
Yellowstone – Una grande scacchiera
Disponibile su NowTv e Sky, Yellowstone è la serie creata da Taylor Sheridan e John Linson che vede come protagonista John Dutton (Kevin Costner) proprietario del ranch più grande degli Stati Uniti, nella sua lotta per mantenere il predominio sul suo immenso territorio, conteso da nativi indiani e ricchi imprenditori californiani.
La serie di Sheridan e Linson si classifica a pieno titolo come un western: la scelta di un volto come quello di Kevin Costner (indimenticabile nella pellicola Balla coi lupi) e l’apertura del sesto episodio di Yellowstone con il Claudia’s Theme da Gli Spietati, costituiscono non solo una citazione tributaria ad illustri capolavori, ma anche un chiaro intento di richiamare un certo immaginario, che qui si configura, però, in una propria versione moderna. Ma tra elicotteri, trivelle e hotel di lusso, sono i cavalli e soprattutto i cappelli da cowboy a rimanere beni primari da guadagnarsi, simboli di uno status ambito e rispettato ed emblemi di uno stile di vita ancora impregnato di un fascino rude, indissolubile dall’ambiente in cui si colloca: il selvaggio Montana, una terra ancora vergine e libera, incantevole e feconda quanto ostile e potenzialmente letale.
Proprio l’ambiente diventa molto più che uno sfondo, qualificandosi come vero personaggio, descritto da continui campi lunghi, riprese dall’alto e panoramiche. Il territorio è implicitamente evocato come un’entità viva e potente, oggetto del desiderio dei protagonisti, ma anche soggetto che, in virtù della sua intrinseca e insindacabile potenza, forgia caratteri duri, inamovibili e selvaggi come la terra stessa, in un rapporto simbiotico con essa; John Dutton sembra il prodotto più riuscito di questo luogo: cowboy esperto, imprenditore potente, capo clan granitico e pessimo padre.
Infatti il ranch dei Dutton, all’apparenza un paradiso terrestre, si rivela essere nient’altro che una prigione, non solo fisica ma anche e soprattutto mentale per chiunque vi graviti attorno, specialmente per i figli di John: tutti, in un modo o nell’altro, vivono un presente irrisolto e irrisolvibile, incapaci di liberarsi di un passato che li inchioda ad una casa da cui vorrebbero fuggire. Solo John Dutton infatti – assieme al fidato Rip (convincente cowboy interpretato da Cole Hauser) – sembra tenere al ranch amandolo forse più della sua stessa famiglia. Ma se per i Dutton la tenuta è una prigione mentale, per i dipendenti è anche una gabbia fisica da cui difficilmente si potrà uscire.
Questa prima stagione, per quanto interessante, presenta alcuni difetti: non sempre c’è equilibrio nella narrazione, alcuni fatti all’apparenza irrilevanti occupano troppo spazio e, viceversa, alcuni elementi meritevoli di approfondimento rimangono trattati solo superficialmente, venendo a creare – soprattutto nei primi episodi – un ritmo un po’ lento. D’altra parte, la narrazione è ampia e, superato lo scoglio delle apparenze, il gomitolo si scioglie aprendosi ad uno sviluppo più lineare e ritmato.
Non è inoltre facile, fin dall’inizio, per lo spettatore prendere nettamente una posizione: le rivendicazioni territoriali del più pericoloso nemico dei Dutton, Rainwater (Gil Birgham), capo della riserva indiana, fanno leva su un diritto ancestrale della terra, richiamando l’immaginario della conquista e sottomissione dei nativi americani; d’altro canto, John Dutton non fa nulla per essere amato e tende a non mostrare mai il suo lato migliore. I suoi figli risentono ampiamente di questa condizione famigliare problematica, prima tra tutti la figlia Beth Dutton, un personaggio così estremo da essere poco credibile, ma che, grazie all’interpretazione brillante di Kelly Reilly, riesce ampiamente a salvarsi.
Quello che emerge alla fine di questa prima stagione è una grande scacchiera; in un ritmo alle volte lento e denso di personaggi ed eventi, in una narrazione che non ci regala veri e propri momenti memorabili, l’aspettativa cresce e di una cosa possiamo avere certezza: il potenziale narrativo è alto e pronto ad esplodere nella stagione successiva (negli Stati Uniti già andata in onda nel 2019). Tra cambi di alleanze, rivendicazioni personali e amari rimpianti, la scacchiera è pronta per una guerra che non sarà esclusivamente a colpi di pistola, ma anche e soprattutto diplomatica: non vediamo l’ora di sapere chi farà il gioco migliore.
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