
Critico si dimentica di dire la sua su qualsiasi argomento e muore sul colpo
“Citi Deleuze in uno dei tuoi post Facebook di impegno civile?”
(Toni Servillo in qualche film di Paolo Sorrentino)
Maschio, bianco, critico cinematografico: Rogeryo Ebertini si trovava in cima alla catena alimentare quando ieri, nel suo studio casalingo ricavato su splendido terrazzo di metri quadri 2 con affaccio su prestigioso parcheggio, finì il suo rapinoso percorso di tuttologo. È bastato un attimo, cinque minuti senza post di Facebook, per buttare via tutta un’esistenza fatta di analisi politiche, sanitarie, sociologiche, calcistiche, universitarie, cestistiche, atleticoleggeristiche, culinarie, giornalistiche, nostalgiche, musicologiche, cosmologiche, sanremistiche e così via. Roger – come lo chiamavamo noi amici – sapeva tutto e ci teneva a farlo sapere. Quante volte abbiamo aperto i social per leggere cosa aveva da dire sul Donbass o su Elodie? Personalmente zero, ed è proprio questo che lo rendeva speciale, perché che senso ha essere un critico cinematografico e scrivere di cinema? Il cinema, signori miei e signore mie, è solo una scusa, una scusa per iniziare la propria carriera di tuttologo.

E pensare che l’Ebertini era sul punto di cliccare “upload” sul primo episodio del suo diciassettesimo podcast, un’opera ormai postuma che forse avremo la fortuna di recuperare grazie alla Cineteca di Casalpusterlengo, l’istituzione che sta raccogliendo poco a poco, per distruggerle, tutte le opere che trattino di cinema con lessico e metafore calcistiche. Ma questo mondo di oggi, che va sempre a mille, non perdona la minima distrazione, l’ultima recentissima polemica tra colleghi tuttologi su La7 andava commentata subito, con un bel post di analisi in cui tutti i punti tornano, il ragionamento fila e la superiorità morale e intellettuale del critico affiora sotto le mentite spoglie della modestia. La grandezza di Rogeryo stava nella preterizione, non nel tempismo, a quanto pare. Cinque minuti è il titolo del film di Béla Tarr che in sole tredici ore racconterà quei brevi attimi di distrazione, di tragedia, quei cinque minuti in cui il mondo si è dimenticato di Rogeryo e Rogeryo del mondo.
Le parole del regista: “Certo, mi sarebbe piaciuto raccontarla per quella che era, una tragedia, ma poi ho capito che non dovevo essere la solita tara, che la superficie andava scalfita. Così ho compreso che forse, in quei cinque minuti senza social, Rogeryo si sia sentito nuovamente critico cinematografico e sia stato in qualche modo felice. Forse proprio questa sensazione sconosciuta, la felicità dovuta alla liberazione dal peso del social, è stata croce e delizia della sua esistenza, causa di gioia e di fine. Dico io, poco male, ora è in un posto migliore, forse in una redazione che si occupa del più e del meno, chi lo sa. In Ungheria li chiamiamo “bar”, comunque adesso devo andare in bagno a finire una sceneggiatura, a dopo”.

Ma tantissime sono state le testimonianze giunte in redazione per ricordare il nostro scheletrico amico , qui di seguito ne riportiamo alcune in forma anonima:
“Sono stata io a trovarlo in quello stato, seduto alla sua scrivania. La prima cosa che gli ho detto è stata ‘ammazza aoh, che hai bevuto dar Graal sbagliato?’. Quel maschio bianco caucasico trasudava cinema, sapete, e per una volta la battuta gliel’ho voluta fare io”
“Per la verità l’amicizia gliel’avevo chiesta per inerzia, mi spiace non poter dire altro. Se può servire di conforto alla famiglia, beh, non l’avevo silenziato, ma ora lo farò, perché un silenzio vale più di mille parole”
“Ora potrò finalmente tornare in sala”
“Denne hånden kan være jern eller det kan være en fjær, i dag var det en puma”
“Da giovane critico gli sono grato, dopo anni di sfruttamento posso provare a candidarmi per una delle trecentonovantasette posizioni lavorative che si sono liberate con la dipartita di Rogeryo Ebertini. Forse riuscirò a scrivere per la carta stampata!”
“Ah, era anche critico? Pensavo fosse un ex-calciatore e virologo. Errore mio”
“A los españoles nos importa una mierda la crítica, ¿de acuerdo? deja de hacerme preguntas y cómete esta paella, está fría”
“Seguivo tutti i suoi corsi in università. Li seguivo di notte, quando tornavano a casa, origliavo i loro discorsi al bar, ne osservavo le mosse. Mai una sola volta ho avuto l’impressione che quei corsi parlassero di cinema, nemmeno nel tempo libero. Una verità che ancora oggi mi dà i brividi”
“Besser ein Tag für hundert als hundert für tausend”
“Comunque mia madre me l’aveva detto eh… ‘sti critici italiani scavallano i cinquanta e diventano onniscienti, c’è da stare attente”
“nous l’avions banni de france pour son étrange prédilection pour les chevaux à cornes, nous n’aurions jamais pensé que la confiture pouvait devenir du plâtre pour les peintures, pourtant champ de mines, on sait jamais de la vie”
“Chissà se monetizzava il podcast, boh, comunque mi doveva quattrocento euro, mica cotica, furbo lui ad andarsene così”
אבל אתה באמת חושב שהם יבינו אמירה בעברית? בסדר, תן לי את המלח, בינתיים אני אסביר את הסיפור הזה” עם רוג’ריו, התוכי ושלושת הצדפות. הוא רוצה לדעת לאן נעלמו שלוש הצדפות, אני מניח”
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