
Kubrick by Kubrick – Un inedito ripasso per cinefili | Biografilm 2020
La nostra recensione di Kubrick by Kubrick, di Gregory Monro, uno dei 41 film selezionati alla 16ª edizione di Biografilm Festival, di cui Birdmen Magazine è media partner. Clicca qui per scoprire come vedere tutti i film del Festival in streaming gratuito su MyMovies (fino al 15 giugno). Un’occasione unica, da non perdere!
Lontano dalle logiche del biopic documentario classico, Kubrick by Kubrick di Gregory Monro è più simile a un inedito ripasso pensato per quei tanti cinefili sempre in cerca di qualcosa di mai sentito: è infatti la voce del regista americano la grande protagonista del documentario, che sfruttando le interviste registrate dal critico Michel Ciment in circa vent’anni di rapporto svela finalmente un Kubrick inedito. Se infatti il regista si era sempre rifiutato di spiegare i suoi film, ecco che il rapporto privilegiato col critico francese riesce ad aprire spiragli nella rigorosa riservatezza dell’artista newyorkese, narratore quieto di se stesso.
Monro e Philippe Baillon, il montatore, costruiscono un accompagnamento visivo che rafforza l’effetto “ripasso”, costituendosi per lo più di immagini già viste e per questo meno interessanti delle registrazioni inedite. Curiosa però la ricostruzione in miniatura della famosa stanza da letto di 2001: Odissea nello spazio, che fa da collante, ponte tra un film e l’altro, tra un’intervista e l’altra. Non c’è solo Kubrick “in scena”, perché a questo si alternano frammenti di critica televisiva, roundtable popolati soprattutto dai critici francesi – ma spunta anche Roger Ebert -, oltre a interventi illuminanti di Christiane Kubrick e di alcuni attori (compresi i veri dannati Cruise e Kidman, protagonisti di Eyes Wide Shut, scandalo fatto a film).
Da tutti questi frammenti, cuciti per la verità senza grandi soluzioni creative, ma comunque apprezzabili in una composizione che non supera l’ora e un quarto, emerge il ritratto di un Kubrick demiurgo, un Kubrick accentratore che dalla sua casa inglese controlla un intero universo cinematografico basato su storie di cui si appropria e che fa sue attraverso un controllo maniacale e leggendario. Gli attori in soggezione, l’illusione di location esotiche ricreate, in realtà, a pochi chilometri da casa sua, il Vietnam in fatiscenti fabbriche inglesi: la magia del cinema come inganno per lo spettatore e come missione per un regista che controlla tutto al punto da allestire una sala di montaggio a casa sua. Pochi metri a separare il luogo di lavoro dalla zona notte. Così il mastodontico cinema di Kubrick, troppo grande per essere vero, si svela quasi come un cinema artigianale, o quantomeno come il cinema di un artigiano. Una bottega da pellicola in cui gli attori sono invitati a collaborare, spesso con risultati memorabili.
È un’intuizione di Malcolm McDowell il balletto sulle note di Singin’ in the Rain in Arancia Meccanica; è un’idea di Peter Sellers la mano nazista del Dottor Stranamore; nasce solo sul set l’idea di Hal 9000 che legge il labiale. Quel cinema tanto perfetto, tanto studiato al millimetro, cede ancora spazio all’estro, all’intuizione dell’ultimo minuto. Non mancano poi veloci passaggi sulla formazione del regista, che grazie alla fotografia impara l’arte della composizione, il gusto per l’inquadratura e la sensibilità luministica.
Kubrick par Kubrick non è forse il documentario più originale sulla figura del regista americano – basti confrontarlo con Stanley Kubrick’s Boxes di Jon Ronson-, ma va visto come un nuovo pezzo del puzzle, che offre uno sguardo inedito su quasi tutti i film di Kubrick, e lo fa avvalendosi della voce di un regista che ci lasciò troppo presto, senza nemmeno aver potuto chiudere il suo ultimo film.
Grazie a Ciment e Monro ci possiamo imbucare a una festa cui Kubrick è totalmente disinteressato a partecipare, ma tant’è, interessa a noi, e questo può bastare.
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