
L’uomo che non c’era – Le parole e l’altrove. Un barbiere silenzioso
L’uomo che non c’era è l’ottavo lungometraggio scritto, diretto e prodotto dai fratelli Coen (qui la nostra recensione del loro ultimo lavoro per Netflix La Ballata di Buster Scruggs). Ed Crane, il protagonista della vicenda, interpretato da Billy Bob Thornton, è un silenzioso e solitario barbiere di provincia che, convinto da un ciarlatano, decide di buttarsi nel business del lavaggio a secco per provare a dare una svolta alla sua monotona esistenza. I fratelli Coen, come sono soliti fare, affrontano il genere con ironia incalzante, ponendo al centro uno degli stilemi del noir come la voce narrante, decostruendolo, senza però proporre un vero e proprio ribaltamento poiché, come ci ricorda Leonardo Gandini nel suo articolo incluso nel numero 411 di Cineforum: «[…] il film noir pone loro qualche problema in più, trattandosi di un filone già all’origine fortemente trasgressivo rispetto ai parametri narrativi e tematici della classicità hollywoodiana, e dunque capace di “resistere” al procedimento, tipico del cinema dei Coen, di rielaborazione, irrisione e discussione delle convenzioni del genere».
I due registi e sceneggiatori svolgono un’analisi scrupolosa del personaggio di Ed e del suo rapporto con il mondo, eleggendo a luogo privilegiato di questa analisi la sua espressività verbale, dunque il suo utilizzo della parola, in una chiave esasperata e parossistica. Se, tipicamente, nel cinema e nella letteratura cui dichiarano di ispirarsi – si veda ad esempio quella di James M. Cain – l’utilizzo dell’io narrante è si preponderante, ma finalizzato ad una drammatizzazione degli eventi, alla proposizione di un eroe protagonista sagace e brillante nell’eloquio e nell’azione, poi tendenzialmente messo all’angolo dalla sua stessa ambizione; qui la dinamica è analoga, ma il punto di partenza è sin dal principio quello di uno sconfitto. Ed Crane è un perdente che goffamente prova ad emanciparsi dalla sua esistenza ai margini con un unico e scriteriato all-in.

Lungo tutto il corso del film siamo accompagnati dalla voce fuori campo del barbiere, che analizza e commenta gli eventi: se è abbondante la voce fuori campo del protagonista, non si può dire altrettanto degli interventi della stessa nei dialoghi. Ed parla pochissimo, risponde con brevi frasi o cenni e quando prova ad esprimersi, viene soverchiato (e si lascia soverchiare altrettanto) dalla prepotenza degli altri personaggi. Questo è estremamente evidente nella scena in cui nel negozio di barbiere conosce Creighton Tolliver, il ciarlatano che vuole investire nel mercato del lavaggio a secco e che presto, grazie alla sua spigliata e aggressiva parlantina, strega Ed, convincendolo della bontà della sua trovata commerciale. È Tolliver nell’incontro seguente a fornire una descrizione perfetta del barbiere. Egli spiega che necessita di un finanziamento di diecimila dollari per partire con la nuova attività e afferma che quello che gli serve è un socio silenzioso, che fornisca il denaro e si accerti solamente che il suo investimento non vada sprecato. E il nostro Ed è proprio silenzioso: parla tra sé e sé, non con gli altri personaggi, in questo lunghissimo voice over che descrive la storia in ogni suo aspetto, la conduce e la intervalla.

The man who wasn’t there, il titolo originale del film, è stato tradotto in italiano con L’uomo che non c’era. Forse per comprenderne a pieno il significato si potrebbe provare a tradurre letteralmente con L’uomo che non era lì: Ed sembra essere condannato al non esserci perché si esprime in un luogo diverso, non quello della narrazione, in un luogo che non c’è, un luogo che sta nel mezzo. Egli non è nel luogo dove si dipanano gli eventi, non è nel luogo della vicenda e non è lì perché non si esprime lì. E’ un personaggio fatto di parole, come tutti i personaggi, di letteratura e di cinema, e sono quelle parole che lo guidano, le parole che mancano quando accadono le cose, ma che non gli mancano per commentarle, quelle parole che lo conducono e che spoiler lo uccidono, che lo condannano al non esserci, al fallimento e ad un’esistenza silenziosa. Un paradosso. Un paradosso come l’agire senza agire, l’esprimersi senza esprimersi, l’essere senza essere veramente, simile a quello della colonnina del barbiere che vediamo girare sotto i titoli di testa all’inizio del film. Come osserva infatti Bruno Fornara nel suo articolo per Cineforum n° 411: «La prima cosa che c’è in questo film è l’insegna di un salone di barbiere, la colonnina con la spirale che va su e su, che ruota e sembra salire e salire mentre in realtà è sempre nello stesso posto: il che è esattamente quello che succederà al barbiere stesso. Un perfetto oggetto-concetto coeniano. Una convincente impossibilità fatta immagine. L’immagine, doppia, dell’aspirazione al voler esserci e di un frustante continuare a non esserci».
Ed Crane è un personaggio che nasce dalle parole e che esiste nel suo silenzio. Nell’assenza del verbo nel giusto luogo, egli non c’è. Il nostro barbiere è intrappolato altrove, in un posto in cui le sue parole possono scorrere libere, in uno spazio che sembra quasi a metà tra quello dello spettatore e quello dei personaggi, dove non c’è necessità di mediazione. Ed racconta, riflette, mette in fila gli eventi, ma non vi partecipa mai verbalmente e quindi veramente. E’ un osservatore, (infine scopriamo, spoiler anche uno scrittore). Sceglie il silenzio o forse gli è imposto, ma poco cambia in fin dei conti, il risultato è il medesimo: non vi è nessuna possibilità di espressione per lui nel mondo in cui vive.

Dal 2015 Birdmen Magazine raccoglie le voci di cento giovani da tutta Italia: una rivista indipendente no profit – testata giornalistica registrata – votata al cinema, alle serie e al teatro (e a tutte le declinazioni dell’audiovisivo). Oltre alle edizioni cartacee annuali, cura progetti e collaborazioni con festival e istituzioni. Birdmen Magazine ha una redazione diffusa: le sedi principali sono a Pavia e Bologna
Aiutaci a sostenere il progetto e ottieni i contenuti Birdmen Premium. Associati a Birdmen Magazine – APS, l‘associazione della rivista