico, si colloca all’incrocio narrativo necessario tradizionalmente posto a metà racconto: un rilancio forzato che si lascia giustificare da momenti di intenso valore scopico e che riporta a zero il percorso dei protagonisti. In tutto questo permane un senso di claustrofobica chiusura, forse dato dall’utilizzo pervasivo della tecnologia StageCraft, forse ricercato per restituire lo smarrimento e l’impotenza di un protagonista mai stato tale, Obi-Wan Kenobi, che nello spazio vuoto tra il suo essere due volte mentore stenta ad affermare il saper essere eroe.
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