
Gli episodi speciali di “Euphoria” – Poema al neon in due movimenti
L’ultima volta che abbiamo visto Rue Bennett (Zendaya) e Jules Vaughn (Hunter Schafer) è stata ad agosto 2019. Era la fine della prima stagione di Euphoria (qui ne trovate il nostro riassunto), serie prodotta da HBO e creata da Sam Levinson come adattamento e “remix” dell’omonima serie israeliana (qui la nostra recensione): per soddisfare l’attesa della seconda stagione sono stati rilasciati due episodi speciali, il 6 dicembre e il 24 gennaio, in streaming su HBO Max (in Italia su Sky Atlantic e NowTv).
Trouble don’t last always – La voce di Rue
«With your imprint in my bed / A pit so big I lay on the edge»
Trouble don’t last always è un episodio spregiudicato: 57 minuti, quasi completamente occupati da un dialogo tra Rue e Ali (Colman Domingo), ex tossico che le fa da tutor. Una puntata che rispetta rigorosamente le tre unità aristoteliche di spazio, tempo e azione: una missione apparentemente rischiosa, ma riuscita nel migliore dei modi. L’episodio è densissimo, diretto e forte come un pugno allo stomaco.

La tossicodipendenza di Rue è il cuore di tutto: la conversazione tra i due, la sera della Vigilia di Natale, diventa presto uno scontro e un viaggio dentro la mente e il corpo della ragazza. Ali si immerge negli abissi sconosciuti ma familiari della sua dipendenza: come un Dante e un Virgilio moderni e fragili, i due vagano nella propria anima, esplorano loro stessi e tentano di combattere i propri demoni. Una lotta sofferta che si gioca tutta sul campo delle parole, fiumi in piena sostenuti dalle interpretazioni efficacissime dei due attori.
Zendaya riesce a dare al suo personaggio una fragilità davvero inusuale, sepolta sotto una dura corazza fatta di scuse, pretesti e pigrizia, che Ali riuscirà a incrinare. I primi piani lasciano campo libero ai due attori, mentre dietro ai loro volti le luci al neon della città si offuscano in uno sfondo di macchie colorate, astratto e pittorico.

L’unica boccata d’aria che spezza per un attimo il dialogo è una canzone: la bellissima Me in 20 Years di Moses Sumney. Alla fine, Ali mette Rue di fronte alla possibilità di una redenzione, e lo fa solo grazie alle parole. Levinson, scrittore e regista dell’episodio, ha avuto vari trascorsi con la droga e in questo episodio si percepisce tantissimo: la narrazione è così forte, intensa e sentita da dare l’impressione di essere autobiografica.
Questo primo speciale è una discesa all’inferno – un inferno personale e tutto interiore – che mostra la potenza tranquilla delle parole, capaci di cambiare le persone. È un Canto di Natale disilluso, macchiato da luci al neon, in cui i fantasmi del presente di Rue e del passato di Ali si danno battaglia nella notte più buia che precede (forse) il giorno più luminoso.
Fuck anyone who’s not a sea blob – La mente di Jules
«Can you let it go?»
Se lo speciale dedicato a Rue è una narrazione fortemente centripeta, asciutta e unitaria, invece lo speciale di Jules, Fuck anyone who’s not a sea blob, è l’opposto. Un episodio centrifugo, che segue la mente della ragazza di cui Rue è innamorata, mentre si perde tra visioni e ricordi.
La trama principale è un dialogo tra Jules e la sua psicoterapeuta, in cui la giovane lascia venire a galla i suoi problemi, incertezze e traumi. La conversazione però è continuamente interrotta, perché da essa germogliano ricordi, sogni, scene surreali che costruiscono un flusso di coscienza impetuoso e travolgente. La mente di Jules, incapace di restare ferma, plasma sullo schermo ciò che la anima, in un gioco di sguardi e luci visivamente potentissimo.

Proprio le luci sono il collegamento fra i vari blocchi narrativi, fra realtà e immaginazione: per esempio, una lama di luce calda che investe il viso di Jules serve a introdurre il ricordo che lei ha di Rue. Da qui si sviluppa una scena di Euphoria (l’unica) che i due episodi speciali HBO hanno in comune: il sogno di una stanza condivisa dalle due ragazze a New York, dove avevano progettato di trasferirsi. Il sogno di una vita possibile che, nonostante loro siano lontane, esiliate ciascuna nel suo episodio, le unisce e le lega assieme.

Tutto l’episodio tocca temi a dir poco ambiziosi: l’identità di genere, la sessualità, anche un accenno di complesso edipico. Ma la sensibilità, l’onestà e la sincerità con cui questi argomenti vengono trattati, sono impressionanti: Levinson ha scritto l’episodio insieme alla Schafer, transgender nella vita reale, e sembra che lei abbia infuso molto di sé nel suo personaggio. La giovane attrice offre un’interpretazione intensa, lacerante e commovente, e il fatto che lei stessa abbia contribuito a dare forma alla scrittura di Jules è davvero importante: significa dare voce a chi può parlare direttamente della propria esperienza. Anche questo episodio è accompagnato da varie canzoni suggestive: tra di esse, la più incisiva è Lo vas a olvidar di Rosalía e Billie Eilish, che fa da etereo contrappunto per i ricordi della protagonista.

Due movimenti, una storia
Questo dittico racconta due storie separate, due modi diversi di affrontare i propri problemi, ma sempre affidandosi all’ascolto e alle parole di una persona più grande che faccia da guida. Per HBO, due episodi speciali eccellenti, divisi ma inevitabilmente collegati dal fortissimo legame che c’è tra le due protagoniste di Euphoria e da quel futuro sognato insieme, che ora sembra più lontano che mai. Due strofe di un unico poema, che per ora si sfiorano solo in un paio di versi, ma tra qualche mese, forse, si ritroveranno.
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