
Porretta cinema 2020: Anatomia del concorso lungometraggi II
A Porretta cinema 2020, abbiamo dedicato ampio spazio all’analisi dei film in concorso della XIX edizione. Con questo secondo articolo vi portiamo alla scoperta di due ultimi film.

Porretta cinema 2020 – La Regola d’oro di Alessandro Lunardelli
Cosa ci fa Ettore Seppis, veterano di guerra, sul palco del teatro antico di Taormina, fra i flash dei fotografi e gli applausi del pubblico? Se lo chiede anche lui, incapace di dimenticare gli orrori della guerra a cui ha assistito. Ettore è stato imprigionato dai fondamentalisti siriani e poi è stato scarcerato. Il soldato nasconde un oscuro segreto dentro di sé e l’unico che sembra capirlo è Massimo, l’autore TV che deve preparare il suo discorso. I due instaureranno un difficile rapporto, ma i demoni del passato saranno troppo pesanti per Ettore, che deciderà di compiere un gesto disperato.
Il soggetto de La regola d’oro di Alessandro Lunardelli è molto interessante. Il film mette in scena con estrema credibilità il dramma di un soldato che soffre di sindrome post-traumatica da stress: Ettore infatti non riesce a dimenticare quello che gli è successo in Siria e fatica a reinserirsi nella società, alienandosi completamente da qualsiasi affetto. Complice del suo isolamento, l’indiscrezione dei media, che non gli danno pace e cercano di farlo diventare il nuovo fenomeno del momento.
L’esercito infatti decide di assegnargli un premio per il suo coraggio. Questo premio gli verrà però consegnato al teatro antico di Taormina, durante uno spettacolo di varietà. In questo modo il soldato e il suo coraggio militare vengono spettacolarizzati e inseriti in un contesto al quale non appartengono: quello dello show business. Il film critica quindi una società dedita alla mercificazione delle persone che diventano prodotti da brandizzare e promuovere in un’ottica commerciale.
Questa denuncia così forte viene sostenuta da un cast stellare di attori perfettamente calati nella parte: da Edoardo Pesce nel ruolo dell’autore tv, a Barbara Bobulova nel ruolo della presentatrice, fino a Simone Liberati nel ruolo del veterano di guerra, tutti riescono a dare spessore, credibilità e fascino ai loro personaggi.
Il punto debole del film è però proprio la sceneggiatura: l’intera vicenda è costruita in un crescendo di tensione. Il dolore del protagonista e il suo odio per il mondo dello spettacolo si fanno sempre più forti, le idiosincrasie dei protagonisti diventano insostenibili, la rapacità dei media è senza freno e tutto sembra dover esplodere da un momento all’altro. Ma ciò non accade. All’apice della tensione la sceneggiatura fa un passo indietro: non si risolve in un atto estremo (come sarebbe logico pensare), ma culmina con un’anti-climax che non porta i personaggi a completare il loro arco narrativo di trasformazione. Quella che potrebbe essere una parabola della catarsi di un atieroe, proprio al suo apice, sembra tirarsi indietro e optare per un finale consolatorio, fin troppo debole.
Molto riuscite invece le digressioni narrative in cui Ettore e un cantante lirico, interpretato magnificamente da Luis Gnecco, attore feticcio di Pablo Larraìn, si ubriacano per tutta la notte. Queste scene notturne, i dialoghi filosofici e le stupende performance attoriali, però, non bastano per risollevare questa storia di denuncia sociale dallo scarso appeal.

Porretta cinema 2020 – Dio salvi la regina di Andrès Arce Moldonado
Diana è un medico della mutua con due figli da crescere. La donna ha divorziato da tempo dal marito e vive una routine incredibilmente monotona. Un giorno però, l’idea: decide di ribellarsi alla burocrazia italiana fondando uno stato tutto suo, di cui sarà la regina. Con questo straordinario atto di secessione, Diana dà vita a una monarchia, con conseguenze che rivoluzioneranno inevitabilmente la sua vita e quella di chi le sta accanto.
L’idea di Diana è chiaramente folle: fondare uno stato indipendente da quello italiano sembra più l’idea di una bambina che, per scherzo, finge di impersonare una regina. Eppure, man mano che la storia prosegue, ci si accorge che, per quanto sia paradossale, il suo gesto non è poi così estremo: ribellarsi a un paese senza futuro, fondato sulla burocrazia e sul senso di precarietà, non è poi così impensabile.
L’abilità del regista sta proprio nel riuscire a creare un intreccio di personaggi e situazioni diverse, comiche e drammatiche allo stesso tempo: un insieme di persone che, in un modo o nell’altro, sono state deluse dalle loro scelte di vita. Orlando, il figlio, si ribella a un sistema scolastico che non gli insegna niente di pratico, il fratello cerca di riconquistare un amore perduto e Diana cerca di sopravvivere alla monotonia della routine.
Con ironia e dolcezza i vari personaggi (e gli spettatori con loro) si scontrano con le insidie del quotidiano e le ingiustizie di tutti i giorni. Il ritmo è giocoso e frizzante, poi però, lentamente, si cristallizza. La storia diventa più amara proprio nel momento in cui si scontra con la realtà. I personaggi capiscono che non possono sfuggire ai loro problemi rifugiandosi in un mondo parallelo, ma devono fronteggiarli a viso aperto. In questo senso il tono della commedia cambia: diventa molto più sincero e disincantato. L’abilità del regista sta proprio nel riuscire a trattare temi difficili con ironia e dolcezza, ma senza banalità, fornendo allo spettatore gli strumenti effettivi per sopravvivere alla vita, senza rifugiarsi in un mondo di fantasia.
Una pluralità di storie e situazioni quindi che arricchisce, diverte e fa riflettere, facendo ridere non solo il cuore, ma anche la mente. I dialoghi ben calibrati, l’intesa degli attori e la teatralità di alcune scene regala veridicità al girato, dando vita a una commedia che fa bene allo spirito e dona speranza per il futuro.
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