
Godzilla Singular Point: tra mascotte adorabili e Kaiju
Se qualche anno fa mi avessero detto che ci sarebbe stata una serie anime su Godzilla, probabilmente non ci avrei creduto subito. Voi direte “hai avuto ben 3 anime in CGI ufficiali dalla Toho”, che è vero, ma avremo modo di parlare di quell’occasione sprecata. Inoltre, ho dovuto doppiamente ricredermi perché a seguito di Godzilla Vs Kong, è stata annunciata anche una serie anime dedicata allo scimmione di Skull Island.
Il trailer di Godzilla singular point mi trasmetteva sensazioni positive: un misto tra CGI e qualcosa di più tradizionale, volti dei personaggi interessanti e qualcosa di mai visto.
Ebbene sì, perché per quanto possa sembrare strano, in 67 anni non c’è mai stata una serie anime “classica” sul nostro Re dei mostri. Dico così perché se andiamo a scavare troviamo tre produzioni: un Godzilla del 1978 prodotto da Hanna&Barbera e Toho, con un allucinante Godzooki volante; il cartone seguito spirituale del film Godzilla ’98 con il dinosaurone mangiapesci new yorkese e per concludere la carrellata, anche se non è propriamente animazione, troviamo Godzilla Island, una serie con episodi da 3 minuti ciascuno in live action, con pupazzi dei Kaiju in miniatura e attori in carne e ossa.

Ma veniamo a noi. Godzilla Singular Point è un anime composto dagli ormai classici 13 episodi: vi ricordate le serie in un’unica stagione da 26 episodi? Bei tempi.
Fin dai primi momenti si è guadagnato la mia approvazione a partire dalla stupenda opening: un libro non si giudica dalla copertina, ma ci sono eccezioni che confermano la regola, dopotutto.
Senza svelarvi troppo della trama, al netto del ritmo tipico delle serie di 13 episodi e di obbligatori spiegoni da risentire almeno 2 volte, la storia di Singular Point è fresca e interessante per il brand di Goji.
Il racconto ruota attorno a questa misteriosa melodia che porta un messaggio proveniente da un futuro passato, dove tutto è già scritto e al tempo stesso si potrebbe riscrivere: una catastrofe incombente e un punto di singolarità da comprendere, isolare e fermare. Unite tutto questo con Kaiju furiosi e avrete un mix che non può che incuriosire, con la componente informatica e matematica che fa da padrona.
Infatti i nostri due protagonisti sono Mei, una brillante ricercatrice e Yun, geniale programmatore. Non dimentichiamoci di Jung, l’AI sviluppata da Yun e inserita in Jet Jaguar (a sorpresa ci ritroviamo qui uno dei mecha più famosi della storia Tokusatsu). Questa viene utilizzata anche da Mei, che la rinomina Pelops II. Una rete di comprimari tra personaggi misteriosi e classiche spalle va infine a completare il quadro.

I design dei Kaiju poi risultano tutti molto interessanti e di impatto, con colori sgargianti e uno stile quasi sempre pulito in CGI. In questa prima stagione abbiamo avuto modo di ammirarne diversi.
Rodan (o Radon per i giapponesi) in un redesign più vicino a uno Pteranodonte, che si evolve nel corso degli episodi. Salunga, un kaiju originale di Singolar Point: un incrocio tigre-scimmia con elementi di due kaiju già esistenti, Baragon e Gabara. Il ben noto Anguirus in formato tascabile che ha dato comunque filo da torcere ai nostri protagonisti. Infine Manda, serpentone acquatico simile a un drago cinese apparso in era Showa e poi ritornato nel grande mischione di Godzilla Final Wars del 2004. Abbiamo anche delle falene misteriose, che potrebbero aver dato un indizio sulla probabile apparizione di Mothra, in futuro.
Veniamo però al protagonista indiscusso. Il nostro Godzilla risente tantissimo dell’influsso di Shin Godzilla di Hideaki Anno: stadi evolutivi, apertura delle fauci abnorme e un atomic breath quasi apocalittico. Si può notare inoltre come sia rimasto il codice colore rosso, citando i lavori precedenti del regista. Rosso del mare di sangue direttamente dall’Impact di Evangelion e polvere cristallizzata da Shin Gojira. Il risultato finale è un dinosaurone ben piazzato, con un muso a metà tra quello da gattone dell’era Heisei e qualcosa di più bestiale.

Godzilla singular point è una serie interessante e con una storia avvincente: si prende sul serio al punto giusto, senza esagerare e risultare fuori luogo, con personaggi per cui si riesce a tifare ed empatizzare. Tra i suoi punti forti poi una colonna sonora pazzesca, con rifacimenti delle iconiche soundtrack dei film Toho, oltre che qualche grande classico. I design dei kaiju e gli effetti in CGI mantengono un buon livello, anche se con qualche scivolone a cui purtroppo siamo abituati vista la prevalenza di questo tipo di animazione negli ultimi anni.
Altra considerazione da fare è sui personaggi umani, che sono scritti in modo intelligente ed elevano la storia senza appesantirla o farle perdere ritmo. Se sono riusciti poi a inserire una mascotte simpatica, Pelops II, vuol dire che hanno fatto un buon lavoro.
Un difetto è sicuramente che i 13 episodi fanno andare il racconto verso un compromesso: le tematiche sci-fi e tipiche dei film Kaiju hanno spazio di espandersi ed essere approfondite, ma al tempo stesso questo porta ad aspettare molto prima di vedere per bene in azione Godzilla, che si fa attendere per oltre metà stagione.
Tuttavia, grazie anche al gruppo di Yun e Jet Jaguar, abbiamo avuto la nostra bella dose di combattimenti e soprattutto abbiamo una post-credit scene che ci fa ben sperare.
Insomma sembra proprio che non ne abbiamo mai abbastanza del nostro dinosaurone preferito, ed è così! Soprattutto quando pensiamo che ci stiamo avvicinando al 70° anniversario e che le strade creative percorribili sono ancora potenzialmente infinite.
Il re dei mostri vive!
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[…] resa possibile anche grazie all’aiuto di Jet Jaguar, il mecha riproposto nella serie Netflix Singular Point. Seppur con combattimenti interessanti, ricordiamo per esempio che Gigan è il primo Kaiju a ferire […]