
I segreti di Brokeback Mountain – Cuori frammentati
Distese montuose si aprono dinnanzi a noi. Il silenzio totale rotto da una melodia elegante, commovente, presagio di lacrime e anime fragili.
L’incipit di Brokeback Mountain è una galleria di campi lunghi; un album di paesaggi imponenti, interrotto da cappelli che celano volti di uomini fieri ma dal cuore frammentato. Il film di Ang Lee si apre mostrando tutti gli stereotipi del più puro film di matrice western, ma ogni singolo elemento può ingannare lo spettatore. Nel film di Ang Lee la pistola e gli sguardi non vogliono scaturire in duelli mortali, ma repressioni d’amore.
Il machismo, la mascolinità possente, dominante, che prende e schiaccia gli universi del cinema americano, delle grandi ricerche dell’oro, e del cinema di frontiera, vengono ora sopraffatte da lacrime altrettanto potenti, pesanti. Una rivoluzione cinematografica, un ribaltamento del genere americano per eccellenza che tra i primi ha osato rompere i muri del pregiudizio, modellandosi su quei mondi ostili, chiusi, come i paesaggi del Wyoming.

Era il 2005 quando uscì nelle sale I segreti di Brokeback Mountain. Internet era ancora un universo in espansione e la sala cinematografica ancora protagonista. Con lo sguardo dritto verso il grande schermo, il pubblico imparò immediatamente ad assimilare e affrontare sulla propria pelle, la profonda emozione, delusione, eterna passione che sfociò improvvisamente tra Ennis Del Mar (Heath Ledger) e Jack Twist (Jake Gyllenhaal). I segreti di Brokeback Mountain non è solo un film. È una pietra miliare nella memoria collettiva, nonché opera investita di preziosa importanza culturale. Il genere, la sessualità, si sveste di pregiudizio per vestirsi di emozione. Brokeback Mountain non è una storia d’amore tra due uomini, ma una storia d’amore. Punto.
Filtrata dalla macchina da presa di Ang Lee, la storia si sviluppa lasciando lungo il suo corso pezzi di anima, e battiti di cuori uniti ma insonorizzati dalla paura di essere scoperti, derisi, uccisi. È una storia ambientata negli anni Sessanta, ma alimentata da un’attualità bruciante, fatta di una paura di ciò che inspiegabilmente viene etichettato come “diverso”.
Un fuoco ardente, nato immediatamente, come sottolinea il riflesso del furgoncino di Jack che non riflette più lo sguardo dell’uomo intento a farsi la barba, ma la figura di Ennis. Un chiasmo di sguardi destinato a bruciare per sempre, nonostante.

Momenti sospesi di cuori in attesa
La scelta di Ang Lee di tradurre in immagini le parole della scrittrice Annie Proulx (su sceneggiatura di Diana Ossana e del romanziere Larry McMurtry) si adattano perfettamente a tutto quell’universo nato dalla fucina del regista di Taiwan, giocato e costruito su un eterno conflitto fra pulsioni e aspirazioni individuali, e barriere imposte da un contesto familiare e sociale opprimente. Al contempo, portare in vita la storia d’amore tra Ennis e Jack va oltre il semplice atto creativo di un’opera cinematografica; si rivela nel tempo come una presa di posizione netta, coraggiosa, desiderosa di sfruttare il potere immersivo del cinema per scuotere lo spettatore dall’interno, levandogli quel velo di Maya che lo acciecava, limitandone lo sguardo e l’interiorizzazione della realtà circostante. Scintilla prometeica della corrente LGBT al cinema, I segreti di Brokeback Mountain anticipa ciò che sarà compiuto da Luca Guadagnino con Chiamami col tuo nome, o dal delicato Ritratto della giovane in fiamme di Céline Sciamma: sveste i propri protagonisti della maschera di cowboy virili alla John Wayne, per elevarli a simboli eterni di una lotta ai pregiudizi in nome di un vero amore. La natura e le strade attraversate da Ennis e Jack si fermano magicamente al tocco delle loro labbra. L’amore eleva l’universo dei due protagonisti in una bolla di sapone verso momenti sospesi, lontani dal concetto di tempo e spazio. Dal primo all’ultimo atto tutto cambia per non cambiare mai. Nessun avvenimento di cronaca, o riferimento politico e culturale, viene accennato; nessun segno dei tempi che scorrono viene mostrato, a eccezione dei visi invecchiati dei due, e i loro fisici appesantiti dagli anni. Le camicie a quadri, i jeans, gli stivali da cowboy, gli abiti dei personaggi femminili trascendono il cambio delle mode, e con esso i decenni che passano. Come l’amore tra Ennis e Jack si rivela incapace di mutare, rimanendo costante, nella sua profonda e disperata intensità, così il mondo intorno a loro sembra essersi messo in pausa, nell’attesa che qualcosa cambi.

Contrasti simbiotici
C’è una sorta di aspirazione a una complementarietà da ying e Yang a scorrere nelle intercapedini più profonde di Brokeback Mountain. Un ribaltamento sociale che prende e investe tutto, colpendo anche i propri protagonisti. Opposti nel vestiario (camicie chiare e neutre per Ennis, più scure e colorate per Jack) i due protagonisti vivono di contrasti tanto nel carattere (chiuso e introverso, Ennis; aperto, estroverso, curioso Jack) quanto soprattutto nell’accettazione del proprio amore. E se inizialmente ad apparire fragile, romantico, sia Jack Twist, anno dopo anno le personalità si ribaltano e la natura più pura dei due si mostra senza veli. Da uomo granitico, gelido, Ennis rivelerà la sua anima frammentata, unita coccio dopo coccio da un povero cuore sofferente, che piange in silenzio, bloccato da una bocca che non sa aprirsi per urlare, sfogarsi. È figlio dei dettami della società Ennis, schiavo delle paure, eppure è proprio lui quello che attenderà Jack, non riuscendo a colmare le sue lacune abbracciando le donne della sua vita finendo per perderle (Alma in primis, e poi Cassie). Jack è un pozzo profondo che cerca di riempirsi di un fiume d’amore che la lontananza con Ennis non può colmare. Allora ecco che il suo sguardo corre alla ricerca di un riempitivo, di un incontro fugace, o di una relazione di convenienza.
Eppure, tra le alture di Brokeback, tutto quel contrasto svanisce. La dualità diventa unità; un’unione sottolineata da una fotografia accesa, priva di quei contrasti che invece caratterizzano i momenti in cui i due si trovano separati tanto sulla scena, che nella vita. In quei momenti, la fotografia di Rodrigo Prieto si accende, colorando l’ambiente circostante di sfumature sgargianti, poetiche, di un quadro dipinto da un impressionista del cinema. Senza mai pedinare i due protagonisti, ma riprendendoli in maniera discreta e a distanza rispettosa, Ang Lee fa dello spettatore testimone privilegiato di un amore che nasce, cresce, si rompe per poi ritrovarsi.

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