
The Evil Dead – L’esordio di Sam Raimi nel film horror
È il 1981 quando il regista Sam Raimi, insieme all’amico Bruce Campbell, decide di approfondire il soggetto del corto Within the Woods (1978) realizzato insieme all’attore, esordendo nel lungometraggio con l’horror The Evil Dead, film che racconta il weekend di cinque amici in uno chalet nel bosco che, come recita la tagline italiana, «Sembra una casa normale, da fuori…», dalla quale solo uno di loro uscirà vivo.
L’opera, che possiede alcuni aspetti dello slasher, si inserisce in un percorso già sistematicamente tracciato da John Carpenter con Halloween (1978), e suggellato da Friday The 13th (1980) di Sean S. Cunningham, in cui gli stilemi e gli elementi narrativi del sottogenere sono ormai definiti: c’è il viaggio iniziale – dallo spostamento di Laurie da una casa all’altra al vero e proprio tragitto in macchina – e l’arrivo in un luogo circoscritto, la presenza di personaggi archetipici, la figura dell’innocente final girl, l’antagonista e, non ultima, la morte, spesso associata al sesso.

Sebbene Raimi rimanga fedele a tale struttura, il suo film presenta delle peculiarità in merito alla riconfigurazione di alcuni archetipi e alle soluzioni registiche, che costituiscono una vera e propria cifra autoriale e che rendono il film un esempio di horror-splatter.
In primo luogo, il mostro è un’entità indefinita, un demone del bosco che inizialmente si manifesta nel sonoro proveniente dal fuori campo, risultando dunque più minaccioso, e caratterizzato da voci disumane, rumori corporali e frequenze estreme. La sua apparizione è provocata dal ritrovamento in cantina di un libro sulle pratiche sepolcrali e di un nastro magnetico che recita parole in lingua sumera, che lo risvegliano e lo portano a punire chi ha disturbato il lungo riposo.
Al clima disteso e sereno in cui si svolgono le azioni dell’inconsapevole gruppo di amici, si alterna l’arrivo della minaccia: Raimi conferisce ancor più mistero all’identità del mostro servendosi della soggettiva realizzata tramite shaky cam, che crea un effetto di caos e tremore nell’inquadratura nel bosco – tra la nebbia e i paesaggi paludosi – accompagnata dal fruscio del vento e i sospiri delle antiche voci.

Il binomio Eros-Thanatos, che nello slasher assume le tinte dell’oppressione e della punizione, in The Evil Dead è associato all’aggressione di Cheryl da parte dell’antagonista, che, tramite i rami e i tronchi degli alberi, possiede e si impossessa del suo corpo: questo atto è una sorta di rito iniziatico, il passaggio verso un’altra da sé, trasformazione che coinvolgerà tutti i giovani personaggi, ad eccezione del protagonista Ashley.
Da questo momento in poi, la minaccia sonora è anche minaccia visiva, nel deterioramento dei corpi, putridi, squamosi, che perdono ogni sembiante umano, con occhi vuoti senza pupille e unghie simili ad artigli: il disfacimento ha i toni del grottesco, del disgusto orrorifico e soprattutto del gross, termine inglese intraducibile che allude all’eccesso, espresso nel sangue onnipresente e nei liquidi corporali su cui la macchina da presa di Raimi indugia.

La casa nel bosco, con i suoi spazi e le sue stanze, diventa a tutti gli effetti una trappola: la cantina, in particolare, è il luogo sotterraneo e più vicino agli inferi ma anche sede dell’inconscio che fa riemergere il rimosso, i demoni del passato. Qui viene rinchiuso il mostro-Cheryl, mentre le grida disumane e le risate angoscianti di Scott, Linda e Shelly riecheggiano nei diversi angoli della casa, dove invano tentano di nascondersi.
Eppure, i segnali che la casa non è quello che sembra sono disseminati ovunque, dalla macchina che sbanda contro quella dei protagonisti e di cui non si conosce il proprietario, il cartello che avvisa che il ponte è pericolante, fino al dondolo del portico che sbatte ritmicamente: come accade per il messaggero dello slasher, che avverte del pericolo imminente, questi presagi non vengono percepiti e i giovani vanno incontro alla loro inesorabile e brutale fine.

Ashley è l’unico che sopravvive, costretto a scontrarsi con i suoi amici ormai posseduti, diventando una sorta di final boy, un corrispettivo maschile dell’archetipo della “ragazza finale”, di cui, da un lato, rifiuta la castità e, dall’altro, accoglie la determinazione, la razionalità e il coraggio di affrontare i demoni e di non cedere alla tentazione del Male.
Come si è osservato, The Evil Dead è un film dalle diverse sfaccettature, che rifiuta di incasellarsi in una categoria ben precisa e che tocca più sottogeneri dell’horror, dal neonato slasher allo splatter, finanche al body horror, nella centralità data alla trasformazione del corpo e nello sguardo insistente sulla sua materialità, accompagnato sempre da un sonoro minaccioso e sinistro.
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