
Cavallerizzo – Delocalizzazione e identità etnica | Biografilm 2021
La nostra recensione di “Cavallerizzo” (2021) di Yuri Pirondi e Inês von Bonhorst, uno dei film selezionati per la 17ª edizione di Biografilm Festival, di cui Birdmen Magazine è media partner. I film in programma saranno disponibili online su MyMovies e in presenza.
Il borgo di Cavallerizzo, un paese a minoranza etno-linguistica albanese nel cosentino, venne colpito da una frana il 7 marzo 2005. Il costone della montagna cedette: fortunatamente, il disastro non causò vittime, ma la parte dell’abitato colpita dalla frana fu distrutta e alcuni abitanti rimasero sfollati. Il borgo intero venne dichiarato inagibile per pericolo di frana e smottamento e gli abitanti furono costretti a spostarsi, in un’operazione di delocalizzazione del paese.
Sei anni dopo, i lavori per la new town erano terminati. La popolazione – portando con sé le tradizioni arbëreshë – si è stabilita nella nuova Cavallerizzo, non così distante dalla precedente. Tuttavia, la vecchia Cavallerizzo non è del tutto disabitata: Liliana Bianco e suo figlio Raffaele hanno occupato la loro stessa casa. Liliana rifiuta di trasferirsi, contestando all’amministrazione pubblica di aver abbandonato un paese il cui centro storico è ancora intatto. Il documentario Cavallerizzo (2021), di Yuri Pirondi e Inês von Bonhorst, esplora le conseguenze della frana sulla comunità e l’impegno nel portare avanti la propria identità etnica mantenendo viva la cultura arbëreshë.

Silenzio e desolazione sembrano caratterizzare la vecchia Cavallerizzo: si sentono solo gli abbai dei cani, le case sono vuote, le macerie della frana sono rimaste lì, le erbacce sono alte e il cancello di ingresso al centro abitato è arrugginito. Nelle riprese aeree, sorprende il contrasto tra il vecchio e il nuovo borgo. Ma Liliana non ha perso la sua voce. Nessuno è riuscito a mandarla via, e lei si mostra molto amareggiata sia verso l’atteggiamento di incuria dell’amministrazione, sia nei confronti dei suoi compaesani che sono andati via.
Uno degli elementi più interessanti che emergono dal documentario è proprio la differenza di percezione che Liliana ha della sua situazione abitativa rispetto a quella dei suoi (ex) compaesani e quella che gli altri hanno della loro e di quella di Liliana. «Eravamo tutti uniti e ci siamo bisticciati tutti», dice una donna della new town. Sono in campo due prospettive diverse. Quello che per Liliana è attaccamento al vecchio paese e alle tradizioni, per gli abitanti della nuova Cavallerizzo è isolamento. Quello che per Liliana è un rinnegamento della propria identità, per gli altri è un rinnovamento, e ritengono che la signora non viva bene. Certo, appena arrivati si sentivano spaesati, ma ora è lì il loro posto: «il paese non lo fanno le case, ma le persone».
Non tutti gli abitanti della vecchia Cavallerizzo si sono trasferiti nella new town. La figlia di Liliana vive a Cerseto – di cui Cavallerizzo è una frazione – così come il padre. Ogni giorno, per andare a trovare la madre, fa la strada da Cerseto a Cavallerizzo a piedi.

L’altro elemento cardine del documentario è il mantenimento della cultura arbëreshë nella nuova Cavallerizzo. Gli arbëreshë, discendenti di popolazioni albanesi emigrate nel quindicesimo secolo in seguito all’invasione ottomana dei Balcani, sono difatti molto legati alle proprie tradizioni.
Una certa nostalgia pervade il documentario. Non solo nei temi, ma anche nel color grading, che a tratti ricorda i film amatoriali di famiglia, così come lo fanno le riprese del pranzo in montagna dopo la processione, con le grandi tavolate, i giochi di carte e danze e canti. A conferire un tratto di “amatorialità” e familiarità alle riprese sono anche delle caratteristiche tecniche, come il rumore dell’immagine o l’audio “sporco”: in casa di Liliana, ad esempio, il televisore è spesso acceso in sottofondo.
Ad alimentare il televisore è un generatore di corrente, perché nella vecchia Cavallerizzo non c’è luce e non c’è acqua. È un paese fantasma, ormai, ma Liliana e suo figlio non sono disposti ad abbandonarlo.
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