
WAP – Cardi B, Megan Thee Stallion e il concetto di rivendicazione
Si è fatto un gran parlare, negli ultimi tempi, del videoclip di WAP, di Cardi B e Megan Thee Stallion, diretto da Colin Tilley. Prima di tutto, però, ci sono i dati che devono essere considerati nella loro oggettività: per la prima volta nella storia, una collaborazione fra due rapper femminili debutta al primo posto della classifica Billboard; inoltre, la canzone è stata la più ascoltata in streaming nei primi sette giorni dopo la pubblicazione; infine, si tratta del video di una collaborazione femminile con più visualizzazioni su YouTube a ventiquattro ore dall’uscita.

Un videoclip, insomma, che ha infranto vari record ma che tuttavia ha scatenato non poche polemiche. Anche senza scendere nel dettaglio dei contenuti del testo della canzone (che lasciano comunque ben poco spazio all’immaginazione), il video propone una successione di ambientazioni (all’interno di una sorta di villa immaginaria e volutamente posticcia) dove le due interpreti si rivolgono con esasperata e debordante sensualità al pubblico.
La rappresentazione del corpo e della sessualità proposta da WAP (ma già presente in altri lavori di Cardi B) è eccessiva, a tratti quasi grottesca, esagerata e sopra le righe. Nell’ambiente che fa in qualche modo da raccordo alle varie sequenze del videoclip (un corridoio a metà fra la Black Lodge di Twin Peaks e l’Overlook Hotel di Shining) busti dorati spruzzano acqua dai seni, mentre ognuna delle porte che vi si affaccia è un piccolo set di delirante inventiva.

Non c’è da interrogarsi a lungo sul perché una certa fetta del pubblico (maschile, bianca e conservatrice) abbia avuto da ridire sul modo in cui Cardi B e Megan Thee Stallion mettono in scena questa carica erotica incontrollabile. È interessante notare come la scena rap femminile si sia progressivamente impossessata di questa estetica e ne abbia in qualche modo fatto un terreno di rivendicazione (Anaconda di Nicky Minaj si pone idealmente sulla stessa linea).

Questa musica mette insomma in scena una identità femminile forte, consapevole del proprio corpo e del proprio piacere, cercato con ostinazione anche al di là dell’idea stereotipica del bello o del decente. La cosa si vede molto bene anche nel video di Twerk (featuring con City Girls), dove un gruppo di ragazze si cimenta in un twerking esasperato e debordante che ha poco a che vedere con la versione mainstream e a suo modo ormai inoffensiva proposta da Miley Cyrus qualche anno fa.
Il montaggio ipercinetico e la continua messa in mostra di corpi (auto-)erotizzati risulta in una vera e propria aggressione sensoriale per lo spettatore, che traduce molto bene dal punto di vista della fruizione questa forma di ricerca consapevole del piacere femminile, nella quale la componente afroamericana ha senza dubbio un ruolo di primo piano. In altre parole, questa forma di messa in scena di un sé esageratamente erotizzato diviene l’occasione di riappropriarsi di un corpo e di un’identità (collettiva) che spesso è privata di qualsiasi agency, soprattutto in un periodo storico come questo.
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ma io non so quanto questi costumi, molto visivi, e questa carica così erotica da sfociare quasi nel softporn sia così emancipatorio verso il piacere femminile
dopotutto, cose del genere o peggio si vedono anche nei video dei rapper maschili, mentre i maschi sono sempre vestitissimi; per me più che alla sessualità femminile è per il pubblico maschile nero, che fa parte della cultura del twerk