
Distopico Blues: i corpi tristi di Lanthimos.
Quando parla di The Lobster, Lanthimos parla di corpi, amore e di coercizione. Nelle interviste scaturite da un forte interesse per questo film così fuori asse rispetto alle produzioni degli ultimi anni, l’attenzione del regista è sempre posta sul meccanismo cognitivo che impone la ricerca di un compagno e dal sentimento inconscio – ma non troppo – di sollievo che si prova nell’essere conforme allo schema normativo della coppia. La distopia è lo strumento attraverso cui poter estremizzare l’estetica di un’analisi cruda.
Colin Farrell vive in un hotel per single, qui rinchiusi e obbligati a trovare un compagno in 45 giorni, pena la trasformazione in animale e soppressione; nel bosco, invece, un fronte ribelle di solitari, costretti a non trovare compagno pena la morte. La dimensione bipolare di The Lobster resiste non più di 10 minuti. Non esiste, a fronte di un’analisi più profonda del pelo d’acqua, la differenza dualistica che immaginiamo tra questi due spazi di mondo. Nel film i corpi vengono arruolati dalle due istituzioni per scopi specifici. Vengono addestrati con pratiche singolari, violentissime, asettiche, osservati e controllati attraverso una pubblica dimostrazione delle conseguenze in caso di disattesa delle aspettative. Queste ultime non sono altro che una materializzazione pratica ed esecutiva del potere e del controllo che si intende attuare, per creare un esercito di individui in serie facilmente gestibili: le regole disumane a cui sono sottoposti quotidianamente diventano uno schema confortevole in cui restare in piedi come sentinelle, ritualmente accompagnati nel ciclo diurno e notturno, orientati a risolvere il buco nero della propria devianza prima dello scadere del tempo.
In entrambi i mondi, la disciplina imposta si dirama in passaggi fondamentali per l’assoggettamento dei corpi al volere istituzionale. I corpi vengono distribuiti nello spazio in strutture chiuse, che siano hotel o perimetri creati dall’osservazione degli uni sugli altri, asserviti a elenchi di attività codificate, uguali per tutti e correlate tra loro così da creare una catena di causa ed effetto comportamentale che porta a un addomesticamento graduale e cognitivamente stratificato di ciò che si deve fare e ciò che è proibito in un determinato periodo di tempo.
L’utilità è il fine ultimo di questo percorso disciplinare: in The Lobster, Lanthimos racconta corpi docili, conformi alla norma, privati di ciò che le due istituzioni ritengono deviante, non gestibile, eliminabile. Nel gioco perverso in cui i single hanno una scadenza temporale per accoppiarsi o i solitari hanno il divieto ferreo di farlo, c’è la descrizione iperbolica e ossimorica della società che Lanthimos intende scardinare, analizzare e denunciare. Siamo animali sociali, bestie illuse e imperfette che sulla capacità dialettica e sulla gestione della riproduzione basano il loro diritto di superiorità sul resto del mondo. La spezia invisibile, ma pregnante, che permette il funzionamento di questo meccanismo coercitivo è l’essere umano stesso nella sua discratica e ossessiva indagine dei comportamenti altrui, per carenza o per eccesso, e l’arroganza del poter avere sufficientemente potere per denunciare qualcosa che, in modo del tutto soggettivo ma fatto rientrare nella disattesa delle regole imposte, permette non tanto di assorbire un comportamento giudicato malsano, quanto di proteggere quella fetta di mondo apparentemente perfetto a cui sta cercando disperatamente di conformarsi per non sentirsi più solo.
Non serve più una struttura fisica coercitiva per obbligare alla conformità dei comportamenti seriali. Sono le persone, i loro occhi e le loro parole giudicanti a divenire la macchina di controllo più potente possibile. Non possiamo non cogliere la grottesca rete che nelle epoche cambia dimensione spaziale, ma mai sostanza: i vicini di casa per i processi di Stregoneria del prima modernità, le comari per i ricoveri psichiatrici dell’età vittoriana, i compaesani durante le dittature del Novecento, i social network nel XXI secolo. Qui, forse, c’è la parte verticalmente più inaccessibile nel racconto di Lanthimos, sfiorata solo attraverso sensazioni secondarie che ci fanno allargare le pupille senza poter toccare un pensiero compiuto, come un fotogramma porno durante la proiezione della Messa in San Pietro.
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