
La categoria è: vivi, sfoggia, Pose!
«Tu conosci la mia vita. È noiosa. Ogni film, ogni serie, ogni pubblicità ti fa vedere com’è. L’unica possibilità che ho per vedere il tuo mondo è se me lo mostri»; e con questa battuta Evan Peters, nei panni del giovane imprenditore Stan, riassume perfettamente l’obiettivo di Pose: raccontare, nella New York spumeggiante e trasgressiva degli anni ottanta, il mondo malizioso e audace della ball culture, una realtà della comunità LGBT+ afroamericana e latina.
Voguing, musica, tacchi alti e abiti provocanti, il tutto guidato da un emcee dalla parlantina brillante all’interno di una ball room: in questo piccolo, malandato, ma pur sempre spettacolare spaccato di mondo si esibiscono gruppi chiamati “Houses”, la cui struttura gerarchica famigliare è guidata da una madre, punto di riferimento per i figli e le figlie che ne fanno parte, alla ricerca della propria identità e di un posto nel mondo secondo il diritto di perseguire sogni autentici senza doverli ricalibrare sulla base del mondo.
Ed è proprio in questo contesto, sullo sfondo della New York del 1987, che prende vita la storia di Blanca (MJ Rodriguez), icona della ball culture che fonda la propria House of Evangelista nel Bronx, nella quale ospiterà il ballerino senzatetto omosessuale Damon (Ryan Jamaal Swain) e la prostituta transessuale Angel (Indya Moore). Blanca si trasforma da figlia a madre, tentando di sopperire a quella profonda mancanza di amore che solo chi è stato rifiutato dai propri genitori può capire.
Creata da Ryan Murphy, noto per essere lo showrunner di Glee, Scream Queens e American Crime Story, assieme ai co-autori Brad Falchuck e Steven Canals, Pose conta otto episodi di un’ora ciascuno, durante i quali vengono condannate omofobia, razzismo, maschilismo, xenofobia e più in generale l’ottusità. Non per niente il discorso di genere è molto presente: Pose è una serie sulla fierezza di scegliere ogni giorno chi essere. È assolutamente diretta a tutti, anche a chi non ha mai visto una drag queen; e per riuscire a stipulare un rapporto di maggior empatia con lo spettatore, Pose non solo ricorre a tematiche condivisibili dalla maggior parte delle persone nella loro quotidianità, come le difficoltà dell’essere donna e di riuscire a trovare un proprio posto nel mondo, ma punta anche sull’effetto nostalgia come Stranger Things e G.L.O.W..
Non per niente l’abile regia di Janet Mock porta Pose alla candidatura per due premi ai Golden Globes e ai Critics Choice Awards, per la miglior serie drammatica e per la performance attoriale di Billy Porter nel ruolo dell’emcee Pray Tell. Ma per chi ha apprezzato la serie, questa non è la sola buona notizia: il rinnovo per la seconda stagione è stato garantito, anche se purtroppo è presto per stabilire quando approderà in Italia. Uscita a luglio 2018 in America e a gennaio 2019 in Italia, Pose si è fatta attendere a causa di un ritardo dovuto alla realtà marcatamente americana della serie con elementi poco conosciuti al pubblico italiano; cultura che però in parte ha già avuto modo di farsi conoscere grazie al fondamentale documentario del 1991 Paris is Burning (anche distillata nelle varie edizioni di RuPaul’s Drag Race).
Con un fare a metà tra la descrizione analitica di un documentario e un appassionato racconto familiare, Pose ci trascina nelle viscere della cultura LGBT+ neyorkese degli anni ottanta, nell’emarginazione, nella fragilità e nella voglia di riscatto di un’umanità alla ricerca di affermazione. Un racconto di autodeterminazione e relazioni, tanto attuale quanto necessario: è un tentativo rivoluzionario di inclusione e rappresentazione, come dimostra anche la presenza nel cast di molti attori (ma anche autori e registi) transessuali e di colore.
Del resto «I ball sono i punti di incontro per le persone che non possono incontrarsi da nessun’altra parte» e «Le Houses sono la famiglia di chi non ha nessun’altra famiglia», così come Pose si fa punto di incontro di diverse realtà che cercano di dimostrare a un pubblico quanto il nostro mondo possa essere eterogeneo e al contempo omogeneo. Costruisce qualcosa, così come fa Blanca nei confronti della sua House of Evangelista, che possa sopravvivere al tempo e soprattutto al giudizio delle persone.
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