
I mille volti di Colin Farrell
È impossibile inquadrare Colin Farrell. Negli ultimi giorni, preparandomi alla scrittura di questo articolo ho fatto un viaggio nella sua filmografia, cercando di trovare indizi che potessero aiutarmi a capire le sue scelte davanti alla macchina da presa. La mia speranza era vana perché penso che nemmeno Colin Farrell si sia capito come attore. Viaggia tra commedie, horror, thriller, drammi storici e film d’autore con una lucidità stupefacente, ma senza imporsi con un particolare tipo di personaggio o di recitazione. Lo stesso Colin Farrell non ama definirsi attore, dice solo di essere una persona che recita ogni tanto e che è pagata per farlo, sebbene ammetta di osservare con fin troppa attenzione i punteggi dei suoi film su Rotten Tomatoes. Oggi in onore del suo quarantaquattresimo compleanno vi presentiamo un excursus della sua carriera attraverso quattro film.
In linea con l’assassino (2003)
Si tratta della seconda collaborazione tra Colin Farrell e il regista Joel Schumacher (per intenderci è lo stesso uomo che ha diretto il Batman & Robin con George Clooney, Flatliners e Il Fantasma dell’Opera). La prima risaliva al 2000 con Tigerland, il suo esordio da protagonista: un film di guerra dove il personaggio di Farrell, Roland Bozz, cercava con disperato cinismo di salvare i suoi compagni di addestramento dagli orrori del Vietnam. In pochi anni si era già creato un’immagine a metà tra l’eroico e il ribelle, ma poi arrivò In linea con l’assassino a stravolgere tutto. Il film del 2003 segue Stu Shepard, un giovane manager che cerca di sembrare molto più importante di quanto sia in realtà. Si reca nella solita cabina telefonica per fare una telefonata di routine. Quando termina la chiamata, sente però il telefono squillare nuovamente. Prende la cornetta e la voce è quella di un uomo (Kiefer Sutherland) che gli spiega di essere armato e di sapere fin troppo della vita di Stu. Se riaggancia la chiamata, lo ucciderà. Per sopravvivere dovrà seguire i suoi ordini alla lettera. In linea con l’assassino è la prova delle capacità attoriali di Colin Farrell: per settanta dei suoi ottantuno minuti di runtime, sullo schermo non abbiamo che l’attore irlandese che reagisce alla voce dalla cornetta. Il film dipende da lui ed è a lui che deve l’enorme successo di critica e pubblico.
In Bruges (2008)
Tra In linea con l’assassino e In Bruges Colin Farrell si giostra tra action, indie, film epici ma fiaschi al botteghino come Alexander di Oliver Stone (2004), ma anche collaborazioni con grandi registi: Terrence Malick con The New World (2005), Michael Mann con Miami Vice (2005) e Woody Allen con Sogni e delitti (2007). Nel 2008 torna in patria collaborando con il drammaturgo irlandese Martin McDonagh (vi abbiamo parlato del suo Tre Manifesti a Ebbing, Missouri qui) che si trova al debutto nel lungometraggio, dopo l’Oscar ricevuto per il corto Six Shooters. In Bruges permette a Colin Farrell di giocare con l’immagine che si era creato, dimostrando una vulnerabilità rara nella sua filmografia fino a quel momento. Il film segue due assassini, Ray e Ken (rispettivamente Colin Farrell e Brendan Gleeson) che vengono spediti dal loro capo (Ralph Fiennes) nella cittadina di Bruges in Belgio ad aspettare l’incarico. La commedia nera scritta con ferocia ma anche tanto cuore da McDonagh si interroga su quale possa essere l’etica di un assassino. È un film d’azione, filone molto presente nella carriera di Farrell, ma grazie all’ottima chimica con la sua co-star e a questo suo essere capace di bilanciare la caparbietà di Ray con il dolore che cova dentro lo porta a conquistare il primo Golden Globe della sua carriera. Peter Bradshaw lo definì dalle pagine di The Guardian “assolutamente superbo: lunatico e divertente, letalmente sexy, a volte terribilmente triste e vulnerabile come un bambino“.
Fright Night (2011)
Nel 2011, dopo il fiasco di London Boulevard, si reinventa in due film che viaggiano tra la commedia e il thriller: Come ammazzare il capo… e vivere felici di Seth Gordon (dove interpreta il terribile capo di uno dei protagonisti) e Fright Night di Craig Gillespie. Il secondo è un remake dell’Ammazzavampiri diretto da Tom Holland (1985), che non dimentica (per fortuna) l’assurdità della premessa iniziale. Il liceale Charlie Brewster (Anton Yelchin) scopre che il suo vicino di casa e apparente flirt di sua madre, Jerry Dandrige (Farrell), è un vampiro. Non ha senso che una creatura simile si trovi in un tranquillo vicinato del Nevada, ma l’attore irlandese dimostra di saper portare sullo schermo anche un personaggio così sopra le righe e assurdo come Jerry riuscendo a non cadere mai nel trash (come invece aveva fatto con Bullseye in Daredevil). Ne esce un Farrell che sa essere un sex symbol ma con un occhio di riguardo per la commedia.
The Lobster (2015)
La collaborazione con il regista greco Yorgos Lanthimos rappresenta l’ennesima svolta nella carriera di Colin Farrell. Per il momento l’attore irlandese è stato protagonista di due suoi film, The Lobster (2015) e Il Sacrificio del Cervo Sacro (2017). Nel 2017 si chiacchierava anche di una possibile serie insieme per Amazon sull’Irangate, ma non ci sono stati mai più aggiornamenti a riguardo. The Lobster (premio della giuria al Festival di Cannes) è il debutto in lingua inglese di Lanthimos ed è un mondo che richiede un Farrell completamente diverso da quello che siamo soliti vedere sullo schermo: l’attore è ingrassato e con gli occhialetti, la recitazione è sommessa, quasi inespressiva, enigmatica. In un’intervista Yorgos Lanthimos ha dichiarato che non è stata una performance in particolare a fargli scegliere Farrell per il ruolo di David, ma la distanza tra queste: “Il fatto che Colin mi sia piaciuto in film come In Bruges, The New World e Total Recall mi ha dato fiducia che sia capace di fare tutto”. La sua interpretazione in The Lobster gli ha permesso di ottenere una seconda nomination ai Golden Globes.
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[…] Colin Farrell vive in un hotel per single, qui rinchiusi e obbligati a trovare un compagno in 45 giorni, pena la trasformazione in animale e soppressione; nel bosco, invece, un fronte ribelle di solitari, costretti a non trovare compagno pena la morte. La dimensione bipolare di The Lobster resiste non più di 10 minuti. Non esiste, a fronte di un’analisi più profonda del pelo d’acqua, la differenza dualistica che immaginiamo tra questi due spazi di mondo. Nel film i corpi vengono arruolati dalle due istituzioni per scopi specifici. Vengono addestrati con pratiche singolari, violentissime, asettiche, osservati e controllati attraverso una pubblica dimostrazione delle conseguenze in caso di disattesa delle aspettative. Queste ultime non sono altro che una materializzazione pratica ed esecutiva del potere e del controllo che si intende attuare, per creare un esercito di individui in serie facilmente gestibili: le regole disumane a cui sono sottoposti quotidianamente diventano uno schema confortevole in cui restare in piedi come sentinelle, ritualmente accompagnati nel ciclo diurno e notturno, orientati a risolvere il buco nero della propria devianza prima dello scadere del tempo. […]