
Searchers – Comizi d’amore online | Biografilm 2021
La nostra recensione di “Searchers” (USA, 2021) di Pacho Velez, uno dei film selezionati per la 17ª edizione di Biografilm Festival, di cui Birdmen Magazine è media partner. I film in programma saranno disponibili online su MyMovies e in presenza.
Settantacinque individui guardano dritto nella macchina da presa. Appartengono ad età, genere, etnia, classe sociale e orientamento sessuale diversi, ma abitano tutti quanti a New York. Sono i protagonisti di Searchers (2021) di Pacho Velez, un esteso e variegato archivio di ritratti che si propone di narrare l’amore e la sessualità al tempo delle app di incontri. In fondo, il susseguirsi continuo di questi ritratti frontali e in primo piano, sembra proprio restituire l’interfaccia dei vari Tinder, Grindr e analoghi: un imponente mosaico di volti diversi, catalogabili per età, interessi, aspetto fisico, provenienza.
Lo sguardo in macchina instaura un rapporto di fiducia e trasparenza con un’istanza narrante fissa che ama guardare da vicino i volti, coglierne i micro-movimenti facciali e svelare così le aspettative taciute, la solitudine, la commozione, l’eccitazione e la curiosità. È però la scelta di Velez di sovrapporre ai suoi primi piani, singoli o a due, la patina in dissolvenza dell’interfaccia che stanno guardando, a racchiudere in sé l’essenza di questa ricognizione sentimentale e la poetica documentaria dell’opera.

Già, perché lo schermo opaco dell’app diventa un controcampo in campo, scorre sotto lo sguardo del soggetto, cambia e si rigenera adattandosi alle sue preferenze, diventa trasposizione visiva della ricerca, sovrimpressione del desiderio stesso. Questo espediente anima e ritma la narrazione, sottolinea la sua natura illusoriamente dialogica. Infatti, quelli dei protagonisti sono dei flussi di coscienza senza risposta, soliloqui intimi e veraci che usano l’app e la sua funzione come pretesto per svelarsi e raccontare di sé.
Se i ritratti frontali e sdoppiati e la natura archivistica del racconto avvicinano l’opera alle abitudini espressive del mondo della video-arte e della video-installazione, i totali e i campi lunghi sulla Grande Mela danno respiro al documentario, creando una connessione narrativa tra pubblico e privato, ma anche tra il concetto di amore a distanza e la più immediata attualità pandemica.
A intervallare le micro-interviste, queste vedute su una New York popolosa e distratta, ripresa come in un documentario naturalistico. Quegli spazi pubblici che Pier Paolo Pasolini setacciava armato di microfono in Comizi d’Amore (1965), sono qui ammirati da una distanza totalizzante quanto fredda, in cui gli spazi pubblici della socialità vengono ritratti come indissolubilmente legati all’uso dello smartphone, controllato con una frequenza impercettibile e ossessiva, vera e propria protesi umana.

Nelle abitazioni dei protagonisti lo schermo del cellulare torna a tiranneggiare sull’immagine, come se il privato e il domestico avessero subito un’invasione ormai irreversibile da parte del dato digitale. Ma lo sguardo di Velez, che decide di inserirsi all’interno dell’opera come intervistato, non è né critico, né pessimista e restituisce con trasparenza la variegatura dei rituali umani in relazione al sesso e all’amore online.
Soprattutto negli ultimi anni, il cinema e la serialità di finzione hanno raccontato l’amore declinato nei suoi aspetti telematici. Ma se in opere come Black Mirror: Hang the Dj (2017) o Her (2013) emergeva una sottolineatura degli aspetti stranianti, mortificanti e addirittura crudeli della modernità in relazione all’intimità e alla vita privata, Searchers ritrae i suoi soggetti con uno sguardo scevro da preconcetti e stoicamente interessato alla cattura più nitida del soggetto.
Il risultato sembra essere una profonda e massiva operazione di umanizzazione di quei tanti volti giustapposti sull’interfaccia dello schermo; un invito, non tanto a tornare alle antiche modalità di incontro amoroso, quanto ad approcciarci ai social media con un’attitudine non dimentica del materiale umano compresso dentro quelle tante piccole icone diverse.
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