
Teatro Valdoca – Il ritorno del rito arcaico
Teatro Valdoca nasce nei primi anni ‘80 per mano di Mariangela Gualtieri e Cesare Ronconi. Non è casuale la contestualizzazione dei primordi della compagnia all’interno del fermento culturale e intellettuale di questo periodo storico. In un momento di rottura con gli schemi passati, in cui il desiderio di oltrepassare i limiti imposti dalle generazioni precedenti si sposava con l’esaltazione per la scoperta di un nuovo modo di fare arte, il Teatro Valdoca muoveva i suoi primi passi riunendosi in un collettivo.
Il primo spettacolo portato in scena è La ballata dei 14 giorni di Masaniello datato1978. Dopo, lo scioglimento del collettivo: una delle tante morti e rinascite che costelleranno la vita del Teatro Valdoca e che lo porteranno ad avere risonanza internazionale. Sarà nel 1983, con Lo Spazio della quiete, che si potrà parlare propriamente di compagnia teatrale.

Sin dagli esordi la contaminazione da e verso le principali compagini artistiche del tempo è estremamente presente. Tra i molti esempi vi è il contatto con il teatro laboratorio di Grotowski in Polonia e l’influenza della poetica di Carmelo Bene. A partire dai primi anni novanta il Teatro Valdoca affianca all’attività artistica quella pedagogica, grazie a laboratori, seminari, incontri, sessioni di lavoro e corsi europei di alta formazione rivolti ad attori, danzatori e musicisti, al pubblico e agli studenti delle scuole.
Mariangela Gualtieri nasce nella compagnia come attrice. A seguito della proposta di Cesare Ronconi inizia poi a dedicarsi alla scrittura e alla poesia che scoprirà essere “la sua cosa in questo mondo”. Lei stessa dichiara di avere una fiducia profonda, forse ingenua, nei confronti della parola. La parola è ciò che ci distingue dagli animali e può essere vista come il centro del cammino degli uomini verso la bellezza. I suoi testi sono spesso creati su misura per performance già in parte formate, sono parole scritte, ma nate per l’oralità. Nel momento della scrittura la poetessa si fa tramite di un libero fluire di qualcosa che si è accumulato nella sua persona, quasi dando voce a ciò che lei non è, ma che in lei risiede.

Cesare Ronconi è il regista e drammaturgo della compagnia, accanto a questa attività svolge quella parallela e complementare della pedagogia. Sua è infatti la convinzione per la quale insegnare ai giovani attori è essenziale in quanto le parole senza carne perdono forza, hanno bisogno di corpi atletici e veri per divenire realtà. Gli attori professionisti possono dare certamente un contributo prezioso in una performance, tuttavia un attore giovane e inesperto possiede qualcosa di meraviglioso per via dell’umiltà e della cautela che lo contraddistinguono.
Lo spettatore che assiste a una rappresentazione della compagnia si trova di fronte un teatro epico, di una sacralità talmente reale e profonda da sfiorare quasi il grottesco. Gli spettacoli non trattano temi di cronaca, non vi sono narrazioni lineari, ma esperienze percettive e intellettive molto intense. La preparazione che precede la resa sul palco permette di scavare a fondo nei temi che si desidera affrontare di modo da presentare al pubblico performance non piacevoli, ma sorprendenti, scioccanti. Caratterizzante è la tensione degli interpreti verso il sovrumano e subumano, il fantastico e l’infimo. La messa in scena viene vista come l’esecuzione di un rito, anche per questo motivo le parole superflue, narranti, non trovano spazio.
Gli spettacoli della compagnia Valdoca erano in origine muti, prima di abbracciare il testo poetico cominciando dai versi di Paul Celan ed Eschilo per la precisione, consigliati dall’amico e poeta Milo De Angelis. La parola poetica diventa così uno strumento portante nella tensione verso le sorprendenti rivelazioni che l’arte, nei suoi impeti più autentici e misterici, sa toccare.

La costruzione della performance non è mai un progetto ben delineato dall’inizio alla fine per la compagnia. Essa è un’idea che, scaturita da Cesare Ronconi e Mariangela Gualtieri, si trasforma poi con l’energia e la propositività degli interpreti. Gli attori e gli spazi di prova sono infatti i primi elementi necessari. Esemplare è stata la preparazione de Il seme della tempesta, trilogia dei giuramenti: per la preparazione dello spettacolo infatti la compagnia si è ritirata per tre mesi nella dimora teatro di Mondaino: a dare forma allo spettacolo, ad allenare il corpo nei boschi e la voce tramite cori e canti. In questo modo giovani provenienti da contesti completamente differenti hanno dato vita a un coro in bianco e nero che vuole essere giuramento al teatro e alla vita.
Enigma. Requiem per pinocchio è l’ultimo spettacolo portato in scena dalla compagnia. Da parte degli autori è definito come un’opera matura dove maturità è intesa come accettazione della propria fallibilità. Il pubblico è guidato tramite la fatina, presenza magica, e il forte e silenzioso Mangiafuoco in una ricerca che partendo dall’infanzia e dall’adolescenza ha lo scopo, quasi maieutico, di porre l’interrogativo su come si diventi umani. Questa è la domanda cardine del lavoro. Spiazzante quanto di fondamentale importanza, specialmente in un momento storico in cui la vita esperienziale ha subito un netto taglio in favore di simulacri digitali. Requiem per Pinocchio prosegue la sua tournè nel 2022.

I lavori di teatro Valdoca sono dei riti scaturiti dal connubio tra parola poetica, monumentale, sacra e corpo danzante, leggero, semplice nella sua forza. Il pubblico è una comunità partecipe e transitoria, il momento più sacro è il silenzio, risorsa preziosissima che accomuna teatro e musica .
L’enorme distanza che passa tra la poetica di Teatro Valdoca e quella del teatro tradizionale è allo stesso tempo motivo di connessione con un’arte primordiale, quella dei teatri greci, ma anche dei riti festivi medievali in un teatro che indaga l’uomo come essere mostruoso e magnifico.
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