
Dragged Across Concrete – La reinvenzione di un genere
Dragged Across Concrete. Letteralmente: “trascinato sul cemento”. Un titolo che la dice lunga sull’anima nera dell’ultima fatica di S. Craig Zahler, poliziesco immerso negli istinti e negli umori più bassi del miglior cinema di genere, finalmente arrivato anche in Italia grazie a Sky.
Un cinema viscerale e brutale, quello del regista statunitense, perfettamente in linea con la sua breve ma folgorante filmografia, titoli spiazzanti, capaci, da soli, di reinventare e ricodificare interi generi, contaminandoli tra loro. Dal western dalle derive cannibal di Bone Tomahawk al prison movie dagli eccessi splatter di Brawl in Cell Block 99, sono bombe a orologeria, i film di Zahler, un accumulo di tensioni pronte a esplodere in trionfi di violenza inaspettati, in una lenta ma inesorabile discesa attraverso immaginari e stereotipi fatti per essere stravolti, snaturati, portati verso imprevedibili eccessi.
Non poteva essere allora che la consacrazione rigorosa di questo cinema Dragged Across Concrete, un polar corale e senza speranza che raccoglie tutte le suggestioni del genere e le centrifuga in un affresco imprevedibile, frutto di un crescendo costruito minuziosamente, tra tempi dilatati, svolte inaspettate e sprazzi di una violenza senza appello.
È in questo contesto che si muovono e trovano la loro perfetta ragione d’essere i detective Ridgeman e Lurasetti (Mel Gibson e Vince Vaughn), sospesi dal servizio dopo un uso eccessivo della forza contro un sospettato ispanico e ora decisi a mettere le mani sul bottino di un gruppo di pericolosi criminali. Niente di diverso dai più classici heist movie o buddy cop-movie, quindi? Non proprio. Perché niente è come sembra in questo film che solo apparentemente pare ricalcare, con un occhio a Carpenter e l’altro a Walter Hill, le orme di un genere che ha inevitabilmente fatto il suo tempo, ma che in realtà cambia, fin da subito, bruscamente direzione.
Un cinema sospeso, dunque, che guarda al passato senza l’intento di emularlo ma nemmeno di farne una parodia, e in cui trova perfettamente senso la presenza di Mel Gibson, personificazione di un immaginario (anche quello legato alla sua turbolenta vita privata) e di un genere destinati inevitabilmente a fare i conti col proprio presente. Sono lontani, del resto, gli anni spensierati di Arma Letale, così come i suoi protagonisti nel frattempo divenuti più brutali, più cinici, vagamente razzisti e omofobi, insofferenti al politicamente corretto e a un tempo che non capiscono più, specchio perfetto della middle class ai tempi dell’America di Trump.
È così che Dragged Across Concrete si radica fortemente nel nostro presente, un poliziesco anomalo e fluviale immerso in una realtà degradata, che abbraccia tante storie e differenti punti di vista (anche i più sgradevoli), vite ora scandagliate minuziosamente ora appena accennate, che si incrociano o vengono brutalmente interrotte (l’inserto, quasi svincolato, con Jennifer Carpenter).
Tra sparatorie, poliziotti corrotti, un pizzico di ironia e imprevedibili momenti splatter e gore, Zahler mette così in scena l’affresco brutale di un mondo duro e spietato, senza regole (come l’infinito terreno di caccia del videogame a cui gioca l’ex galeotto interpretato da Tory Kittles), che segna irrimediabilmente i suoi protagonisti, personaggi differenti e antitetici ma allo stesso modo sconfitti, ormai incapaci di rapportarsi con un mondo che non conosce alcuna redenzione.
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